Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Consentire la prosecuzione dei furti di terre equivale ad invitare un conflitto globale

New York 14.02.2014 Elizabeth Lanzi Mazzocchini, John Paul Pezzi

Dichiarazione presentata da VIVAT International, una ONG con status consultivo presso ECOSOC (ONU) per l'8va sessione del Gruppo di lavoro sullo sviluppo sostenibile: Prevenzione dei conflitti, costruzione della pace post-conflitti e promozione di una pace duratura, Stato di diritto e governance.

Il testo è stato pubblicato sul sito delle Nazioni Unite con il titulo Land Grabbing Contradicts Sustainable Development: ecco il link.

L’articolo è disponibile oltre che in italiano, in inglese, francese e spagnolo.

Nel discutere quali debbano essere le priorità, i pilastri, gli obiettivi e gli indicatori dell’agenda globale post 2015, cerchiamo modi per creare le condizioni che consentano uno sviluppo sostenibile. Siamo convinti che da questa importante discussione scaturiscano alcune domande fondamentali. “Sviluppo sostenibile” dove e per chi? Siamo tutti d’accordo nel sostenere che la prevenzione dei conflitti, la promozione di una pace duratura e un quadro normativo generale che abbia le sue radici nella Rule of Law and Governance siano essenziali alla sua realizzazione. Siamo d’accordo anche nel dire che tale sviluppo dovrebbe essere “sostenibile” per tutti i popoli della Terra. Ma sogniamo o ci stiamo preparando una cocente delusione?

Le ricerche dimostrano che nella sola America Centrale e Meridionale sono attualmente in corso oltre 200 conflitti derivanti da attività minerarie. Così avviene in Perù, Colombia, Guatemala ed Ecuador, per citarne solo alcuni. Giorno dopo giorno viene versato sangue umano nella “corsa alla terra”, mentre il furto di terre continua in tutti i continenti, sebbene si ritenga che almeno il 60% avvenga in Africa, dove gli investimenti terrieri non sono quasi mai esenti da conflitti. Nel Corno d’Africa, le lotte politiche locali legate a questioni terriere possono facilmente trasformarsi in conflitti molto più vasti.[i]

Il termine “furto di terre” si riferisce all’acquisizione di terreni da parte di grandi multinazionali, imprese commerciali, investitori privati e governi stranieri attraverso contratti di vendita o affitto, che in alcuni casi arrivano a 99 anni, e che sono fortemente svantaggiosi per gli interessi delle comunità locali. Terreni altamente produttivi e accesso all’acqua vengono generalmente acquistati dagli investitori per la produzione di derrate alimentari perlopiù destinate all’esportazione (ivi compresi gli OGM –orgnismi geneticamente modificati– che continuano ad essere al centro di un acceso dibattito internazionale per timori legati a possibili rischi per la salute e l’ambiente), di bio-combustibili e per l’estrazione di minerali grezzi. Gli accordi sono spesso conclusi escludendo completamente dal processo di consultazione e negoziazione le comunità locali che vivono sulle terre oggetto di acquisto o di locazione. Di frequente le comunità e persino i governi ospitanti NON sono adeguatamente compensati in base al valore effettivo dei terreni. In numerosi casi le comunità locali NON hanno dato il loro consenso previo, libero e informato all’acquisto o alla locazione delle terre su cui spesso vivono da secoli.

Di conseguenza l’appropriazione di terre sta gradualmente causando conflitti sociali di portata globale, massicci esodi interni con la perdità d’identità d’intere popolazioni, violazioni sistematiche dei diritti umani, come pure la distruzione di mezzi di sostentamento, povertà, danni ambientali permanenti, inquinamento e perdita di biodiversità. Responsabili di popolazioni indigene, leader di comunità e difensori dei diritti umani, che parlano a nome delle persone colpite dai furti di terre, sono spesso perseguitati e cadono vittime di torture, detenzioni arbitrarie, sparizioni sospette e assassinii.

Nel dicembre 2013 la comunità indigena dei Guaranis-kayowás (Brasile), messa di fronte a questa tragedia, ha inscenato la simulazione di un vero e proprio “funerale”, un rito per la morte della loro terra e della loro identità. Ciò che rivendicano non è la proprietà, ma l’appartenenza: “La terra serve per sapere chi siamo”, affermano sottolineando il fatto che, secondo le loro credenze, la terra non si possiede, non può essere scambiata con denaro e non è un bene su cui speculare.[ii]I popoli indigeni stanno perdendo non solo la loro identità culturale, ma la vita stessa nel tentativo di difendere la loro terra e quella dei loro antenati. E’ accaduto a Shuar Fredi Ramiro Taish Tiwiran, ucciso dall’esercito in Ecuador, per citare solo un esempio[iii].

Gli ambientalisti che operano nella foresta pluviale amazzonica del Perù hanno pubblicato un documento in cui esprimono profonda preoccupazione per il continuo acquisto presso il governo peruviano di vaste aree di foresta da parte di produttori di olio di palma e speculatori internazionali, sebbene il disboscamento della foresta primaria sia proibito. Circa 10.000 ettari di quest foresta sono stati distrutti illecitamente per far posto a monocolture di olio di palma.[iv]

Il furto di terre porta anche al “furto d’acqua”. Gli investitori stranieri a caccia di terre in Africa entrano in contrasto diretto con le comunità locali per l’accesso all’acqua. Ciò provoca ripetutamente sanguinosi conflitti in Paesi già “assetati” perchè colpiti dalla siccità e la cui popolazione manca di un sufficiente approvvigionamento di acqua da bere e per le attività necessarie alla sussistenza. 

Migrazioni trans-frontaliere e altri fenomeni sono sempre più spesso da far risalire a problemi legati alla gestione delle risorse naturali e allo spodestamento terriero. Nonostante ciò, a tutt’oggi l’appropriazione di terre compare a stento fra gli argomenti dell’agenda globale ed è a malapena riconosciuto nei consessi internazionali per quello che è. Questo fenomeno in rapida espansione rappresenta una minaccia per i popoli che abitano la Terra oggi e per quelli che verranno. Ha effetti devastanti sullo sviluppo umano, economico e sociale di qualsiasi comunità, un impatto micidiale sulle possibilità di sostentamento e sui diritti umani, e mina l’identità culturale di genti e comunità, comprese le popolazioni indigene e le minoranze. Spesso è anche causa di distruzione per l'ambiente.

Il furto di terre deve essere affrontato con urgenza. Facciamo qui un appello a voi tutti e chiediamo che la prevenzione e l’opposizione al furto di terre siano riconosciute come priorità urgenti nell’agenda post 2015 per uno sviluppo globale sostenibile.

Riteniamo che la Rule of Law nella sua applicazione debba creare un ambiente favorevole all’uso sostenibile delle risorse naturali, rispettoso dei diritti delle comunità esistenti e delle generazioni future, che debbono anch’esse poter godere di terra, accesso all’acqua e biodiversità. E’ necessario istituire regole chiare per la gestione delle terre e lo sfruttamento delle risorse naturali. Tali regole devono tenere in considerazione le forme tradizionali e consuetudinarie di governo ed uso della terra, l’identità culturale e i valori spirituali della gente, comprese le popolazioni indigene. Le comunità locali devono conoscere e poter partecipare alle decisioni di governo che influiscono sulla loro vita; ne consegue che il loro consenso, previo libero e informato, deve costituire un prerequisito di qualunque accordo terriero. Le comunità locali devono essere protette dalle azioni arbitrarie di governi e imprese. Laddove i loro diritti umani siano violati dal settore pubblico o privato, le comunità locali e la società civile devono poter accedere a meccanismi giudiziari che permettano l’individuazione delle responsabilità e adeguati risarcimenti. Devono essere resi disponibili meccanismi statali e non statali di rivendicazione nonché misure correttive efficaci.

Rivolgendosi alla 24° Assemblea Generale dell’Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), [v]Papa Giovanni Paolo II sottolineava che “i ritrovati della scienza devono essere sfruttati per garantire un’elevata produttività delle terre, in modo che le popolazioni locali possano garantirsi cibo e sostentamento senza distruggere la natura”. Come organizzazione che si occupa di pace e giustizia sociale,[vi] i cui membri operano in numerosi Paesi e assistono con i propri occhi al furto di terre nel loro lavoro con le comunità locali, vogliamo levare la nostra voce per avvertire: il furto di terre apre la strada al conflitto armato. Come possiamo, in nome di un beneficio finanziario per pochi, continuare a tollerare non solo il ripetuto furto di terre ma anche la distruzione di comunità umane e i conflitti in tutto il mondo? Fermiamo il furto di terre!

 

[i] Cfr.: Peace, Brand and Land. Agricultural Investments in Ethiopia and the Sudans; edito da Chatham House, Independent thinking on international affairs, Gennaio 2013: “Gli investimenti terrieri non sono esenti da conflitti, e data la storia di conflitti violenti e reciproca destabilizzazione, nel Corno d’Africa le lotte politiche locali legate a questioni terriere possono potenzialmente trasformarsi in conflitti molto più vasti.” http://www.chathamhouse.org/publications/papers/view/181519

[ii] Priscila Baima, Guaranis-kayowás iniciam ritual de morte por terra e identidade, Adital: "O que eles reivindicam não é a propriedade, é o pertencimento. A terra não é posse, não se troca por dinheiro, não serve para especular. Serve para você saber quem você é.”  http://site.adital.com.br/site/noticia.php?lang=PT&cod=79149

[iii] Shuar Fredi Ramiro Taish Tiwiran è stato ucciso il 7 novembre 2013 dall’esercito ecuadoriano e dall’Agencia de Regulación y Control Minero (ARCOM) mentre teneva un’assemblea, secondo la comunità Shuar:http://www.conflictosmineros.net/contenidos/10-colombia/15766-la-nacionalidad-shuar-sus-organizaciones-y-centros-ante-la-muerte-del-hermano-fredi-ramiro-taish-tiwiran

[iv] Stop the palm oil industry’s assault on the Amazon, by Raining Forest Rescue: “Le compagnie avevano comprato dal governo 60.000 ettari di foresta pluviale primaria nella sola Loreto. Avevano richiesto anche concessioni di disboscamento  su oltre 100.000 ettari nelle regioni di Loreto e Ucayali. 10.000 ettari sono già stati disboscati senza autorizzazione, a quanto pare senza che I politici responsabili ne fossero a conoscenza”. https://www.rainforest-rescue.org/mailalert/933/stop-the-palm-oil-industry-s-assault-on-the-amazon

[v] http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/1987/november/documents/hf_jp-ii_spe_19871113_xxiv-sessione-fao_en.html  (Roma, 13 novembre 1987)

[vi] VIVAT International (http://vivatinternational.org/), una  NGO internazionale con status consultativo presso l’ONU riunisce 25.386 membri -suore, sacerdoti e fratelli di 12 congregazioni religiose, che lavorano in 122 paesi con la gente, altre ONG (vedi http://vivatinternational.org/about/where-we-are/)

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