Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Delusi ma non disposti a cedere.

New York 02.08.2012 Didier Destremau Tradotto da: Quique Bayo

I negoziatori presenti all’ONU, dopo un mese d’interminabili discussioni, avevano dato l’impressione d’essere esausti e di aver esaurito tutti gli argomenti sulla discussione del primo Trattato sul Commercio delle Armi (TCA). Ebbene, no!

I 193 stati membri della comunità internazionale dovevano trovare un accordo prima della mezzanotte di venerdì, 27 luglio, sulle regole del gioco di questo commercio ‘speciale’, che dovrebbero obbligare i paesi a valutare il rischio che le armi vendute possano essere impiegate per commettere gravi violazioni dei diritti umani, attentati o essere dirottate dalla criminalità organizzata.

La società civile e vari paesi si aspettavano un trattato robusto, globale e vincolante, tale da includere non solo le classiche armi pesanti, ma anche le armi di piccolo calibro convenzionali, con le loro munizioni e pezzi di ricambio. Con uno scopo imprescindibile: arrivare a un trattato in grado di salvare almeno una parte del grande numero di persone che muoiono ogni giorno a causa delle guerre e delle violenze.

Mentre la nuova formulazione sembrava promettente e in grado di raccogliere un certo consenso, gli Stati Uniti e poi la Russia nella loro scia, hanno chiesto più tempo per pronunciarsi. Parecchi paesi (Cina, India, Indonesia ed Egitto in particolare) ne hanno seguito l'esempio. Sebbene i negoziati fossero iniziati nel 2009, dopo un mese trascorso presso la sede delle Nazioni Unite a New York, questi paesi hanno avuto il coraggio di dire che avevano bisogno di più tempo per esaminare meglio il testo proposto, analizzarlo e scoprire eventuali elementi nascosti.

Dopo queste settimane di difficili negoziati, il fallimento è stato dunque totale e su tutta la linea. Il presidente della conferenza, l’argentino Roberto Garcia Moritan, facendo un grande sforzo per nascondere la sua amarezza, disse semplicemente: “Il testo che ho proposto era un progetto di trattato: ad alcuni paesi non piaceva, ma la stragrande maggioranza era d'accordo. Continueremo a lavorare su questa base”.

E’ vero che c’è la possibilità è di chiedere all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che si riunirà nel prossimo mese di ottobre, se s’intraprendano ulteriori negoziati e quando. Potrebbe anche darsi che l'Assemblea Generale proponga di riprendere i negoziati per due settimane nei primi mesi del 2013: ma si tratta comunque di uno scacco. E nel “peggiore scenario possibile”: non c’è alcuna prospettiva chiara e il rischio di ripartire da zero è poco entusiasmante .

Il bilancio è quindi frustrante, anche se novanta paesi, compresi quelli dell'Unione Europea e dell'America Latina, dei Caraibi e dell’Africa avevano dato la loro approvazione per la formula proposta. Hanno anche firmato un documento dichiarandosi “delusi, ma non scoraggiati per questo fallimento e determinati ad arrivare presto a un trattato sul commercio delle armi. Del resto, il progetto di trattato che è stato proposto fornisce una base per continuare il nostro lavoro, che ha beneficiato di un ampio sostegno da parte della comunità internazionale”.

Gli Stati Uniti sono ritenuti responsabili d’aver fatto deragliare il piano. La ragione sta forse nell’approssimarsi delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti? E’ ciò che ritengono le ONG, profondamente deluse e disorientate, e che dicono che gli USA hanno perso un’occasione d'oro: un trattato internazionale avrebbe rafforzato la loro reputazione di leader nel campo dei diritti dell’uomo.[1] La Casa Bianca ha dato prova di mancanza di coraggio, proprio mentre tutti sanno che gli Stati Uniti rappresentano oltre il 40% del commercio mondiale delle armi, equivalente a 70 miliardi di dollari l’anno. I paesi africani, in particolare, non possono non sentirsi traditi e proprio mentre stanno assistendo a nuovi attacchi armati nord-americani.[2]

Il segretario generale Ban Ki-moon ha deplorato “quest’andare indietro dopo vari anni di lavori preparatori e quattro settimane di negoziati”. Ma, ha aggiunto, ciò non significa l'abbandono di questo trattato “perché gli Stati membri hanno deciso di perseguire questo nobile obiettivo”.

 

[1] Leggere il commento: Diritti umani in pericolo, per colpa delle politiche degli USA, secondo Jimmy Carter.

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