Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Giustizia, Pace, Integrità<br /> del Creato
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Una frase sorprendente?

Newark 29.12.2015 Padre Juan Pablo Pezzi, Mccj

“Piuttosto mi butto con il paracadute”, aveva detto Papa Francesco a chi voleva distoglierlo dall’andare in Repubblica Centrofricana: in questo paese poverissimo, asfisiato dalla violenza e da guerre fra gruppi etnici voleva aprire la prima Porta della Misericordia. Le 36 ore trascorse a Bangui, la capitale, sono state intense: incontro con autorità, visita al campo profughi vicino all’aeroporto, dialogo con i giovani, apertura della Porta Santa, messa allo stadio. Ma il momento più intenso fu la visita alla moschea e l’incontro con le autorità musulmane in un Paese che sanguina per gli scontri violenti tra milizie islamiche e cristiane, dovuti non a motivi religiosi ma ai più diversi interessi. Lo stesso giorno del suo arrivo due cristiani erano uccisi nella parrocchia “Madonna di Fatima”, retta dai padri comboniani, nel quartiere musulmano dove si trova la moschea di Koudoukou che il Papa avrebbe visitato.

Qui, ad accoglierlo, l’Imam Tidiani Moussa Naibi, vestito di bianco: ha fatto accomodare il papa su un divano e si è seduto al suo fianco. "La mia visita pastorale nella Repubblica Centrafricana non sarebbe completa se non comprendesse anche questo incontro con la comunità musulmana", disse Francesco. "Insieme, diciamo no all’odio, no alla vendetta, no alla violenza, in particolare a quella che è perpetrata in nome di una religione o di Dio. Dio è pace, Dio è salam". Ha quindi chiesto di andare davanti al mihrab, il centro devozionale di una moschea: vi è rimasto in silenzio e raccoglimento per alcuni minuti, e ha ricevuto il regalo una tavoletta con su inciso un versetto del Corano: "Se incontri delle persone più disposte ad amare, sono quelle che si dicono cristiani". Una frase sorprendente detta da musulmani? Non proprio. Basta ricordare che quando Maometto fue cacciato dalla Mecca, una buona parte della sua iniziale comunità trovò rifugio presso i cristiani dell’Etiopia. Papa Francesco, senza fare distinzione fra le ferite che affliggono il paese e senza emettere condanne contro nessuno, ha sottolineato l’esperienza d’incontro e di dialogo tra cristiani e musulmani. "In questi tempi drammatici", ha detto, "i responsabili religiosi cristiani e musulmani hanno voluto issarsi all’altezza delle sfide del momento. Hanno giocato un ruolo importante per ristabilire l’armonia e la fraternità tra tutti. Possiamo ricordare i tanti gesti di solidarietà che cristiani e musulmani hanno avuto nei riguardi di loro compatrioti di un’altra confessione religiosa, accogliendoli e difendendoli nel corso di questa ultima crisi, nel vostro Paese, ma anche in altre parti del mondo".

E dappertutto nel mondo islamico è in atto una rivoluzione silenziosa. Alle manifestazioni, forse superficiali “non in mio nome” si uniscono riflessioni più profonde. Un gruppo di musulmani, tra cui la giornalista femminista Asra Nomani, ad esempio, chiede un nuovo movimento: "Noi siamo musulmani del 21° secolo. Siamo per un'interpretazione rispettosa, misericordiosa e inclusiva dell’Islam. Noi ci battiamo per l'anima dell'Islam e per un suo rinnovamento che deve sconfiggere l'ideologia dell’islamismo, o islam politicizzato, che mira a creare stati o califfati islamici. Vogliamo recuperare lo spirito progressista con cui l'Islam è nato nel 7° secolo per farlo entrare rapidamente nel secolo 21°. Rifiutiamo le interpretazioni che chiamano alla violenza, all’ingiustizia sociale, a un Islam politicizzato. Di fronte alle minaccie di terrorismo, intolleranza e ingiustizia sociale in nome dell'Islam, abbiamo riflettuto su come possiamo rinnovare le nostre comunità sulla base di tre principi: la pace, i diritti umani e una governance laica. Annunciamo oggi la nascita di un'iniziativa internazionale: Il Movimento di Riforma musulmano".

Da parte sua Abdennour Bidar, filosofo e scrittore francese, autore di Plaidoyer pour la fraternité e di Lettre ouverte au monde musulman nutre la speranza di un Islam aperto alla modernità e profondamente spirituale. "Le reazioni dei musulmani che esprimono la loro denuncia del Daesh sono necessarie e utili, ma non bastano. Non basta dire non fate l'amalgama tra Islam e islamismo. I musulmani del mondo intero devono passare da una reazione di autodifesa alla responsabilità dell’autocritica. [...] Si tratta di tutta una cultura intera [quella musulmana] minacciata da un ritorno all'oscurantismo, al dogmatismo, al neo conservatorismo, a un rigorismo incapace di adattarsi al presente e alla società i contesti diversi. Un cancro davanti a cui i musulmani lucidi soffrono nel vedere in che modo degenera la loro religione. [...] Si deve fare tutto, ognuno a suo livello e con i suoi mezzi, per rigenerare, reinventare, trasformare questa cultura spirituale che affonda. A questo fine, la prima cosa da capire è che bisogna smettere di limitarsi a dire il vero Islam non è così, questo oscurantismo non è l'islam dei miei nonni, del mio ​​paese, dell’età dell'oro dell'Islam, della Spagna andalusa". [...] Nulla è più sterile di voler costruire il futuro con il passato! [...] Qual'è la responsabilità delle musulmane e dei musulmani nella società europea? Devono impegnarsi massivamente, non solo come credenti di una religione, ma come cittadini a partecipare al progresso morale e sociale generale, alla ricostruzione di un’Europa più giusta, più fraterna. Contro il liberalismo selvaggio, contro la disuguaglianza tra ricchi e poveri, contro il materialismo anti-spirituale delle nostre società. Se partecipa a queste battaglie il musulmano in Europa può far valere la sua voce, e magari costruire un modello diverso d’identificazione grazie a una cultura musulmana non più ripiegata su se stessa, sulla difesa della propria identità e interessi propri, ma aperta e impegnata in una logica di contributo al bene comune”.

Parole belle e illuminate, ma non di facile attuazione. E’ vero: a leggere il libro dei Maccabei dell’Antico Testamento, pare di leggere la cronaca dei giornali attuali sull’Isis. E’ vero: la risurgenza hinduista dell’India non è più tenera né soave dell’islamismo estremista. Ma l’Antico Testamento ha visto infranti i suoi idoli di assolutismo sacrale grazie al Vangelo di Gesù: una frattura interna che ha poi permesso di sorpassare i tempi oscuri di una civiltà cristiana imbevuta di potere e assetata di dominio per arrivare a un Papa Francesco. L’hinduismo ha avuto la sua rottura interna con il buddhismo e ha la strada spianata “per rigenerare, reinventare, trasformare la sua cultura spirituale che affonda”. Nel Corano la cultura della sottomissione ad Allah e della misericordia si sovrappone e si interseca con l’esperienza storica della violenza jahadista: solo un “modernismo islamico” con una critica letteraria riuscirà a scindere nel Corano le due correnti e mostare che le due facce dell’Islam - il fedele sottomesso ad Allah e il movimento politico e militare ansioso di dominare il mondo con la religione - non hanno oggi ragione né spazio per continuare ad esistere.

Fuori dalla moschea Francesco si è fermato tra le tende di un gruppo di rifugiati, ed è entrato nella scuola di Koudoukou, dove ragazzi cristiani e musulmani studiano insieme come a dirci: non è rifiutandoci ma accettandoci che ci cambieremo il cuore, cambieremo il mondo e l’Islam troverà oggi il suo cammino.

Gian Paolo Pezzi, mccj

Fonti:

http://www.vita.it/it/article/2015/11/30/quel-regalo-degli-imam-a-francesco/137574/     

http://www.lesoir.be/1047874/article/debats/cartes-blanches/2015-11-19/abdennour-bidar-seule-force-daesh-est-profiter-nos-faiblesses 

http://religiondispatches.org/declaring-a-theological-state-of-emergency-trumps-ignorance-must-not-be-ours/ 

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