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Yasuní, tutto il paese in lotta per salvare un simbolo nazionale

Quito 29.07.2014 Patricio Chávez

Il Yasuní, come le Isole Galápagos, è uno dei simboli dell’impressionante natura ecuadoregna. YASunidos lotta per salvarlo e per salvare la vita degli indigeni in isolamento volontario Tagaeri e Taromenane.

Situato in Amazzonia, è il luogo dove vivono i due ultimi popoli indigeni in isolamento volontario dell'Ecuador, conosciuti come Tagaeri e Taromenane; inoltre il Yasuní è stato dichiarato da vari studi scientifici il luogo con maggiore biodiversità del pianeta.

Tuttavia, nel sottosuolo del Parco Nazionale Yasuní si trova una grande riserva petrolifera, il blocco Ishpingo, Tambococha, Tiputini (ITT), che costituisce un giacimento equivalente al 20% del totale delle riserve dell'Ecuador; tale quantità, sebbene possa rappresentare un'importante fonte di denaro, ricorda anche l'inquinamento causato dalla TEXACO, conosciuta attualmente come CHEVRON; tale compagnia ha recentemente perso una causa multimilionaria presentata dagli indigeni e dai contadini danneggiati.

YASunidos è una coalizione di, tra gli altri, ecologisti, animalisti, studenti, professionisti, femministe, indigeni, cittadini stranieri, principalmente giovani, che hanno deciso di unirsi per difendere il sogno di salvare il Yasuní dallo sfruttamento petrolifero, dopo che Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, ha annunciato la liquidazione dell’iniziativa Yasuní-ITT; con questa iniziativa si cercava di raccogliere circa 3.500 milioni di dollari – la metà del denaro che si otterrebbe dall’estrazione del petrolio - lasciando in controcambio nel sottosuolo 840 milioni di barili ed evitando in questo modo l'emissione di 407 milioni di tonnellate metriche di anidride carbonica nell'atmosfera, una quantità equivalente a un anno delle emissioni di Francia o Brasile.

Questo gruppo di sognatori privi di strutture, finanziamenti ed esperienza previa, si è assunto l’impressionante compito di raccogliere un minimo di 584.000 firme, equivalenti al 5% dell’elettorato – ai sensi di quanto stabilito nell’Articolo 104 della costituzione dell’Ecuador – per ottenere la convocazione di un Referendum Popolare e di evitare in tale modo lo sfruttamento petrolifero della zona.

YASUnidos è cresciuta poco a poco, arrivando a coprire tutto il paese; la raccolta di firme è stata effettuata nelle grandi città e nelle piccole località, in campagna e nei centri abitati; tale raccolta in questo modo è diventata un punto di riferimento per il lavoro di molte organizzazione che da anni stanno resistendo all’avanzata della politica estrattivista e di tutte le politiche che vanno contro gli interessi del popolo, portate avanti dai governi di turno; questa raccolta di firme è diventata quindi un'impresa in cui si sono ritrovati molti settori popolari.

Il 12 aprile 2014 YASunidos ha consegnato 757.623 firme, una quantità più alta delle 584.323 costituzionalmente necessarie. Un mese dopo la consegna, il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE), l'istituzione che ha il compito di regolamentare i processi elettorali, ha annunciando ufficialmente che YASunidos non aveva ottenuto il numero minimo di firme.

Come è potuto accadere? Il presidente dell'istituzione, il Dottor Domingo Paredes, già durante il periodo valido per la raccolta delle firme ha dichiarato in un'intervista televisiva che YASunidos stava ingannando la società per ottenere firme di appoggio per il referendum, dato che l'area interessata allo sfruttamento petrolifero all'interno del parco non avrebbe superato l'1x1000 dell'area totale. In modo completamente evidente l'istituzione incaricata della verifica dell'autenticità delle firme si era già schierata a favore della tesi del governo: estrarre il petrolio del blocco ITT nel Parco Yasuní.

Sebbene non fosse per niente sorpresa per il verdetto del Consiglio Nazionale Elettorale, dopo tutto quanto era stato fatto contro la raccolta di firme da parte di YASunidos, la società ecuadoregna non ha nascosto la propria indignazione per questa decisione.

“Non permetteremo lo sfruttamento del Yasuní; appelleremo a tutte le corti nazionali e, se necessario, ricorreremo a corti internazionali. Più del 72% della popolazione ecuadoregna vuole il referendum e non possiamo deludere la gente che ci ha appoggiato”, afferma Antonella Calle, una delle portavoci principali di YASunidos. 

In vari settori della società si stanno organizzando azioni di sostegno sia del referendum popolare, sia della preservazione del Yasuní. Per esempio, in una relazione congiunta di due prestigiose università ecuadoregne si dimostra che il numero totale di firme valide superava le 670.000; la metodologia usata è stata l’analisi di autenticità di un campione statistico di 2.508 moduli (equivalenti a 20.064 registrazioni) scelti in modo aleatorio dal totale dei formulari controllati dal CNE; anche ammettendo il margine di errore normale in questi studi, il risultato conferma la validità delle firme raccolte.

Potremmo nominare molte altre iniziative che sostengono e promuovono il lavoro di YASunidos e la sua lotta per salvare il Yasuní e la sua immensa biodiversità, ma soprattutto la vita delle persone più vulnerabili del paese, gli indigeni in isolamento volontario Tagaeri e Taromenane.

Tutto l’Ecuador si è impegnato per restituire al mondo l’illusione di creare una società post-petrolifera che si fondi sull’equilibrio del rapporto esseri umani-natura.

 Patricio Chávez ha studiato Sociologia e Scienze Politiche nell’Università Centrale dell’Ecuador; attualmente è Membro del Colettivo YASunidos.

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