Vol. 7 - N° 11

Gpic Notizie dal Blog di Gian Paolo ? Vol. 7 - N 11

IN EVIDENZA NEL MESE

Scuotere le coscienze non basta

Greta Thunberg e i Fridays for Future hanno portato il dibattito pro e contro il cambio climatico sui mass media e sui social network, per le strade e sotto i ponti con manichini appesi. Il dibattito si è polarizzato tra chi sostiene un ideale e chi critica la superficialità delle analisi. Il movimento, vale la pena ricordarlo, ha cavalcato una presa di coscienza scientifica, religiosa, sociale che come marea crescente è in corso da un paio di decenni.

Molti scoprono adesso il problema per non aver letto l’enciclica del Papa ormai al suo quinto anniversario, o non aver seguito i corsi gratuiti che girano numerosi in internet da una decina d’anni o non abbiano mai sentito parlare del club di Roma e degli studi sul clima e sulla storia delle ere glaciali, del Olocene e dell’Antropoceno.

Il merito è di aver attirato l’attenzione dei giovani. Nessuno vuole certo rubare loro il futuro, ma sicuramente tocca a loro crescere con una coscienza che è, per lo meno in parte, mancata nel passato e assumersi responsabilità che il mondo politico e imprenditoriale non è forse disposto a fare. Finite le manifestazioni e le emozioni, quali certezze rimangono?

Poche e dibattute all’ONU dai capi di stato e girano intorno ai costi e le implicazioni di una risposta. Massimo Famularo le riassume nell’articolo, Tre cose non trascurabili di cui Greta Thunberg non parla. Ogni strategia contro il riscaldamento globale è un problema di coordinamento. La maggioranza delle attività che producono CO2 non sono modificabili nel breve termine senza costi elevati. La ripartizione dei costi immediati deve essere parte di qualunque accordo di cooperazione.

Partendo dall’immagine: siamo tutti sullo stesso treno e ognuno ha nelle mani il comando che può aumentare o diminuire la velocità del treno. I viaggiatori del passato hanno accelerato o lasciato accelerare la velocità del treno che adesso è pericolosa. Se continua così prima o poi deraglierà, anche se non si sa esattamente quando e a che velocità. Che fare?

Nessuno ha voluto o vuole un disastro: tutti siamo sullo stesso treno e tutti siamo responsabili della sua velocità, alcuni in un modo marginale, altri in modo molto più consistente, pochi in modo cosciente e molti incoscientemente perché in cerca di risultati che non tengono in conto la velocità del treno. Non c’è oggi un gruppo di adulti, siano essi gente comune o di potere, che “possano sedersi a un tavolo e decidere di dimezzare le emissioni di gas serra sotto l’occhio vigile di ragazzi”. Continua a leggere

UNA BELLA NOTIZIA

Progetti per l’acqua e rispetto per le donne. La sostenibilità nei villaggi dell'India

Fino a dieci anni fa, Hatu Devi non riusciva nemmeno a pensare di andare in un negozio di alimentari vicino a casa sua. Abitante del villaggio di Jalimpura nel distretto di Banswara (Stato del nord-ovest indiano del Rajasthan) doveva dipendere dal marito o da un altro membro maschio della famiglia per far fronte alle sue necessità. Dal suo matrimonio a 13 anni, aveva sempre dovuto coprirsi il capo e il viso con il pallu, il bordo del sari. Non le era permesso di parlare con gli uomini, nemmeno quelli della sua famiglia, tranne in caso di emergenza.

"Anche allora, dovevo assicurarmi che il mio viso non fosse in vista e tener la testa china, poiché la conversazione faccia a faccia non era permessa. Adesso non dipendo più da mio marito o da altri. Ora esco da sola", dice orgogliosa. Devi, ha 48 anni e il suo mondo è cambiato grazie a un gruppo di suore cattoliche.

Hatu Devi è una donna indù e attribuisce alle Suore Missionarie, note come Suore dello Spirito Santo (SSpS), la "trasformazione rivoluzionaria" della sua vita. E’ tra le centinaia di persone dei villaggi che hanno esperimentato cambi nella loro vita dopo che le suore iniziarono a lavorare tra loro nel 2012. Attraverso progetti per l’acqua, micro-prestiti, diversità agricola e altre idee, le suore sono riuscite a controllare il fenomeno della migrazione della gente dei villaggi verso le città ed hanno combattuto altri mali sociali che tenevano schiave le donne, come il matrimonio infantile. Sono circa 3.500 donne e 4.000 uomini di 1.282 famiglie degli 8 villaggi nel distretto di Banswara che hanno trovato un significato nuovo alla loro vita dopo che le suore hanno stabilito contatti con quasi 10.000 persone dal loro arrivo.

La zona fa parte della diocesi di Udaipur e quasi il 95% delle famiglie appartengono alla comunità autoctona Bhil e sono musulmane o indù. Continua a leggere
UNA BRUTTA NOTIZIA

Mettere fine alla schiavitù nel 2030 esige liberare 10.000 persone ogni giorno

Urmila Bhoola, esperta e relatrice speciale dell’ONU sulle forme contemporanee di schiavitù, sulle loro cause e conseguenze, ammette: “Sei anni dopo l'inizio del mio mandato come relatrice speciale, è triste notare che, nonostante l'abolizione legale della schiavitù in tutto il mondo, c'è ancora molta strada da percorrere dalla schiavitù alla libertà". "Prevenire e affrontare la schiavitù non è semplice come dichiararla illegale, ma molto di più può, e dovrebbe, essere fatto per abolirla entro il 2030".

Secondo l'Organizzazione internazionale del lavoro, oggi più di 40 milioni di persone sono ridotte in schiavitù nel mondo. Nel presentare il suo ultimo rapporto, al Consiglio per i diritti umani a Ginevra, Bhoola ha affermato che è probabile che la schiavitù del lavoro aumenti a causa della rapida trasformazione del mercato del lavoro, del deterioramento ambientale, della migrazione e dei cambiamenti demografici.

Secondo l'esperta, oltre il 64% delle persone schiavizzate lavora nel settore privato, un quarto di esse è costituita da minori e un impressionante 98% di queste donne e ragazze hanno subito violenza sessuale. Le persone che lavorano nel settore informale, che rappresenta il 90% della forza lavoro nei paesi in via di sviluppo, sono maggiormente a rischio di essere sfruttate o ridotte in schiavitù, ha aggiunto Bhoola: “Entro il 2030, circa l'85% degli oltre 25 milioni di giovani che entreranno nel mercato del lavoro in tutto il mondo lo farà nei paesi in via di sviluppo. Le loro prospettive di accesso a posti di lavoro dignitosi determineranno il loro livello di vulnerabilità allo sfruttamento o alla schiavitù ".

Le statistiche presentate da Bhoola costituiscono un "avviso" perché i paesi si preparino ad affrontare la schiavitù moderna in modo più efficace, dal momento che "10.000 persone dovrebbero ritrovare ogni giorno la libertà per porre fine entro il 2030 alle forme contemporanee di schiavitù ", secondo i dati recenti della ONG Walk Free (Cammina Libero).

Secondo Bhoola, alcuni Stati hanno già scelto di escludere dagli appalti pubblici i fornitori la cui catena di approvvigionamento mostra la presenza di schiavitù. Altri usano sistemi antiriciclaggio per incoraggiare le aziende a impedire l'ingresso nel sistema finanziario dei benefici derivati ​​dal lavoro schiavizzato. Tuttavia, gli sforzi per porre fine alla schiavitù non sono sufficienti e le probabilità che i colpevoli vengano portati davanti a un tribunale e condannati rimangono minime.

“La schiavitù non è redditizia per i Paesi dal punto di vista economico: comporta costi sanitari elevati, esternalità ambientali negative e perdita di reddito e produttività", ha insistito, dicendo che la proposta di una nuova strategia per risolvere il problema deve essere "sistematica, scientifica, strategica, sostenibile, intelligente e che tenga informati i sopravvissuti". Gli Stati devono dedicare più risorse per porre fine alla schiavitù, adottare e attuare politiche pubbliche che forniscano risposte efficaci a questo flagello.

Vedi l’articolo sul sito dell’Ufficio dell’Alta Commissaria dell’ONU per i Diritti Umani (Acnudh). IPS lo riproduce con un accordo generale con le Nazioni Unite per l'uso dei suoi contenuti. Acabar con esclavitud en 2030 requiere liberar 10.000 personas cada día
CELEBRIAMO!

Ultra-ricchi e poi?

World Ultra Wealth Report di Wealth-X misura gli "ultra-ricchi", quelli con un patrimonio superiore ai 30 milioni di dollari. Questi High Net Worth Individual (Hnwi) sarebbero 11 milioni nel mondo (Statista, 30 settembre 2019 Infodata).

La classifica di Forbes elaborata da Statista ha sempre i soliti nomi (Le bandierine indicano il paese). Il Paese con più ricconi sono gli Stati Uniti, dove nel 2018 erano 81.340 con 9,8 trilioni di dollari. Al secondo posto, ma molto indietro la Cina con 24.965 ricchi con $ 3,8 trilioni.

Confrontando il numero dei ricchi con la popolazione, gli Stati Uniti scendono al 10° posto con Hong Kong al primo. Se poi si guarda alle città, quelle che hanno più ricchi sono New York e Hong Kong.

Questo vale per il patrimonio. In termini di ricchezza reale - cioè della capacità di acquisto della gente -  bisogna guardare al reddito della popolazione nel suo insieme. Il PIL, cioé la somma di beni e servizi, é un dato utile, però la gente e le famiglie guardano ai soldi che hanno in tasca e allo stipendio di fine mese, cioè all'economia domestica quotidiana. Il reddito vero deve allora tener conto delle tasse e contributi che riducono il potere d’acquisto. In Italia, ad esempio, i ricconi sono solo 168 e il Paese è al 10° posto nel mondo; però se si considera la ricchezza che l'Italia è in grado di generare, si nota che in Italia c’è più gente ricca della ricchezza prodotta.

Per questo, Eurostat cerca di vedere quanto è il reddito netto disponibile per avere un’idea di quanto denaro le famiglie hanno davvero a disposizione. Nei confronti fra paese e paese o fra regione e regione all'interno dello stesso Paese si deve tener conto anche del diverso costo della vita. Per esempio, in generale i servizi sono più economici in Italia che in Germania per cui la stessa somma rende di più. In Italia, poi, Bolzano è la zona più ricca per abitante, mentre la Calabria è la più povera (Si include anche l’economia sommersa). La differenza di reddito disponibile fra regioni in certi paesi ricchi del continente può essere sei o sette volte maggiore o minore. Questo passa nei due paesi menzionati, Italia e Germania.

La regione dove si trova la capitale ha, in genere, il reddito disponibile maggiore: è il caso della Francia, dove fra Parigi e d’intorni la differenza con le zone rurali è grande. Berlino e Roma invece fanno eccezione alla regola. A Londra, solo la parte che ospita il centro politico e finanziario del Regno Unito è più ricca del resto del Paese. 

Quanto serve al Paese la presenza dei ricconi? A volte poco, perché purtroppo chi possiede più di 30 milioni non sempre li investe nel proprio Paese, perché ci sono stati che con misure fiscali vantaggiose attirano i soldi degli altri. Il maggior reddito di una zona incide sul livello economico di tutto il paese? Dipende. Bolzano, la zona con il reddito maggiore in Italia, non conta che mezzo milione di persone contro i 60 milioni e più degli italiani. L'incidenza non può che essere relativa. La cosa cambia quando un'intera regione, come la Lombardia, una delle aree più prospere che ospita quasi un italiano su sei; o al contrario, quando due regioni meridionali - Campania e Sicilia -, hanno un reddito medio molto inferiore e 11,7 milioni di abitanti.
La Germania è il Paese con più abitanti dell'Europa ed è anche la meno povera: secondo  Eurostat la sua popolazione con il minore reddito (il 10% degli abitanti) vive meglio degli italiani che sono nella stessa situazione. L’Italia è quindi una nazione con un reddito effettivo più disuguale che in Germania. Questo perché in Italia la parte maggiore del reddito guadagnato finisce nelle tasche dei ceti medio-alti. Questo succede meno in Spagna, Francia o Germania. Non è facile oggi parlare senza distinguo e analisi di ricchi e poveri.

Infografica: The Countries with the Most Ultra Rich People, Statista Vedi anche World Wealth Report 2019 e La classifica dei più ricchi del mondo
AGIAMO!

Diciamo "no" a chi produce cioccolato usando il lavoro dei bambini

È in corso la campagna del "no" alle aziende di cioccolato che hanno lavoro minorile nelle loro catene di approvvigionamento acquistando solo cioccolato certificato "A" per Halloween e per Natale.

Due milioni di bambini nei campi di cacao della Costa d'Avorio e del Ghana, lavorano duramente per lunghe ore in condizioni spesso pericolose con poca o nessuna paga. Molti bambini sono stati trafficati da paesi vicini dove regna la povertà. La maggior parte dei tre milioni di tonnellate di cacao prodotta in tutto il mondo, ogni anno, proviene da piccole aziende agricole dell'Africa occidentale dove gli agricoltori e le loro famiglie di 6-10 membri sopravvivono spesso con meno di 1 $ al giorno a persona (Per saperne di più leggi Per un regalo superfluo, troppe persone soffrono).

Sono passati quasi venti anni da quando il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti ha collegato il cioccolato americano al lavoro minorile in Africa e ha promesso di eliminare il lavoro minorile dalle catene di approvvigionamento del cacao, oggi saldamente nelle mani di Mondelez (Cadbury), Mars, Nestle e Hershey che controllano il 12% di questa attività da 134 miliardi di dollari.

La maggior parte delle principali aziende produttrici di cioccolato si sono impegnate ad avere cioccolato sostenibile certificato al 100% nelle loro catene di approvvigionamento, ma continuano a rimandare la scadenza del loro impegno. Le aziende dovrebbero, anche, investire in programmi per affrontare i problemi di base della povertà, della formazione e della mancanza di opportunità che minacciano la sostenibilità della coltivazione del cacao.

Grazie al nostro potere d'acquisto individuale e collettivo, usando la tecnica dei messaggi, possiamo esigere dalle società produttrici di cioccolato che si impegnino e garantiscano che i bambini poveri o vittime del traffico non raccolgano cacao e che il cioccolato distribuito venga prodotto senza lavoro minorile. Vedi l'elenco delle aziende e il loro livello che certifica di non avere lavoro minorile nella loro catena di approvvigionamento. Scrivi a Godiva, una società che finora non ha manifestato il suo impegno con quest’obiettivo: c’è del lavoro minorile nel tuo cioccolato? Fai circolare questo messaggio fra i tuoi amici e nelle tue reti sociali!

CONOSCERE GLI OBIETTIVI SS

Obiettivo 9: Industria, Innovazione, Infrastrutture

Gli investimenti in un’infrastruttura sostenibile e nella ricerca scientifica e tecnologica favoriscono la crescita economica, creano posti di lavoro e promuovono il benessere. Nei prossimi 15 anni, soprattutto nei Paesi emergenti e in via di sviluppo, dovranno essere realizzati progetti infrastrutturali per importi miliardari. L’obiettivo 9 mira pertanto a costruire un’infrastruttura resiliente, a promuovere l’industrializzazione inclusiva e sostenibile e a sostenere l’innovazione.

Per rendere sostenibili le infrastrutture e le industrie, entro il 2030 le risorse dovranno essere impiegate in modo più efficiente e si dovranno incentivare tecnologie e processi industriali puliti e rispettosi dell’ambiente. Lo sviluppo tecnologico, la ricerca e l’innovazione dovranno essere sostenuti in particolare nei Paesi in via di sviluppo. Inoltre, dovrà essere favorito l’accesso di industrie e di altre imprese di piccole dimensioni ai servizi finanziari, compresi i crediti a condizioni vantaggiose, e si dovrà incrementare la loro integrazione nei mercati e nelle catene di creazione di valore. Infine, nei Paesi meno sviluppati, l’accesso a Internet dovrà essere semplice e diffuso.

Mete dell’Obiettivo 9.

  • Sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti – comprese quelle regionali e transfrontaliere – per supportare lo sviluppo economico e il benessere degli individui, con particolare attenzione ad un accesso equo e conveniente per tutti
  • Promuovere un'industrializzazione inclusiva e sostenibile e aumentare significativamente, entro il 2030, le quote di occupazione nell'industria e il prodotto interno lordo, in linea con il contesto nazionale, e raddoppiare questa quota nei paesi meno sviluppati
  • Incrementare l'accesso delle piccole imprese industriali e non, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai servizi finanziari, compresi i prestiti a prezzi convenienti, e la loro integrazione nell'indotto e nei mercati
  • Migliorare entro il 2030 le infrastrutture e riconfigurare in modo sostenibile le industrie, aumentando l'efficienza nell'utilizzo delle risorse e adottando tecnologie e processi industriali più puliti e sani per l'ambiente, coinvolgendo tutti gli stati nel rispetto delle loro rispettive capacità
  • Aumentare la ricerca scientifica, migliorare le capacità tecnologiche del settore industriale in tutti gli stati – in particolare in quelli in via di sviluppo – nonché incoraggiare le innovazioni e incrementare considerevolmente, entro il 2030, il numero di impiegati per ogni milione di persone, nel settore della ricerca e dello sviluppo e la spesa per la ricerca – sia pubblica che privata – e per lo sviluppo
  • Facilitare lo formazione di infrastrutture sostenibili e resilienti negli stati in via di sviluppo tramite un supporto finanziario, tecnico e tecnologico rinforzato per i paesi africani, i paesi meno sviluppati, quelli senza sbocchi sul mare e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo
  • Supportare lo sviluppo tecnologico interno, la ricerca e l'innovazione nei paesi in via di sviluppo, anche garantendo una politica ambientale favorevole per una diversificazione industriale e un valore aggiunto ai prodotti
  • Aumentare in modo significativo l’accesso alle tecnologie di informazione e comunicazione e impegnarsi per fornire ai paesi meno sviluppati un accesso a Internet universale ed economico entro il 2020

Vedi la pagina web sull’obiettivo 9 dove incontri anche un video sul tema

CONTINUARE A SPERARE

Permette la demografia anticipare il futuro delle religioni?

Più s’allunga la prospettiva del tempo, più difficile è far previsioni per il futuro del mondo e delle religioni, anche su pochi decenni. Queste proiezioni e i loro scenari sono, tuttavia, uno strumento utile per la riflessione sulle religioni e sulla loro evoluzione nel mondo contemporaneo.

La rivista svizzera, L'Illustré, ha chiesto a Religioscope di condividere le valutazioni sulla futura evoluzione delle religioni, come parte di un dossier sulla Svizzera e sul mondo nel 2050. È stato per Religioscope un’opportunità per guardare più lontano e riflettere su un approccio prospettico nel campo delle religioni (Vedi Avenir des religions : prospective à l’horizon 2050 – données et réflexions - Futuro delle Religioni: Prospettive per il 2050 - Dati e analisi).

Sarebbe la demografia uno strumento per anticipare il futuro delle religioni? Questo video analizza il cammino della demografia a partire dal 1945 come base per una proiezione sul futuro delle religioni. L'animazione è molto bella, tuttavia ci si chiede quali sono le fonti e come vengono interpretate? Guarda il video La démographie permet d’anticiper l’avenir des réligions (La demografia aiuta ad anticipare il futuro delle religioni?). Vedi anche Il futuro delle religioni: prospettive e proiezioni per il 2050

DA RIFLETTERE

Nascosto in pieno giorno: il traffico sessuale in Canada

In Canada, la tratta di esseri umani a fini di sfruttamento sessuale è in costante aumento. Le statistiche più recenti indicano che il 2016 ha registrato il suo più alto tasso, con un incidente ogni 100.000 abitanti segnalato alla polizia.

Nonostante questi numeri siano già sconcertanti, i casi segnalati costituiscono solo una piccola parte di un'industria grande e segreta in cui la maggior parte degli episodi di traffico di sesso è nondimeno conosciuta. E’ quanto racconta Rhonelle Bruder. Per aver subito discriminazioni e bullismo nella sua piccola città natale vicino a Toronto, in Ontario, decise di abbandonare il liceo e trasferirsi in città. Quando il denaro finì, iniziò a vivere in centri d’accoglienza per giovani, dove in seguito fu presentata a un uomo che sarebbe diventato il suo mezzano. Inizialmente era gentile e attento ma quando la conversazione arrivò al come avrebbe potuto fare soldi per rimettersi in sesto, le fu detto che avrebbe potuto acquistare un appartamento e viaggiare se solo “fosse stata al gioco” un paio di mesi. “Mi stava lanciando un amo, un sogno a cui ero disperata di voler credere perché la realtà della mia vita era insopportabile. Ero disposta a credere a tutto ciò che mi diceva perché mi dava un senso di appartenenza ed era una figura protettiva nella mia vita", racconta.

Una volta che le donne e le ragazze entrano nel traffico, in genere i magnaccia tendono loro la trappola del debito, dicendo che devono ripagare il costo contratto per l’entrata nel paese o per i motel. Questo successe anche a Timea Nagy, un’altra sopravvissuta. All’età di 20 anni, mentre viveva in Ungheria in grande povertà per dover far fronte a una grande quantità di debiti, Nagy rispose alla pubblicità di un giornale per lavorare come baby-sitter in Canada. Quella che sembrava un'agenzia di reclutamento onesta era, in realtà, una trappola per attirarla nell'industria del sesso senza che se ne rendesse conto. Continuare a leggere

RISORSE

La Africa Alliance della Cina sta spostando l’asse dell'ordine mondiale

Quando l'Assemblea Generale dell’ONU si riunì nel 2007 per votare sul rispetto dei diritti umani nella Corea del Nord, solo 10 dei 56 paesi africani votarono con la coalizione occidentale guidata dagli Stati Uniti. La stragrande maggioranza seguì la Cina, votando contro o astenendosi dalla risoluzione.

Questo non è sempre stato il caso. Solo tre decenni prima, il voto dell'Assemblea Generale dell’ONU che sostituiva la Repubblica di Cina (Taiwan) con la Repubblica popolare cinese – dando in questo modo il riconoscimento internazionale al Partito Comunista -, incontrò l’opposizione degli Stati Uniti. Sebbene la risoluzione fu approvata, i paesi africani non si allinearono con alcuna posizione.

Nel giro di tre decenni, la Cina è diventata una delle potenze economiche e militari più forti del mondo, ha superato gli Stati Uniti come principale partner commerciale dell'Africa dove sta finanziando oltre 3.000 grandi progetti infrastrutturali fondamentali. Più di 10.000 aziende cinesi operano in Africa, dove rivendicano quasi il 50% del mercato delle costruzioni a contratto internazionale.

La Cina è passata da essere il fornitore mondiale di manodopera a basso costo a uno dei principali finanziatori dei paesi in via di sviluppo, con l'obiettivo di costruire ponti - sia in senso figurato che letterale - attraverso la cooperazione economica. Il suo principale progetto di politica estera - la Belt and Road Initiative (BRI) - ha collegato 152 paesi in tutti i continenti e ha facilitato oltre 1,3 trilioni di scambi commerciali.

Eppure nell’ovest, l'ascesa della Cina è vista come una sfida autoritaria al sistema liberale internazionale. Continua a leggere

TESTIMONIANZA

Ricerca e indagini, uno strumento di advocacy

L’advocacy è la strategia utilizzata in tutto il mondo dalle ONG, dagli attivisti e persino dai politici stessi, per influenzare le politiche di un paese o di un’industria. L’advocacy mira quindi alla riforma delle politiche e alla loro effettiva attuazione e applicazione. Una politica è un piano d'azione, una serie di azioni, un insieme di regolamenti adottati da un governo, da un’impresa o da un'istituzione, al fine di influenzare o determinare decisioni e procedure.

Pertanto, l’advocacy è un modo per affrontare i problemi attraverso strategie di programmazione. Senza dubbio, il problema principale da affrontare oggi è come rendere le imprese responsabili delle loro azioni in materia di diritti umani, cambiamenti climatici, sostenibilità economica, coesione sociale e interessi nazionali dei paesi in cui lavorano. A tal fine, è possibile attuare con molte azioni: ricerca e rating, raccolta e produzione di documentazione, attività di lobby, sensibilizzazione del pubblico, campagne, costruzione di alleanze. La ricerca e il rating sono spesso la Cenerentola nei piani d'azione di molte ONG, mentre al contrario sono il supporto essenziale di tutte le altre azioni. L'auto-valutazione, poi, è ciò che manca di più alle imprese. Per colmare questa lacuna è nata Standard Ethics.

Standard Ethics è un’agenzia indipendente di rating di Sostenibilità. Continua a leggere

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