Vol. 7 - N° 5

Gpic Notizie dal Blog di Gian Paolo ? Vol. 7 - N 5

IN EVIDENZA NEL MESE

La sfida delle fake news o notizie false

Le fake news, le notizie false sono oggi uno degli argomenti socio-politici più dibattuti con processi legali e mediatici a siti web, giornalisti, professionisti della comunicazione e piattaforme informative che deliberatamente pubblicano bufale e notizie fuorvianti.

Da Internet queste false notizie sono spesso riprese e condivise sui social media ed aumentano così il loro impatto sulla società. Di conseguenza la gente diventa sempre più diffidente. Negli Stati Uniti oltre un quarto degli intervistati da Statista - un sito web che, dietro pagamento, offre analisi, interviste e accesso a più di un milione di fatti e statistiche sulle Fake News - afferma che raramente si fida delle notizie che circolano nella stampa, in internet, sui social media.

Il giornalismo era considerato il Quarto potere, il cane da guardia che informando proteggeva la gente garantendo la verità. Oggi che l`informazione sorge da ogni direzione, dai media e dal pubblico stesso, esiste ancora questo ruolo difensivo?

I giornalisti che rischiano e pagano con la vita l'impegno di rivelare informazioni importanti per la vita pubblica aumentano di anno in anno. Ne è testimone sul grande schermo La regola del gioco  (Kill the Messenger), un film basato sulla storia vera del giornalista Gary Webb. Verso la metà degli anni 1990 Webb rivela il ruolo della CIA nell'armare i contras del Nicaragua e nell`importare cocaina in California. Riceve enormi pressioni, sceglie di continuare la sua denuncia e diventando vittima di feroci calunnie alimentate dalla CIA, è costretto a difendere la sua integrità, la sua famiglia, la sua vita, fino al suicidio. Serena Shim, un giornalista americana di origine libanese, rivela che gli jihadisti ISIS sono contrabbandati tra Turchia e Siria nei veicoli degli aiuti umanitari. Pochi giorni più tardi muore in un incidente stradale uccisa da un veicolo pesante che non sarà mai identificato. Continua qui la lettura

UNA BELLA NOTIZIA

Quando la leadership fallisce, la gente si ribella

La Constituzione Politica (2009), elogiata come una grande conquista di Evo Morales, membro della comunità indigena aymara e al potere dal 2006, nel suo 2ndo articolo dichiara la Bolivia uno "Stato plurinazionale" e riconosce i popoli indigeni del paese come nazioni. Tuttavia, un recente caso di conflitto territoriale mostra la realtà vissuta dalla gente.

L'Istituto Nazionale di Riforma Agraria (INRA), responsabile per la legalizzazione dei titoli fondiari nelle zone rurali, ha effettuato una sgradita visita alla città di Quila Quila il 27 febbraio, con un rinforzo di 40 poliziotti per misurare la terra richiesta da 150 persone estranee alla comunità. Quila Quila si trova a sud-ovest di Sucre, che è la capitale del dipartimento di Chuquisaca, uno dei nove in cui è divisa la Bolivia.

L'antica nazione Qhara Qhara, in difesa delle sue ricche terre ancestrali, ha iniziato una marcia di quasi 700 km nell'arco di 41 giorni, dalla capitale ufficiale, Sucre, a La Paz, il centro politico del paese. Protestando contro l'accaparramento delle loro terre ancestrali e le minacce alla loro cultura, hanno chiesto al governo di correggere gli abusi.

Raggiungendo La Paz il 18 marzo, hanno sospeso la loro protesta dando al governo due mesi per agire e modificare la legislazione secondo i tre progetti già consegnati alle commissioni legislative. La legislazione dovrebbe assicurare la restituzione dei territori ancestrali, il rispetto l'organizzazione giudiziaria indigena e la loro autonomia. I Qhara Qhara non vogliono scontri, ma nemmeno che le loro terre siano darte a estranei alla comunità. E' il contrario di quanto afferma il direttore nazionale dell'INRA, che ha falsamente affermato che il 90% degli abitanti di Quila Quila desidera per le loro terre titoli individuali, e solo il 10% chiederebbe il riconoscimento della proprietà collettiva.

I Qhara Qhara - che nell'antica lingua di Qaqina significa due colline -, dal 2002 stanno combattendo, insieme ai Pikachuri, per il riconoscimento della propria nazione, con i loro markas (unità territoriali indigene), e ayllus (comunità allargata) e comunità. Il popolo Qhara Qhara al momento conta 48.000 persone, distribuiti in otto markas.

Precedente alla marcia Qhara Qhara, si deve ricordare quella dell'agosto 1990 da parte delle popolazioni indigene della foresta pluviale e tropicale di Beni, che percorsero 600 km per protestare contro "uno stato mono-culturale, discriminatorio ed escludente, di carattere neoliberista e repubblicano". Evo Morales seppe capitalizzare quelle richieste per diventare il primo presidente indigeno del paese. Le ha poi convogliate all'Assemblea costituente che ha completato la stesura della nuova costituzione del 2009.

Oggi questa costituzione e i diritti stessi dei popoli indigeni sono in serio pericolo. La Bolivia è uno stato di poco più di 11 milioni di persone la cui maggior parte è rappresentata dai 36 popoli nativi riconosciuti, dei quali i quechua, gli aymara e i guaraní sono i più numerosi.

I Qhara Qhara producono il loro cibo, conservano le fonti di acqua termale e hanno nel loro sottosuolo minerali abbondanti, come l'oro, il ferro, lo zinco e lo stagno. Gli estranei alla comunità, sono gli abitanti delle città o figli dei "yanaconas", persone al servizio dei proprietari terrieri prima della riforma agraria, che stanno cercando di ottenere proprietà rurali con titoli individuali per commercializzare la terra e non per destinarla all'agricultura.

Un leader indigeno ha affermato che la loro lotta per i cambiamenti legislativi favorirà anche gli altri gruppi indigeni che chiedono la restituzione delle loro terre e il riconoscimento delle autorità giudiziarie indigene. "Abbiamo ottenuto il rispetto per le nostre terre ancestrali dal potere coloniale spagnolo e ora stiamo cercando dallo stato plurinazionale della Bolivia", affermano i loro leader. I cambiamenti legali che stanno richiedendo sono a beneficio di tutti i 36 popoli nativi, e a luglio saranno valutati i progressi delle loro proposte.

Dietro all'acapparmento di terre nelle comunità indigene è la volontà di "imporre un estattivismo sfrenato" delle risorse naturali che si tradurrà nello sfollamento delle popolazioni locali, minacciando la loro stessa sopravvivenza e cultura.

Durante la marcia, intellettuali, accademici e organizzazioni internazionali hanno firmato una lettera di sostegno "alle nazioni native, le popolazioni indigene della Bolivia e dei diversi paesi del Sud America, per la loro lotta per la terra e per il loro diritto all'autodeterminazione, all'autonomia e al riconoscimento delle loro autorità politiche e stili di vita". Vedi, An Indigenous Nation Battles for Land and Justice in Bolivia

UNA BRUTTA NOTIZIA

Uganda, piattaforma di smistamento dell'oro?

La compagnia con base in Uganda, African Gold Refinery, fondata da un belga e situata a Entebbe - a 43 chilometri da Kampala-, e vicino all'aeroporto internazionale, è ogni tanto sotto osservazione per traffico sospetto d'oro. E' di recente la sanzione del governo ugandese per l'importazione all'inizio di marzo di 7,4 tonnellate di oro, per le crescenti accuse secondo cui il minerale proverrebbe da paesi succubi di conflitti. Erano già stati esportati 3,8 tonnellate di quest'oro che potrebbe provenire dall'America del Sud e la polizia ugandese ha ritenuto le restanti 3,6 tonnellate perché "Esiste la possibilità che possa venire dal Venezuela", ha detto il portavoce della polizia Fred Enanga.

La raffineria africana di oro in questione, non ha voluto rivelare la provenienza dell'oro in disputa, ma Alain Goetz, il magnate belga che ha fondato la compagnia nel 2014, ha dichiarato con fermezza che la società non ha commesso alcun reato in quest'importazione e si è lamentato del fatto che la raffineria non è stata in grado di esportare per 17 giorni, forzando i commercianti d'oro a dirigersi verso altre città principali come Nairobi, in Kenya.

Le esportazioni d'oro dall'Uganda sono aumentate negli ultimi anni ed è ora, insieme al caffè, il suo principale prodotto di un'esportazione che da $ 250.000 nel 2013/14, è aumentato a $ 204 milioni nell'anno finanziario 2015/16. E poco di questo minerale è estratto in Uganda. L'anno scorso, Sentry, un'iniziativa investigativa co-fondata dall'attore nordamericano George Clooney, ha riferito che l'oro estratto dalle aree di conflitto nell'est del Congo potrebbe fluire verso i mercati internazionali attraverso questa raffineria africana d'oro. Tale rapporto ha esortato le autorità ugandesi a indagare sulla raffineria per potenziale riciclaggio di denaro e ha invitato gli Stati Uniti, il Consiglio di sicurezza dell'ONU e l'Unione Europea a "indagare e, se il caso, sanzionare le società e i loro proprietari effettivi che raffinano e commerciano l'oro". Nel frattempo, la polizia ugandese ha restituito l'oro detenuto - valorato $ 149 milioni - dopo che il procuratore generale ha respinto le accuse di essere frutto di contrabbando dal Venezuela, paese che ha il suo settore aurifero sanzionato dagli USA e che è un pilastro economico chiave del governo del presidente Nicolas Maduro. Vedi anche Uganda, dietro le quinte della prima raffineria d’oro in Africa Orientale

CELEBRIAMO!

Al nostro servizio

Dappertutto nel mondo aumentano le persone che lottano, promuovono e si sforzano di rendere i diritti umani una realtà per tutti. Sono chiamati, i difensori dei diritti umani.

Sono quanti si danno da fare per rendere i governi e i burocrati responsabili nei confronti delle persone che servono. Sono gli attivisti che smascherano le aziende che non operano in modo responsabile e sostenibile. Sono gli individui e i gruppi che si dedicano a lavorarare in modo che tutte le persone - anche le più emarginate e svantaggiate - possano accedere ad un alloggio ed un'assistenza sanitaria adeguati, a condizioni di lavoro giuste e corrette e un ambiente sano. Lavorano per garantire che nessuno di noi venga molestato, imprigionato o ucciso a causa di ciò che diciamo o crediamo, di chi amiamo o del colore della nostra pelle.

Sarebbe ovvio che questi difensori fossere appoggiati e riconosciti. Invece, sono sempre più soggetti a stigmatizzazione, restrizioni e attacchi.

L'ISHR, Servizio internazionale per i Diritti Umani si è messa dalla loro parte e ha pubblicato il suo rapporto 2019, dal titolo "Al loro servizio" dove racconta cosa è successo nel mondo e cosa è stato fatto nel 2018 per difendere i diritti umani.

Il rapporto è disponibile solo in inglese, ma il sito web ISHR é anche in francese, spagnolo e arabo. Il L'ISHR è un'organizzazione non governativa dedicata alla promozione e alla protezione dei diritti umani. Raggiunge questo obiettivo sostenendo i difensori dei diritti umani, rafforzando i sistemi dei diritti umani e guidando e partecipando alle coalizioni per il cambiamento in favore dei diritti umani. Anche se non tutto nella sua ideologia è accettabile e non tutte le sue azioni sono degne di lode, l'ISHR deve essere onorata perché ricorda a tutti che i diritti umani e la difesa dei difensori dei diritti umani sono oggi un dovere inevitabile.

Vedi qui il rapporto 2019 Al loro servizio 

AGIAMO!

L'Australia, leader nella lotta contro il traffico negli orfanotrofi

La nuova legge mette in luce il lato oscuro del turismo del "fare il bene". L'Australia è diventata la prima nazione al mondo a riconoscere che la tratta di bambini negli orfanotrofi è una forma di schiavitù. Passato da poco, il Modern Slavery Bill si concentra anche sul ruolo che svolgono involontariamente i turisti che per aiutare gli orfanotrofi propiziano l'abuso e lo sfruttamento di minori.

La legislazione, che è entrata in vigore il 1° gennaio e chiede alle grandi compagnie di viaggio, alle istituzioni scolastiche e ad altre entità di pubblicare rapporti su ciò che fanno per valutare e affrontare i rischi della schiavitù moderna nelle loro catene di approvvigionamento, compresi gli orfanotrofi.

Circa l'80% degli 8 milioni di bambini che vivono negli orfanotrofi di tutto il mondo ha almeno un genitore vivente, ma in alcuni paesi, le famiglie sono persuase a consegnare i loro figli agli orfanotrofi con promesse di cibo, istruzione o cure mediche. Prendersi cura dei bambini in istituzioni è una cosa del passato in paesi come l'Australia e gli Stati Uniti; al contrario, il numero di orfanotrofi è aumentato in alcune nazioni povere, come l'Uganda, il Nepal, l'Indonesia.

I turisti che sostengono questi posti, con donazioni o offrendo volontariamente i propri servizi, pensano di fare qualcosa di positivo. Possono inconsapevolmente invece perpetuare ciò che la senatrice australiana Linda Reynolds ha descritto come la truffa perfetta del 21° secolo. Continuare qui la lettura

CONOSCERE GLI OBIETTIVI SS

Obiettivo 4: Fornire un’educazione di qualità

Un’istruzione di qualità è la base per raggiungere lo sviluppo sostenibile. Si sono ottenuti risultati importanti per quanto riguarda l’incremento dell’istruzione a tutti i livelli e il livello di iscrizione nelle scuole, soprattutto per donne e ragazze. Il livello base di alfabetizzazione è migliorato in maniera significativa, ma è necessario raddoppiare gli sforzi se si vogliono raggiungere gli obiettivi di un’istruzione universale. Per esempio, a livello mondiale è stata raggiunta l’uguaglianza tra bambine e bambini nell’istruzione primaria, ma pochi paesi lo hanno fatto a tutti i livelli educativi.

Fatti e cifre

• L’iscrizione nelle scuole primarie nei Paesi in via di sviluppo ha raggiunto il 91%, ma 57 milioni di bambini ne sono ancora esclusi

• Più della metà dei bambini non iscritti a scuola vive nell'Africa subsahariana

• Si calcola che il 50% dei bambini in età scolastica ma che non frequentano la scuola vive in zone colpite da conflitti

• Nel mondo, 103 milioni di giovani non possiedono capacità di base in lettura e scrittura, di cui oltre il 60% sono donne.

Traguardi. Garantire entro il 2030 a

- ogni ragazza e ragazzo libertà, equità e qualità per completare l'educazione primaria e secondaria con dei risultati adeguati e concreti

- ogni ragazza e ragazzo uno sviluppo infantile di qualità, ed un accesso a cure ed istruzione pre-scolastiche così da essere pronti alla scuola primaria

- ogni donna e uomo un accesso equo ad un’istruzione tecnica, professionale e terziaria -anche universitaria- che sia vantaggiosa e di qualità

- un numero sempre maggiore di giovani e adulti le competenze specifiche -anche tecniche e professionali- per ottenere posti di lavoro dignitosi e per l’imprenditoria

- ogni studente uguaglianza nell'istruzione ed un accesso equo a tutti i livelli di formazione professionale per le categorie protette, le persone con disabilità, e le popolazioni indigene

- tutti i giovani ed a un sempre maggior numero di adulti, uomini e donne, un livello di alfabetizzazione ed una capacità di calcolo

- tutti i discenti la conoscenza e le competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile, tramite la formazione allo sviluppo e a uno stile di vita sostenibile, ai diritti umani e alla parità di genere, alla promozione di una cultura pacifica e non violenta e alla valorizzazione delle diversità culturali

- tutti i paesi che aumentino considerevolmente gli insegnanti qualificati, grazie anche alla cooperazione internazionale in favore dei paesi in via di sviluppo, specialmente dei piccoli stati insulari

Inoltre si deve

·         Costruire e potenziare le strutture educative perchè corrispondano ai bisogni dell'infanzia, alle disabilità e alla parità di genere, e far sì che gli ambienti educativi siano sicuri, non violenti e inclusivi

·         Espandere il numero di borse di studio disponibili, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, specialmente per i piccoli stati insulari e gli stati africani, e garantire così l'istruzione superiore, la formazione professionale, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, i programmi tecnici, ingegneristici e scientifici.

CONTINUARE A SPERARE

Bellezza e tragedia. Ascolta i suoni dello Sri Lanka

Lo Sri Lanka è noto come la perla dell'Oceano Indiano, dove suoni e immagini, bellezza e tragedia si fondono nella vita di tutti i giorni, nel cuore di un anziano, nel cuore di una sposa bambina. Guarda questo video

Due giovani occhi sbirciano curiosi da dietro un velo rosso // per scoprire accanto a se che è un anziano

La sua pelle brilla mentre l'altra appassisce // C'è musica, c'è cibo ma non c'è amore.

Una donna in fiore non mostra che il suo volto // Il corpo vecchio prende la sua forma dalle ossa

Lui non può correre né camminare come lo può lei // È come se un neonato fosse vicino a un defunto.

Le celebrazioni continuano ma lei rimane sola // E l'orologio scandisce il suo oscuro destino.

Un cadavere vivente batte le mani insieme agli altri uomini // ed ha quasi cent'anni mentre l'altra non arriva ai dieci.

Poi tutti se ne vanno e il silenzio riempie la notte. // Lui prende con forza la sua mano di fata e la conduce lontano dalla luce.

Una santa promessa cade in pezzi, come il gelo il suo corpo freddo // La porta di un'alcova si chiude, un'infanzia è perduta per sempre. (Presa da http://srilankapoems.com/)

DA RIFLETTERE

Il traffico di spose tra Myanmar e Cina

Un nuovo rapporto, Human Rights Watch (HRW), documenta i numerosi casi di donne e ragazze degli Stati di Kachin e del nord di Shan in Birmania che sono state vittime della tratta e costrette alla schiavitù sessuale in Cina. Allarmante è l’assenza di forze dell'ordine.

"Le autorità birmane e cinesi guardano altrove quando trafficanti senza scrupoli vendono donne e ragazze di Kachin come schiave e per ingiustificati abusi", afferma Heather Barr, il co-direttore di Acting Women's Rights (HRW) e autore del rapporto. "La mancanza di mezzi di sostentamento e di protezione dei diritti di base rendono queste persone facili prede per i trafficanti, che hanno poche ragioni per temere l'applicazione della legge da entrambi i lati del confine".

Negli ultimi 40 anni, il conflitto negli stati di Kachin e del nord di Shan ha causato spostamenti destinati a durare a lungo e creato molte difficoltà di sopravvivenza alla gente. Gli aiuti umanitari sono in gran parte bloccati dal governo del Myanmar e gli sfollati che vivono nei campi non ricevono sufficiente cibo, per cui questi nuovi scontri hanno spinto le famiglie sull'orlo della disperazione.

Poiché molti uomini prendono parte nei conflitti, le donne diventano spesso le uniche fonti di sostentamento per le loro famiglie e non hanno altra scelta che cercare lavoro oltre confine, in Cina. Spesso, purtroppo, sono allettate da false promesse e cadono preda dei trafficanti. "La gente nei campi degli sfollati manca di soldi e di tutto. Non essendo in grado di sbarcare il lunario, tocca alle donne e le ragazze pagarne il prezzo", dice un collaboratore della Kachin Women's Association (KWA) che assiste le vittime della tratta. Continuare qui la lettura

RISORSE

I conflitti in Africa rendono inutile il Patto globale sulle migrazioni

Il Patto Globale adottato per una migrazione sicura, ordinata e regolare continua a generare dibattiti sui pro e contro. Evans Tekenge Manuika, responsabile dell'Associazione Travailleurs Immigrés au Maroc (Lavoratori immigrati del Marocco), ne ha parlato con l'IPS ed ha avvertito che il Patto rimarrà lettera morta se in Africa non finiscono le guerre.

L'incontro ad alto livello di Marrakech è stato marcato fin dall'inizio da un evento senza precedenti: l'assenza di almeno sette stati membri che hanno annullato la loro partecipazione quasi all'ultimo minuto. La comunità internazionale vuole risolvere la crisi umanitaria migliorando il sistema d’accoglienza dei rifugiati e migranti, il che dava una enorme importanza a questo Patto Globale che, adottato lo scorso 10 dicembre, è anche il primo accordo intergovernativo negoziato sul tema. Le assenze provocano ancor più scalpore perché l'applicazione del patto è volontaria, a differenza della Convenzione sullo status dei rifugiati del 1951, firmata e ratificata dai 193 stati membri dell'ONU.

Gli Stati Uniti sono stati i più forti detrattori della conferenza definendola una violazione della sovranità nazionale. Altri paesi hanno frenato sul patto o hanno rifiutato di firmarlo: Ungheria, Australia, Israele, Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca, Austria, Svizzera, Bulgaria, Lettonia, Italia e Cile. Continua a leggere

TESTIMONIANZA

Una piccola suora tiene testa alle grandi multinazionali

Suor Nathalie Kangaji non ha mai accettato l'ingiustizia. Da dieci anni combatte come coordinatrice del Centro per l'assistenza legale e giudiziaria (CAJJ) a Kolwezi, nel sud della Repubblica Democratica del Congo (RDC), per i diritti dei poveri contro le multinazionali, tra cui la Glencore svizzera, molto attiva in questa regione ricca di minerali preziosi.

È difficile immaginare che suor Nathalie, una piccola donna discreta e piuttosto timida, tenga testa alle grandi compagnie minerarie. Si vede subito, tuttavia, che è una di quelle persone con una fede che può spostare le montagne. E le piccole vittorie che registra le danno la forza di continuare la sua lotta.

Nata in una modesta famiglia di Likasi, a 200 km a sud est di Kolwezi, suor Nathalie entrò nella Congregazione Notre-Dame di S. Agostino nel 1990, all'età di 19 anni. "Ero sempre indignata dalla miseria che vedevo intorno a me - dice-. La fede mi ha dato la forza di impegnarmi a migliorare il destino dei miei fratelli e sorelle".

Suor Nathalie inizia a lavorare nelle prigioni con la locale Commissione di Giustizia e Pace. "Ma non vedevo alcun effetto concreto. Volevo arrivare alla radice dei problemi, soprattutto perché la gente povera è troppo disinformata per essere in grado di difendere correttamente i suoi diritti". Così nel 2008 ha fondato, con un gruppo di amici e i fondi di Action de Carême (AdC) e Pane per tutti (PPP), il Centro d'assistenza legale e giudiziaria (CAJJ). Continua la lettura

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