Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Diaconesse o battezzate subordinate

Butembo 22.08.2022 Juan José Tamayo Tradotto da: Jpic-jp.org

Nel cammino del Sinodo della Chiesa universale, le Chiese particolari tengono i loro sinodi nazionali dove il tema della donna nella Chiesa surriscalda sempre il dialogo, rendendolo talvolta controversia. Non con l'intenzione di esacerbare la discussione, ma per favorire un dialogo sincero sulla parità di ruoli e dignità nella Chiesa, riprendiamo questo articolo di un amico pubblicato qualche tempo fa.

All'Assemblea Plenaria dell'Unione Internazionale delle Superiori Generali tenutasi a Roma nel maggio 2016, è stato chiesto al papa se ci fosse qualche impedimento all'inclusione delle donne tra i diaconi permanenti, come avveniva nella Chiesa primitiva, e perché non creare una commissione ufficiale per studiare la questione.

Pochi mesi dopo il papa usciva dal silenzio e creava la Commissione, composta da sei uomini e sei donne e presieduta dall'allora segretario - oggi presidente - della Congregazione per la Dottrina della Fede, l'arcivescovo spagnolo Luis Ladaria Ferrer - oggi cardinale -, per lo studio del diaconato femminile nella Chiesa degli inizi.

Quattro continenti furono esclusi dalla Commissione: Asia, Africa, America Latina e Oceania. Undici membri erano europei più una nord-americana.

Nella conferenza stampa offerta sull'aereo di ritorno dal suo viaggio in Macedonia, il papa ha riconosciuto ed esposto la disparità di criteri dei membri della Commissione dopo due anni di studio e, implicitamente, ha fatto riferimento allo scioglimento della stessa senza che avesse emesso una relazione in merito. Vista la mancanza di risultati, il Papa non ha preso alcuna decisione.

A mio modesto parere, si trattava di una Commissione tanto inutile quanto inefficace. Inutile perché lo studio è già stato fatto da esegeti, teologi e teologhe, e storici del cristianesimo. Le conclusioni hanno un ampio consenso tra i ricercatori: Gesù di Nazareth ha formato un movimento egualitario contro egemonico di uomini e donne che lo hanno accompagnato lungo le strade della Galilea, condividendo il suo stile di vita itinerante e assumendo responsabilità senza alcuna discriminazione di genere.

Nei primi secoli del cristianesimo vi furono diaconesse, sacerdoti e vescovi donne, che esercitarono funzioni ministeriali e compiti direttivi fino a quando la Chiesa divenne gerarchizzata, clericalizzata e patriarcale, e le donne furono ridotte al silenzio.

Il libro della teologa americana Karen Jo Torjesen “Quando le donne erano sacerdoti. La leadership delle donne nella chiesa primitiva e lo scandalo della loro subordinazione all'ascesa del cristianesimo” - Cuando las mujeres eran sacerdotes. El liderazgo de las mujeres en la iglesia primitiva y el escándalo de su subordinación con el auge del cristianismo (El almendro, Córdoba 1996) - lo dimostra con ogni tipo di argomento: archeologico, storico, teologico ed ermeneutico.

La Commissione mi sembra inefficace se non c'è volontà di incorporare le donne nelle funzioni ecclesiali di leadership, accesso diretto al sacro senza mediazione patriarcale e partecipazione all'elaborazione della dottrina e della morale. Oggi penso che manchi questa volontà. Parlo di fatti.

Nell'enciclica Inter insigniores, papa Paolo VI ha sbattuto la porta all'accesso delle donne al ministero sacerdotale, sostenendo che Gesù Cristo ordinava solo uomini.

I suoi successori hanno ripetuto un argomento così fallace come un mantra. Giovanni Paolo II, consigliato dal cardinale Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha radicalizzato la chiusura affermando che la questione era definitivamente risolta. Benedetto XVI, sapendo come teologo qual era, dell'esistenza di donne diaconesse, preti e vescovi nel cristianesimo primitivo, fu altrettanto testardo nel seguire la stessa strada di ostruzione al sacerdozio femminile.

Papa Francesco lo ha ratificato, citando la forte dichiarazione di esclusione di Giovanni Paolo II.

Peraltro, non condivido l'idea di un diaconato femminile, perché, se fosse istituito istituzionalmente per occuparsi di funzioni ausiliarie che sarebbero loro assegnate, le donne continuerebbero ad essere subordinate e sarebbero al servizio di sacerdoti e vescovi, non della comunità cristiana. Penso che sia ora di passare dalla subalternità delle donne all'uguaglianza; dalla sottomissione all'empowerment; dallo stato di dipendenza all'autonomia; dall'essere oggetti decorativi a soggetti attivi.

E questo con il diaconato femminile non si realizza, anzi: la minoranza di età delle donne si prolungherebbe con l'illusione che si è fatto un passo avanti importante e che viene dato loro risalto, quando ciò che si farebbe è perpetuare il loro stato di umiliazione e servitù, di subordinazione e dipendenza dal clero sacerdotale, episcopale e pontificio. Perché avvenga un vero cambiamento nello stato di inferiorità delle donne, è necessario che esse siano riconosciute come soggetti religiosi, ecclesiali, etici e teologici, cosa che ora non accade.

E’ necessario guardare al passato, certo. Ma non con il desiderio di riprodurre acriticamente la tradizione, ma con l'obiettivo di recuperare creativamente il ruolo che le donne avevano nel movimento di Gesù e nei primi secoli della Chiesa cristiana. Ma, soprattutto, dobbiamo guardare al presente e al futuro per mettere in pratica all'interno della Chiesa il principio dell'uguaglianza di genere e della non discriminazione che governa, seppur imperfettamente, nella società.

Un uomo, una donna, un voto; un cristiano, una cristiana, un voto. Tutti gli uomini e le donne sono uguali per la dignità comune che, uomini e donne hanno per il battesimo, che rende tutti uguali: uomini e donne cristiani.

Qualsiasi discriminazione di genere è contraria alla creazione dell'uomo e della donna ad immagine e somiglianza di Dio, secondo il racconto della Genesi, è contraria ai diritti umani e al principio di fraternità-sorellanza che dovrebbe regnare nella Chiesa. Senza uguaglianza, la Chiesa rimarrà uno degli ultimi bastioni, se non l’ultimo, del patriarcato nel mondo. In altre parole, rimarrà un patriarcato perfetto.

E per questo non potrà appellarsi a Gesù di Nazareth, suo fondatore, ma al patriarcato religioso, fondato sulla sacra mascolinità, che fa appello al carattere virile di Dio per fare dell'uomo l'unico rappresentante e portavoce della divinità. Come ha affermato la filosofa femminista Mary Daly: "Se Dio è maschio, allora il maschio è Dio". Patriarcato integrale!

*Juan José Tamayo è Direttore della Cattedra di Teologia e Scienze Religiose. Università Carlos III di Madrid

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