Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Un Sinodo per il mondo

The Tablet 01.01.2023 Jenny Sinclair Tradotto da: Jpic-jp.org

La Chiesa cattolica sta abbracciando la "sinodalità", che significa "camminare insieme", un processo in cui l'intero popolo di Dio si ascolta a vicenda e ascolta lo Spirito Santo per ispirare e dare nuova energia alla Chiesa. In questo articolo si sostiene che lo scopo della sinodalità deve essere compreso in un contesto più ampio, perché il suo scopo primario è quello di rinnovare la Chiesa non per se stessa, ma per il bene del mondo.

Poco meno di due anni fa, Papa Francesco annunciava che il prossimo Sinodo dei vescovi si sarebbe concentrato sulla sinodalità. I temi sarebbero stati la comunione, la partecipazione e la missione e, per la prima volta nella storia della Chiesa, avrebbe invitato tutti il 1,37 miliardo di cattolici a partecipare al processo di ascolto e discernimento durante due anni.

Eredità del Concilio Vaticano II, l'obiettivo di questo "camminare insieme" – è il significato letterale di "sinodalità" - è quello di avvicinare i cattolici alla missione di Gesù. In questo "modo di essere Chiesa", l'intero Popolo di Dio si stringe in unità nel cammino per far crescere il Regno di Dio sulla Terra. È il più grande e ambizioso esercizio di ascolto nella storia dell'umanità.

Alcuni cattolici hanno risposto più con paura che con speranza: paura del cambiamento o paura di non cambiare. Altri stanno cercando di usare il processo per promuovere una propria agenda; altri lo vedono come un cinico esercizio di politica ecclesiale; altri ancora lo liquidano come una colossale perdita di tempo. Possono i cattolici superare questa confusione di idee e cogliere l'opportunità? Leggendo i segni politici e culturali dei tempi, possiamo comprendere lo scopo fondamentale di questo Sinodo: non è altro che il modo in cui Dio prepara la Chiesa per la sua missione di salvare il mondo.

Sono cattolica da più di metà della mia vita e la mia vocazione mi ha portato ad ascoltare e imparare attraverso le diverse tradizioni cristiane. La mia settimana tipo contempla conversazioni amichevoli con pentecostali, evangelici, membri della Chiesa libera; con cattolici, anglicani, profetici, carismatici, fondatori di chiese e di ordini religiosi. Ho a cuore i miei amici ebrei per la loro testimonianza unica, e imparo dai miei amici non religiosi e dai contatti con gente di tutte le fedi o di nessuna fede, della società civile, degli affari e della politica. Ascolto persone di tutti gli schieramenti politici, di tutte le classi e dei diversi contesti culturali ed etnici.

Questo ascolto e questo apprendimento non diluiscono le mie convinzioni. Al contrario, mi rivelano un senso più chiaro della chiamata della Chiesa e delle opportunità che il Sinodo rappresenta. Il mio percorso personale mi ha insegnato che la dottrina sociale cattolica (DSC) può aiutare a leggere i segni dei tempi. Ispirata dal Vangelo, e formata dalla dotta esperienza della Chiesa di ogni nazione nel trascorso di centotrenta anni, essa è radicata in secoli di tradizione e nel diritto naturale.

Ci aiuta a capire come le idee filosofiche e politiche, e le decisioni politiche influenzano la persona umana e ci aiuta a riconoscere quando i sistemi sociali e i ‘valori culturali’ sono disumanizzanti. La DSC ci aiuta a essere politicamente preparati e in linea con la nostra fede, a evitare la deriva proselitista e l'influenza corrosiva del modernismo e del postmodernismo. È in qualche modo la teologia dello Spirito Santo nella pratica. Questo può aiutarci a discernere il nostro cammino nel processo sinodale.

Sette anni fa Papa Francesco disse: "Non stiamo vivendo un'epoca di cambiamenti, ma un cambiamento di epoca". Non era l'unico a riconoscere il disfacimento in corso, marcato da un crollo della fiducia, dalla polarizzazione, dalla frammentazione sociale e da sintomi di disagio, tra cui l'aumento della solitudine, delle dipendenze, dell'autolesionismo, della depressione e del nichilismo. La maggior parte di questi segnali di tempi bui si sono approfonditi con la pandemia, ma non sono stati causati da essa: fanno parte di una tendenza che dura da decenni. L'individualismo e il liberismo radicale, sia di destra che di sinistra, hanno portato alla mercificazione degli esseri umani e all'eccessiva fiducia alle soluzioni tecnocratiche dei problemi umani. Questa situazione ha radici profonde che partono dall'Illuminismo che, nonostante i suoi numerosi benefici ha portato a un allontanamento da Dio.

Ha portato a una profonda perdita del senso della natura trascendente della persona umana. Le terribili conseguenze di questa perdita erano inevitabili. Che si tratti di traffico di esseri umani o di contratti a zero ore, di medicine per la tristezza o di applicazioni per gli incontri, di supremazie delle qualifiche accademiche rispetto al lavoro professionale o di promozione della mobilità rispetto alla comunità, la combinazione del dominio del capitale e del paradigma tecnocratico ha avuto effetti catastrofici sulle nostre relazioni istituzionali e sociali e sul nostro senso di appartenenza. La famiglia, la comunità e il senso del luogo sono stati minati; c'è una crisi di scopo e di alienazione, soprattutto tra i giovani. I danni sociali ed economici si concretizzano nel degrado e nell'abbandono di intere comunità.

Questa realtà ha colpito anche le Chiese. Molte di esse si sono ripiegate su se stesse, hanno perso il rapporto con la gente e si sono emarginate; alcune sono state contagiate dalle filosofie secolari moderne e postmoderne o si sono distratte in guerre culturali. Molte chiese non sanno più chi sono e non comprendono più la loro vocazione civica. Gli scandali sugli abusi sessuali dei chierici e la pandemia hanno accelerato la traiettoria di questo declino.

Noi, la Chiesa, Popolo di Dio, abbiamo la vocazione unica di contrastare queste tendenze disumanizzanti, ma non ne siamo ben preparati. Siamo frenati dalla mancanza di consapevolezza di ciò che sta accadendo, dalla stanchezza per le soluzioni manageriali - riorganizzazioni parrocchiali o proiezioni finanziarie irrealistiche- e, cosa fondamentale, da una formazione difettosa e inadeguata come discepoli di Cristo.

Eppure Dio è all'opera; i profondi cambiamenti in corso sono il Suo modo di purificare e rinnovare la Chiesa per renderla adatta al compito che la attende. Siamo in un periodo di profondo malessere spirituale, ma quest'epoca che è stata così ostile all'umanità, sta svanendo. Siamo sulla soglia di un cambiamento e la Chiesa deve essere pronta a rispondere. Tutte le mie conversazioni e i miei incontri mi dicono che il nostro Paese [il Regno Unito] ha bisogno di una Chiesa che sia una porta d'accesso allo Spirito Santo, che capisca e prenda il suo posto nella società.

È fondamentale comprendere di cosa deve occuparsi il Sinodo, e di cosa non deve occuparsi. Il Sinodo non mira alla salvezza della Chiesa. E’ il mondo che si tratta di salvare. Se non capiamo che questo è il suo scopo, allora diventerà un'esperienza chiusa in se stessa e falliremo la nostra missione nel mondo. Papa Francesco sottolinea che il Sinodo implica "il discernimento dei tempi in cui viviamo, in solidarietà con le lotte e le aspirazioni di tutta l'umanità", al fine di realizzare la missione della Chiesa in un mondo de-sacralizzato. Il suo compito è "proclamare e stabilire fra tutti i popoli il Regno di Cristo e di Dio" (Lumen Gentium).

Camminando insieme, invitiamo lo Spirito Santo a lavorare attraverso di noi, popolo di Dio, nella vita quotidiana, a tutti i livelli e in tutte le società. Per questo motivo, Francesco ha scritto che il Sinodo "non è un parlamento o un sondaggio d'opinione", non deve essere confuso con il Sinodo generale della Chiesa d'Inghilterra. Piuttosto, nei nostri cuori, in ogni diocesi e in ogni nazione, questo "camminare insieme" significa solo dare nuova linfa alla nostra vocazione. Ognuno di noi è chiamato a un ruolo spiccatamente cristiano, secondo i propri doni e le proprie capacità, nel rinnovamento sociale e spirituale del nostro Paese.

La DSC mostra che ci sono tre tipi di potere: il denaro, lo Stato e le relazioni, quello che gli esseri umani costruiscono insieme. Le chiese devono contribuire a generare questo potere relazionale per resistere alle tendenze disumanizzanti del denaro e del potere statale. Il potere relazionale deve essere al centro della nuova formazione di cui la Chiesa ha bisogno. Solo il rinnovamento delle relazioni in loco può portare all'emergere di una nuova politica della grazia. Solo questo porterà a un nuovo accordo per il bene comune.

L'individualismo è un ostacolo alla grazia. Troppi cristiani sono bloccati in un modello consumistico: si va in chiesa, si prende qualcosa e si torna a casa. Troppo spesso nella vita cristiana manca la comunione dell'amore e del sostegno reciproco. Una donna mi raccontava di aver lottato per due anni con un terribile debito. Andava a Messa tutte le settimane, ma non ne aveva parlato ad anima viva. Perché in quella parrocchia non c’era una cultura per cui ci si conosce, ci si mostra veri, si ama e ci si sostiene?

Per sviluppare il potere relazionale, dobbiamo diventare una Chiesa relazionale. Ciò richiede di rivedere la nostra concezione: la "chiesa" è qualcosa di più di un'istituzione, di un luogo di culto. Si tratta di concepire la chiesa come una comunità di credenti impegnati in un luogo, ma rivolte verso il mondo, che vivono in amorevole amicizia con gli altri del quartiere e che si impegnano a costruire relazioni locali, personali e istituzionali. Il bisogno di queste relazioni è particolarmente forte nei posti che sono stati abbandonati politicamente, economicamente e spiritualmente.

Per essere in relazione con i nostri vicini, dobbiamo sentirci di casa insieme. Una Chiesa in declino è lontana da un rapporto con gran parte della popolazione. In particolare, troppa parte della Chiesa in Gran Bretagna, come troppa parte della nostra politica, ha sofferto del dominio della classe media. Quando accogliamo la diversità, dobbiamo includere la diversità di classe. Altrimenti, trarremo delle conclusioni sbagliate. Quando sentiamo Papa Francesco invocare una "Chiesa povera per e dei poveri", dobbiamo ricordare che i "poveri" non sono solo gli indigenti ma anche le comunità della classe operaia, che comprendono etnie diverse e diverse opinioni politiche. Francesco ha ragione ad insistere sul fatto che la Chiesa ha bisogno di essere evangelizzata dai poveri. Per essere ricettivi a questa evangelizzazione, i cattolici della classe media devono essere aperti a costruire il bene comune con persone provenienti da contesti educativi e socio-economici diversi, e resistere alla tentazione di essere padroni del proprio spazio.

Se vogliamo dare un contributo positivo al processo sinodale, dobbiamo trattarlo come qualcosa di più di una questione interna alla Chiesa. Deve essere visto come un nuovo modo di essere "Chiesa", di fare spazio al Regno di Dio, di essere l'incarnazione dell'amore in un mondo profanato. L'istituzione della Chiesa è al servizio della Missio Dei, non è fine a se stessa. Un Sinodo strumentalizzato e guidato da un'agenda fallirà. Ma uno vissuto con umiltà, grazia e apertura allo Spirito Santo potrebbe trasformare il mondo.

Non si tratta di vincere una discussione. Dobbiamo ascoltare le voci di tutta la Chiesa e smettere di essere tribali. Tutti, anche coloro che non ci piacciono e con cui siamo fondamentalmente in disaccordo, hanno un ruolo da svolgere. Noi, il popolo di Dio, abbiamo bisogno di fidarci l'uno dell'altro, sia che siamo laici, religiosi o ordinati. È necessario ripristinare la fiducia non solo tra laici e vescovi, tra laici e clero, ma anche tra il clero. Questo è difficile nel contesto del declino e sulla scia degli scandali degli abusi e delle loro coperture, ma è essenziale se vogliamo avere "un orecchio [per] ascoltare ciò che lo Spirito dice" (Apocalisse 2, 29). Dobbiamo ascoltare le altre tradizioni cristiane con apertura e rispetto. Dobbiamo imparare da coloro che appartengono ad altre fedi e dai nostri vicini non religiosi: Dio parla e agisce attraverso tutti i tipi di persone. Se siamo ancorati a Cristo, questo arricchirà, non indebolirà la nostra tradizione religiosa.

L'arcivescovo Malcolm McMahon (Liverpool), al termine del processo sinodale iniziale al presentare il piano pastorale, dichiarava: "Non potremo tornare agli affari come sempre, dobbiamo riporre la nostra fiducia in ciò che Dio sta facendo". "L'unica cosa che sappiamo del futuro è che non sarà lo stesso di adesso... se camminiamo l'uno con l'altro nel nome del Signore, allora anche lui starà camminando con noi: potremmo scoprire che nostri cuori si stanno stranamente riscaldando mentre ciò accade. Sono tempi entusiasmanti; mi spingerei a dire che questo è il giorno più importante nella vita della Chiesa di questo millennio. Dobbiamo diventare la Chiesa che Dio ci chiama ad essere".

Perché il processo sinodale raggiunga il suo scopo, dobbiamo essere aperti alla trasformazione, sia a livello personale che collettivo. Ogni parrocchia deve discernere la propria identità di popolo radicato in loco, in relazione con i vicini e con Dio. Per resistere alle tendenze disumanizzanti che danneggiano la nostra vita comune, dobbiamo affermare la nostra natura trascendente di esseri umani incarnati e aprirci alla realtà della Trinità: arrendendoci al primato di Dio, accogliendo l'aiuto dello Spirito Santo, accettando nelle nostre vite la grazia del nostro Signore e salvatore Gesù Cristo. Papa Francesco ha avvertito: "Se lo Spirito non è presente, non ci sarà Sinodo". Quindi, dovremo essere sempre in attento ascolto e chiederci ogni giorno: "Signore, cosa vuoi da noi?". Se non riusciamo a camminare insieme su questa strada, la Chiesa continuerà a declinare, a non vivere la sua vocazione. Un processo sinodale in un momento come questo non è solo un esercizio ecclesiale. È una chiamata a rinnovare il mondo.

Vedi, A Synod for the World

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