Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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La caduta dei mercanti e l’apocalisse dell’occidente

Niamey 15.05.2017 Mauro Armanino Tradotto da: Jpic-jp.org

Guai, guai, immensa città, tutta ammantata di bisso, di porpora e di scarlatto, adorna d’oro, di pietre preziose e di perle! In un’ora sola è andata dispersa sì grande ricchezza. (Ap. 18, 1- 24) La profezia dell’Apocalisse era per la città di Babilonia, simbolo del potere oppressore, la grande prostituta, perché preferisce “le cose” alle “persone”. Usare i testi sacri come minaccia è fuori luogo. Ascoltarli come monito è saggezza in questo tempo in che lo sfruttamento del pianeta, i cambi climatici, le migrazioni, i conflitti marcano un cambio negli orizzonti della comunità umana.

Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci: carichi d’oro, d’argento e di pietre preziose, di perle, di lino, di porpora, di seta e di scarlatto; legni profumati di ogni specie, oggetti d’avorio, di legno, di bronzo, di ferro, di marmo; cinnamòmo, amòmo, profumi, unguento, incenso, vino, olio, fior di farina, frumento, bestiame, greggi, cavalli, cocchi, schiavi e vite umane.

I mercanti hanno il tempo contato da sempre. Una manciata di giorni o poco più. Coltivano illusioni, costruiscono supermercati e inventano l’illegalità. Sono i principali ideatori dei campi di concentramento che hanno accompagnato il declino della civiltà occidentale. Esportano mercanzie di scarso valore e creano paradisi fiscali per aiutare il meccanismo di espropriazione della democrazia. Commerciano su tutto e di tutto determinano il prezzo e la durata prevista. Risorse naturali, terre, fiumi, oceani e deserti sono nel catalogo aggiornato della spoliazione totale della vita. Della schiavitù sono diventati specialisti fin dall’inizio e continuano ad aggiornarne i contorni e le possibilità. Non si sono accorti che il loro tempo è ormai scaduto. Sono stati giudicati e condannati in contumacia come i fabbricanti d’armi.

I mercanti e quanti a loro somigliano hanno terminato il tempo dell’inganno. Sono anch’essi vittime del naufragio al quale hanno costretti migliaia di umani che solo commerciano un futuro differente. Si sono rinchiusi dietro fili spinati e difesi da muri di cartone. Non servirà perché arriveranno da ogni parte per ritagliare porte d’ingresso e finestre sul mare. I mercanti saranno occupati a comprare e a vendere ai cittadini ciò di cui non hanno affatto bisogno. La pubblicità sarà messa nella pattumiera delle cose che hanno perso importanza. Al posto dei supermercato ci saranno giardini botanici e panchine per chi non ha tempo da perdere nei negozi. I mercanti hanno il tempo contato. Nessuno crede più alle loro promesse di felicità a prezzi scontati. Alcuni di loro, per salvarsi, hanno scelto di tornare alla terra.

Tutti i comandanti di navi e l’intera ciurma, i naviganti e quanti commerciano per mare se ne stanno a distanza, e gridano guardando il fumo del suo incendio: “Quale città fu mai somigliante all’immensa città?”. Gettandosi sul capo la polvere gridano, piangono e gemono: “Guai, guai, immensa città, del cui lusso arricchirono quanti avevano navi sul mare! In un’ora sola fu ridotta a un deserto! Anche i mercanti della terra piangono e gemono su di lei, perché nessuno compera più le loro merci (Ap. 18, 17ss)

Guardano il fumo e le macerie delle mercanzie ormai inutilmente accatastate nella polvere. Registri dei profitti, le piazze d’affari, le banche di credito e le agenzie di notazione, inutili ricordi di un tempo travolto dal reale. Gli altri mercanti hanno scelto di tornare a fare gli operai e i controllori di biglietti sui treni pendolari. Stanchi dopo il lavoro saranno seduti accanto all’ultimo migrante sbarcato con l’uniforme di scaricatore di porto in mobilità. Spazzeranno le strade dopo la notte bianca che si era celebrata in città. Gli ultimi mercanti faranno la fila davanti alle vetrine appositamente conservate coi prezzi da liquidazione. C’è chi si è reso disponibile a servire i pasti alla mensa dei senza dimora fissa.

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