Iniziato nel 2001 in Brasile, il Forum Sociale Mondiale (FSM) congrega, in ciascuna delle sue edizioni, decine di migliaia di partecipanti con più di mille attività (workshop, conferenze, attività artistiche) su vari argomenti (sviluppo sociale, economia solidale, ambiente, diritti umani, democrazia). A anche se volte, come in questo del 2016, rimane oscurato per altri eventi mondiali, le Olimpiadi ad esempio, il FSM resta il più grande raduno della società civile nella sua ricerca di soluzioni ai problemi del nostro tempo.
I 12 FSM tenuti finora si sono svolti a Porto Alegre (Brasile) nel 2001, 2002, 2003; a Mumbai (India) nel 2004; ancora una volta a Porto Alegre nel 2005; nel 2006, per la prima volta si celebrò tenuto in contemporanea a Bamako (Mali), Caracas (Venezuela) e Karachi (Pakistan); nel 2007 fece il su primo incontro con l’Africa (Nairobi - Kenya); nel 2009 tornò in Brasile (Belem); nel 2011 (Dakar - Senegal), 2013 e 2015 (Tunisi - Tunisia) affrontò il mondo arabo e nel 2016 a Montreal (Quebec-Canada) si spostò per la prima volta al nord del mondo.
Una carta di principi, decisa dal Consiglio Internazionale del FSM il 10 giugno del 2001, definisce le sue linee generali, i suoi valori e le regole basiche di funzionamento. Si compone di 14 articoli che descrivono il FSM come "un luogo di incontro aperto, uno spazio di riflessione, di dibattito democratico sulle idee per la formulazione di proposte, un libero scambio di esperienze e il coordinamento per un'azione efficace da parte di gruppi e movimenti della società civile". Sotto lo slogan "un altro mondo è possibile" i FMS si oppongono "al neoliberismo e al dominio del mondo da parte del capitale" e a ogni "processo di globalizzazione che venga dalle grandi multinazionali e i governi per servire i propri interessi".
Il FSM si vuole quindi "un processo di natura globale e tutte le sue attività hanno una dimensione internazionale" e dovrebbero promuovere una "globalizzazione della solidarietà che rispetti i diritti umani universali", le persone di tutte le nazionalità e l'ambiente.
Alcuni orientamenti si sono poi manifestati come limiti per l'efficacia del FSM: "I partecipanti non devono essere chiamati a prendere decisioni, con voto o per acclamazione, in quanto Forum, su dichiarazioni o proposte d'azione che coinvolgano tutti o la maggior partecome dei partecipanti e che pretendano essere del Forum come tale". Anche se si "deve assicurare alle organizzazioni e ai gruppi di organizzazioni che partecipano alle riunioni del Forum, la libertà di decidere per loro stessi dichiarazioni o azioni che vogliono realizzare", in questo modo il FSM si riduce a volte a esperienze di partecipazione e di incontro senza efficacia operativa.
Il FSM “è uno spazio plurale e diversificato, non confessionale, non governativo e non di partito" sempre destinato ad essere "uno spazio aperto al pluralismo e la diversità degli impegni e delle attività di organizzazioni e movimenti che decidono di partecipare”. E’ una dichiarazione bellissima, la conseguenza però è che lo spazio del FSM è gestito solo dal Consiglio Internazionale e dai gruppi meglio organizzati che, come logico, hanno anche una maggiore capacità finanziaria. E questo anche se si dice nell'articolo 10 che "Il FSM si oppone a tutte le visioni totalitarie e riduzioniste dell’economia, dello sviluppo e della storia ... e promuove il rispetto dei diritti umani, la pratica della democrazia reale e partecipata, con l'uguaglianza e la solidarietà nelle relazioni pacifiche tra popoli, etnie, genero e popoli, e condanna tutte le forme di dominazione e sottomissione di una persona sull’altra".
Tuttavia, il FSM "come spazio per uno scambio di esperienze, incoraggia la comprensione e il riconoscimento delle organizzazioni e movimenti che vi partecipano, apprezza i loro scambi su tutto ciò che la società sta costruendo per porre al centro dell'attività economica e l'azione politica la soddisfazione dei bisogni delle persone e il rispetto della natura". In questo modo il FSM "è un processo che impulsa le organizzazioni e movimenti che vi partecipano a situare le loro azioni, dal locale al nazionale, e a cercare una partecipazione attiva nelle sedi internazionali". Come sempre, però, le affermazioni di principio vanno verificate nelle azioni concrete. E Montreal ha mostrato il divario tra idee e realtà. A Montreal ha mancato la parola del Sud. Circa il 70% dei visa richiesti da stranieri è stato negato e la realizzazione del FSM in un paese ricco, in stagione alta, è diventato proibitivo per molti africani e asiatici. E allora una domanda diventa necessaria al termine del FSM di Montreal: "Che cosa dobbiamo fare da qui in avanti?".
La distanza tra il Forum e il Sud del mondo è ancora troppo grande e non permette di concentrarsi su strategie specifiche per risolvere i problemi globali. In molti paesi soffiano venti di instabilità, i valori democratici sembrano cadere a pezzi lasciando senza base i valori riferenziali necessari per raggiungere gli accordi di una convivenza solidaria ed giusta. La violenza del terrorismo manda in frantumi la fiducia nel dialogo e nella coesistenza delle differenze. Il linguaggio delle multinazionali crea l'illusione di un cambiamento, di una crescita di sensibilità per la giustizia sociale ed ecologica, mentre di fatto aumenta la ricerca degli interessi di parte al fine di garantire benefici per i soliti pochi.
In questo contesto, quindi, se da una parte diventa sempre più uno spazio necessario, il FSM è chiamato a far evolvere le sue strategie. Come? Attraverso approfonditi incontri tematici? Sfruttando la grande potere di influenza delle organizzazioni sociali e dei movimenti per fare del FSM uno strumento in difesa dei diritti umani e di proposte alternative? Rendere il FSM una globalizzazione della solidarietà? Ciò che certo ed è percepito da tutti i partecipanti, è che il FSM ha ancora il suo valore e deve continuare, ma deve di uscire da una certa stagnazione e recuperare la freschezza dei suoi inizi, attingendo acqua per un nuovo impegno sociale dal significato della vita, dalla storie di persone e comunità che proteggono il loro modo di vivere e perché no?, dai valori religiosi. Il capitalismo è ormai una religione, con i suoi riti di consumo e la sua mistica di desideri indotti: i sogni che si nutrono di ciò che è più profondo nell'essere umano, se si vogliono concretizzare, non possono fare a meno della dimensione religiosa e del Vangelo.
Lascia un commento