Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Papa Francesco, Padre e fratello nostro, ascolta la nostra testimonianza e il nostro grido di aiuto

Chicago 07.04.2014 Juan Pablo Pezzi, Mccj

I seminari sull’Accaparramento di terre realizzati in Perù durante il mese di marzo 2014 rimarranno come il terzo passo importante nella ricerca di una strategia globale per far fronte a questo pericoloso fenomeno.

Il primo passo è stata la nascita fra le Ong che hanno statuto speciale consultativo davanti alle Nazioni Unite di un gruppo che si interessasse a questo problema. Il secondo è consistito nella riorganizzazione del blog www.jpic-jp.org per offrire spazio a un database che permetta di raccogliere la bibliografia su Accaparramento di terre (At) - Land Grabbing Wiki- ; sono già 1.300 i titoli catalogati. Nel blog è stato aperto anche uno spazio speciale per offrire tutte le informazioni necessarie su quello che è l’At, per adesso disponibile solo in inglese.

Con la collaborazione appassionata di due giovani – Matteo Manfredi e soprattutto Elizabeth Lanzi Mazzocchini ‒ venne quindi disegnato un pacchetto di 23 moduli, colonna portante di un seminario di dieci giorni in inglese, francese e spagnolo dopo che alcune esperienze pilota permettono di definire meglio i contenuti e le dinamiche: era il terzo passo ed è quanto mi ha portato in Perù. Il programma era di fare tre seminari di tre giorni ciascuno in tre distinte località: l’accoglienza entusiasta li ha fatti diventare quattro e, se non fosse stato per il biglietto aereo di ritorno già comprato, avrebbero potuto essere sei o anche sette.

In Chincha, vicino a Lima, la capitale, si erano riuniti postulanti e teologi, due sacerdoti e due religiose, giovani di gruppi parrocchiali e animatori, una docente universitaria e alcuni contadini. Nella condivisione finale hanno confessato, con l’ingenuità del neofita, che il seminario aveva aperto loro gli occhi su una realtà sconosciuta che minaccia oggi la società intera: “Quello che più ci ha colpito –hanno detto ‒ è renderci conto che questo fenomeno dell’accaparramento di terre è già in corso e ciò mentre i contadini ignorano i loro diritti, le leggi sono ambigue e le autorità indifferenti”.

La visita a un’antica tenuta coloniale, trasformata oggi in museo, ristorante e azienda agricola, ha completato la visione storica prevista nel seminario: il nascondiglio segreto per i padroni, la cella di isolamento per punire gli schiavi rei di tentativi di fuga… ci hanno mostrato le immagini concrete di quella insensibilità umana e di quella sete di lucro che da sempre portano a opprimere i più deboli. È davvero molto diversa quella crudeltà da quella che ispira oggi le moderne imprese quando gettano sulla strada senza casa, senza terra che coltivare, senza cibo famiglie intere, comunità di indigeni e di contadini? Perchè la Chiesa non prende l’iniziativa di lanciare un appello per un’azione congiunta di tutte le forze di buona volontà per contrastare questo fenomeno?

In San Ramòn, porta d’ingresso alla foresta amazzonica, l’inizio del seminario ha registrato qualche difficoltà perché coincideva con l’inizio dell’anno scolastico. Infatti i participanti erano in gran parte professori di scuole superiori e universitari. Vi hanno preso parte anche qui due sacerdoti e due religiose, missionari laici e contadini. In questa regione il fenomeno dell’At s’intreccia con il rispetto della Madre terra e altre diversità culturali perché le comunità indigene sono ancora una parte consistente della popolazione. «Conosciamo benissimo questo fenomeno – è stato uno dei commenti ‒; il rifiuto dell’accaparramento di terre ci viene direttamente dal cuore. Per noi è come ascoltare il grido urgente e profondo della Terra che ci dice: “Difendimi per la vita futura e per le generazioni che verranno! La Terra è dono di Dio ed è sua volontà che continui a essere la casa di tutti!”».

La visita alla comunità indigena degli ashaninka ci ha fatto rimpiangere di non averli invitati al seminario. Benché il 40% di questa comunità si dedichi ad attirare turisti con il folklore e gli oggetti di artigianato, il 60% lavora nell’agricultura e soffre degli abusi e dell’esproprio della propria terra da parte delle aziende che trafficano legname. La possibile richiesta alla Chiesa istituzionale perché lanci un grido di allarme sul fenomeno, si è trasformata nell’idea d’inviare piuttosto una lettera in questo senso alle autorità ecclesiali.

Dalla foresta amazzonica siamo passati quindi ai “deserti” di Tambogrande, nel dipartimento di Piura nel nord del Paese. Qui le imprese straniere approfittano della loro alta disponibilità finanziaria per trasformarsi nei principali utenti delle preesistenti risorse della regione. I participanti al seminario –professori di scuole superiori, leader contadini, animatori parrocchiali ‒ hanno manifestato la loro principale preoccupazione: pochi ricchi si sono fatti padroni di grandi concentrazioni di boschi e deserti e trasformano immense estensioni di terra agricola in estese monoculture destinate all’esportazione. L’equilibrio ecologico è già in pericolo e la terra perde la sua principale funzione, quella di provvedere cibo alla comunità piurana e tambograndina. La televisione e le radio della zona sono venute a chiedere interviste una dopo l’altra: un gesto che indica con chiarezza quanto il problema della terra sia nel cuore della convivenza sociale. Per ora i contadini continuano a vivere sulla loro terra, ma c’è il timore che vengano sfrattati in qualsiasi momento. Senza cibo, senza terra, senza una sana ecologia e senz’acqua, per loro significherà andare incontro alla morte! Perché non fare arrivare a papa Francesco il loro grido di dolore e l’angoscia che rende incerto il loro futuro?

Da Tambogrande, con 16 ore di viaggio in auto, bus e mini-bus arriviamo alla sede del nostro ultimo seminario: Bambamarca (Cajamarca), nella provincia di Hualgayoc, nella foresta montagnosa del Perù. In questa regione si trova ubicato il megaprogetto di Conga, che sta causando conflitti sanguinosi tra i contadini e le compagnie minerarie, e causa tensioni all’interno stesso della Chiesa. Hanno preso parte al seminario animatori pastorali, religiose, sindaci della zona, giovani attivisti e leader oppositori del megaprogetto Conga. Nonostante sia ancora nella sua fase esplorativa questo progetto attenta già alla vita e all’ecosistema di tre province, mette a rischio l’esistenza di 20 lagune, 700 sorgenti d’acqua, 203 ha di pascolo, 5 micro-bacini d’acqua, 120 sistemi di acqua potabile, 60 canali d’irrigazione, minaccia tutta la biodiversità della regione e sta già lasciando senz’acqua oltre un milione e mezzo di abitanti.

Nessuna meraviglia quindi se ogni sessione del seminario veniva intercalata da interviste della televisione e delle diverse radio locali e se al terminare dell’incontro siamo stati invitati a visitare le lagune minacciate, gli accampamenti di resistenza e le opere già iniziate dalla compagnia Yanacocha conformata dalla peruana Buenaventura e dalla nordamericana Newmont.

Valli e altipiani splendidi si aprivano davanti ai nostri occhi, illuminati da un cielo azzurro e terso come solo si può trovare sopra i 4.000 metri. All’improvviso una barriera: la polizia nazionale e le guardie di sicurezza della compagnia ci sbarrano la strada. Non c’è guerra, non c’è pericolo, la strada è pubblica –ci dicono ‒ ma la zona è concessione dell’impresa Yanacocha e non è possibile transitare senza un permesso speciale. «Prigionieri nella nostra stessa terra», commentano i peruviani che ci accompagnano, tra cui tre sindaci della zona e Manuel, uno degli attivisti con 50 giudizi pendenti.

All’aeroporto di Cajamarca, sul cammino del ritorno a Lima, ci aspetta l’ultima emozione di questo mese intenso di lavori e di inconri: ci visita Edy, presidente del Fronte di difesa degli interessi, diritti e ambiente della provincia Hualgayoc, Bambamarca, e portavoce principale del Commando unitario di lotta. Nessuno meglio di lui poteva riassumere lo spirito e il dialogo di questo incontro e che sta in un messaggio che ci invia poche ore dopo e che pubblica su Facebook: “La conversazione all’aeroporto mi fa sperare che ogni giorno difficile che affrontiamo ci porta a incontrare amici e amiche alleati che ci infondono forza facendoci sentire il loro appoggio e sostegno a proseguire in questa giusta lotta per la difesa dell’acqua e della vita. Sappiate che da parte nostra, la nostra lealtà e fermezza in questa lotta è incrollabile; succeda quel che deve succeda, dicano quello che dicano, continueremo nella lotta fino alla vittoria finale. Per noi, Conga Non Va, né oggi né mai, nessuna Conga del pianeta. Non ci riposeremo finché non saremo sicuri che le nostre lagune, le nostre montagne, i nostri pascoli saranno in sicurezza”.

Non potevo non rispondergli: “Quello che abbiamo visto e quello che tu e Manuel avete condiviso con noi ci lascia molto preoccupati e impegnati nel sostenervi nella vostra lotta che è giusta e sacrosanta. La vostra lotta è la nostra. Oggi stesso partirà per Roma la lettera che insieme abbiamo redatto: Papa Francesco, padre e fratello nostro, ascolti la vostra testimonianza e il vostro grido di aiuto per la protezione della nostra Terra e di tutti i suoi figli e figlie.

 

Per conoscere cosa sia il megaprogetto Conga vedere: http://contropiano.org/archivio-news/archivio-news/in-breve/esteri/item/10060-per%C3%B9-nonostante-il-coprifuoco-la-protesta-continua

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I commenti dai nostri lettori (1)

Eugenio Grisanti con Carla 26.01.2021 Veramente grave e serio è l'appello che leggo rivolto a Papa Francesco. Fa da sfondo, all’accorato reclamo, l'esigenza tutta evangelica nella sua dirompente e sollecitante formulazione, di non lasciare i piccoli del mondo (piccoli intesi in senso veterotestamentario come i poveri di Jahwe) senza di che sostentarsi essendo la terra che essi lavorano, di necessità, perchè privi di alternative esistenziali di riscatto e di dignità, l'unico mezzo e ragione delle loro stentate e grame vite onde poter sfamare se stessi ed il loro, spesso, non esiguo, nucleo familiare. Cosicchè togliendo loro ciò che è più essenziale alle rispettive esistenze e a quelle delle generazioni ogni speranza (non propriamente intesa in senso ideologico o blochiano quanto piuttosto avulsa da ancoraggi politici "lato sensu", ma fino ad un certo punto) nel futuro che inevitabilmente sarà senza un domani! Sorga, dunque, e si levi, austera e severa, a questo punto della Storia, alta la voce dei Pastori e negli uomini di buona volontà ci si adoperi fattivamente in azioni positive, per dire basta a tante e così gravi depredazioni che in modo sommamente ingiusto svuotano tante vite di tanti milioni di fratellie sorelle, spolpati ed espropriati del loro essere uomini e di ogni dignità che l'essere Persona spetterebe per natura! A voi, apostoli del 21 secolo, testimoni di prima frontiera e in un mondo ormai senza confini nè frontiere un grazie mai abbastanza detto e proclamato deve essere detto, additandoci quel modello evangelico dell'amore di Cristo che tutti e tutto avvolge e coinvolge nel grande abbraccio misericordioso della salvezza dell'uomo e di tutti gli uomini, qui e ora se, come nel caso in esame, la situazione non tollera affatto ulteriori dilazioni. Conforme, del resto al monito del Salmista che la terra appartiene a Dio e noi a Lui: quindi, quasi per necessità ontologica e logica, come in sillogismo, anche della terra l'uomo è semplice "amministratore" e non proprietario, secondo anche il costante insegnamento dei Padri della Chiesa. Grazie, davvero!