Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Quando il silenzio genera speranza

Comboni 2000 18.10.2025 Ron Rolheiser Tradotto da: Jpic-jp.org

Che cosa puoi fare davanti all’impotenza? Che cosa puoi fare in una situazione in cui sembra che qualunque parola o azione non possa che peggiorare le cose? È allora che non fare nulla può bastare.

Per esempio, che cosa puoi fare quando ti trovi davanti a uno dei tuoi figli che non accetta più i tuoi valori o la tua fede, e ti senti impotente, incapace di dire o fare qualcosa che possa aiutarlo? Che cosa può fare la Chiesa quando si trova davanti a una società che non comprende più, né accetta, ciò che essa stessa considera sacro riguardo al matrimonio e alla sessualità, e non ha parole adeguate, spiegazioni convincenti o modi per difendersi senza apparire ristretta e fondamentalista? Che cosa può fare una persona quando è stata ferita nel corpo, nella sessualità o nell’anima, al punto da sentirsi paralizzata e incapace di andare oltre quel dolore?

Che cosa possiamo fare in queste situazioni? Niente! O, almeno, così sembra. Ma forse il nulla basta! Lasciate che spieghi.

Tutti conosciamo la sensazione di trovarci in una situazione nella quale siamo impotenti, nel senso che non possiamo cambiare nulla in modo concreto. Che cosa possiamo fare allora? Niente – se non vivere questa impotenza, portare la tensione, cercare di trasformarla in qualcos’altro, e attendere un nuovo giorno – un giorno di nuova opportunità per risolvere il dolore (che dipende molto dalla nostra capacità di amare e di avere compassione). In termini pratici, non possiamo fare nulla. Ma quel nulla può bastare!

Può sembrare fatalista, ma in realtà è l’opposto della rassegnazione. Stare impotenti, in modo biblico, davanti a una situazione significa meditare, riflettere, custodire nel cuore. Vediamo questo modello in Maria, la madre di Gesù, sotto la croce. Di fronte alla realtà della crocifissione, ella “meditava”. Che cosa stava facendo esattamente? In apparenza, nulla; ma, naturalmente, sappiamo che qualcosa di molto importante stava accadendo in profondità. Che cosa precisamente? La risposta non è immediatamente evidente.

La Scrittura ci dice semplicemente che Maria stava lì. Stare in piedi, però, indica forza. Anche davanti alla crocifissione, dunque, ella era forte, non prostrata nell’impotenza (come talvolta gli artisti la rappresentano). E che cosa diceva? Nulla. Maria non pronunciò una sola parola; non, credo, perché non volesse protestare, ma perché non c’era nulla che potesse dire in quel momento che avrebbe cambiato qualcosa. Sotto la croce, era impotente: non poteva fare nulla per fermare la crocifissione, né poteva difendere l’innocenza di suo Figlio. Non protesta, non cerca di spiegarsi davanti agli astanti. È impotente. Silenziosa. Non c’è protesta. Tutto ciò che può fare è meditare: portare la tensione, restare in silenzio in mezzo all’incomprensione, al pregiudizio e alla gelosia, e cercare di generare da tutto questo il suo opposto: comprensione, compassione e amore.

Questo concetto – meditare, portare silenziosamente la tensione per trasformarla – è insieme importante e consolante. È importante perché, come sappiamo, spesso ci troviamo in situazioni simili a quella vissuta da Maria sotto la croce. Ci sono momenti in cui tutto ciò che ci è più caro viene frainteso o “crocifisso”, e siamo impotenti di fronte a questo. In quei momenti siamo inadeguati, muti. Che cosa possiamo dire? Che cosa possiamo fare? Nulla, se non meditare. Come Maria sotto la croce, possiamo vivere senza risposte, senza poterci giustificare, senza poter risolvere, portando ciò che sembra insopportabile.

Può essere fecondo questo? Sì. Quando l’insopportabile è portato, si crea uno spazio perché le cose si risolvano più tardi, grazie a nuove circostanze e a una forza nuova. Nel frattempo, accettiamo di portare la tensione – non per il gusto di soffrire, né solo perché il fuoco della tensione può forgiare un’anima nobile, anche se può farlo – ma per tramutarla in qualcos’altro. Tutto il dolore che non trasformiamo, lo trasmetteremo. Maria non fece questo errore. Neppure Gesù. Essi meditarono. Meditare, portare l’insopportabile, significa attendere dentro la tensione affinché la nostra anima cresca e non restituisca ferita per ferita, amarezza per amarezza, odio per odio.

Questo può essere consolante da sapere. Spesso siamo troppo severi con noi stessi per le nostre inadeguatezze. In molte delle situazioni più intime e dolorose della nostra vita, non siamo in grado di aggiustare le cose, di essere all’altezza o di redimere la situazione. A volte non c’è nulla da fare… ma quel nulla può bastare, come per Maria sotto la croce. A volte tutto ciò che possiamo fare è stare in piedi, in silenzio, con forza, portando una tensione sopportabile, aspettando che il nostro cuore compia ciò che le nostre azioni non possono: trasformare l’incomprensione in comprensione, la confusione in luce, la rabbia in benedizione e l’odio in amore.

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Vedere, When Doing Nothing is Enough

Il Padre oblato Ron Rolheiser è Professore di Spiritualità presso l’Oblate School of Theology e conosciuto autore. È possibile contattarlo tramite il suo sito web.. www.ronrolheiser.com - Facebook www.facebook.com/ronrolheiser

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