Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Ripensare il problema della migrazione a partire dall'esperienza personale

Giornata internazionale dei diritti umani 10.12.2021 Margaret Henderson Tradotto da: jpic-jp.org

Papa Benedetto nella sua prima enciclica suggeriva che giustizia e carità, pur non essendo la stessa cosa, non dovrebbero escludersi a vicenda. Non solo, ma in modo abbastanza esplicito, sottolineava che mentre la giustizia dovrebbe essere un impegno dello stato e dell'organizzazione statale, la carità sarà sempre uno spazio aperto per le persone di fede.

Ho appena lettola vostra newsletter di dicembre sull'integrazione (Siamo davvero onesti quando parliamo d’immigrazione?), a cui potrei forse contribuire con qualche informazione aggiuntiva.

Verso l'anno 2000, il governo del Regno Unito decise che avrebbe inviato il maggior numero di suoi richiedenti asilo a Glasgow, un'area che non aveva mai avuto un gran numero d’immigrati, tranne i fuggitivi dalla carestia irlandese di patate di 150 anni prima, che inoltre sembravano degli scozzesi. In breve tempo, ci furono problemi poiché la gente del posto era del tutto impreparata a un simile afflusso multirazziale e un giovane curdo fu purtroppo assassinato.

Stavo ancora lavorando a Londra quando lessi di questa situazione ma,poco tempo dopo, appena presi il pensionamento anticipato,decisi di trasferirmi a Glasgow perché pensavo di poter, forse, contribuire un po'all’impegno di rendere la città più accogliente per i richiedenti asilo.

Scopersi un movimento chiamato Integration Networks e ne rimasi immediatamente ispirata.(Si trattava delCentral and West Integration Network è un ente di beneficenza scozzese che lavora con individui e gruppi per sostenere richiedenti asilo e rifugiati, lavoratori migranti e persone di etnie nere o minoritarie, lavorando con tutte le comunità per promuovere l'integrazione, nel centro della città e nel suo West End e oltre Glasgow. Leggi altre informazioni).

Questo accadeva nei giorni in cui il governo del Regno Unito dichiaravala politica del “nessuna integrazione, nessundiritto al lavoro,nessun insegnamento dell'inglese.L’Integration Networks è sempre stato in gran parte sostenuto da volontari, ma il consiglio comunale di Glasgow fu sempre di supporto e fornì finanziamenti per l'affitto di locali, per le spese amministrative e le autorizzazioni necessarie per una protezione da ingerenze poliziesche.

Le sette aree della città con le maggiori concentrazioni di richiedenti asilo avevano ciascuna un Integration Networks separato, ma tutti si incontravano regolarmente per scambiare idee suquanto funzionava bene. Mi coinvolsi nella rete di integrazione a Govan, un'ex area di costruzione navale, allora con un’alta disoccupazione e povertà. Scopersi che ciò che la rete stava facendo era stimolante e molto aperto all'adattamento e al miglioramento. C'erano lezioni di lingua inglese, ma anche classi in cui la gente del posto poteva conoscere la cultura dei migranti. La danza africana e il tamburo erano particolarmente popolari! Gli est europeierano inclusi nelle lezioni d’inglese e c'erano eccellenti feste su larga scala per osservare, ad esempio, laGiornata della nazione polaccacon giochi sociali tradizionali. C'era un Open Day settimanale con attività artistiche e artigianali e uno Sportello d’Ascolto in cui chiunque poteva scoprire come ottenere consigli più specialistici su tutti i tipi di problemi. Ogni settimana, fino a quando le norme di salute e sicurezzanon hanno vietato l'attività, c'era un pasto cucinato da uno dei gruppi nazionali, ad esempio dai nigeriani. Il cibo era sempre un ottimo punto di discussione e i cuochi apprezzavano i complimenti!

Ho scritto dell’Integration Networksal passato per 2 motivi: il mio coinvolgimento si è concluso quando ho avuto tanta responsabilità per l'allestimento e la gestione di un centro d’accoglienza notturno. Mi resi conto che non potevo fare entrambe le cose correttamente. Posso citare, tuttavia, una delle signore richiedenti asilo che mi disse: "Ero solita sedermi da sola nella mia stanza e fissare il muro e piangere. Ora, grazie all'Integration Network, ho amici e sorrido tutto il tempo!" Il secondo motivo è che le attività delle reti hanno dovuto cambiare notevolmente a causa del Coronavirus. Ma questa è forse una grande occasione per affrontare una domanda: come dice il Cardinale nel suo discorso alla città di Milano, "una semplice accoglienza e un qualche tipo di alloggio" non sono forse "molto diversi da un vero processo di integrazione"? Allora, come cambiare la nostra "semplice accoglienza" che nasce dalla carità o dal buon cuore di esseri umani, come dovrebbe cambiare ogni "tipo di alloggio" fornito dal Governo secondo il diritto internazionale per diventare un vero e proprio "processo di integrazione"?

A quel tempo, "c'erano problemi perché la gente del posto era del tutto impreparata al grande afflusso multirazziale e un giovane curdo fu stato purtroppo assassinato". Oggi la gente dei paesi ospitanti sono forse meglio preparati per l’arrivo di una marea ancora più grande d’immigrati di così tante culture e lingue diverse? 

I governi, da dove provengono i migranti, non dovrebbero forse essere coinvolti ed essere resi responsabili del fenomeno? Ad esempio, questi governi hanno il diritto di ricevere il sostegno economico secondo molti accordi internazionali. Perché non usarne una parte, "per elaborare un percorso di integrazione multirazziale che consideri la reale integrabilità"delle diverse etnie di entrambe le parti, delle persone che arrivano e di quante  le accolgono, come suggeriva il cardinale Martini?

Può sembrare solo un'idea provocatoria, ma mentre "l'inferno è lastricato di buone intenzioni", la mancanza d’azione perpetua l'ingiustizia da entrambe le parti.
 

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