Vol. 8 - N° 5

Gpic Notizie dal Blog di Gian Paolo ? Vol. 8 - N 5

IN EVIDENZA NEL MESE

Il silenzio di Dio cura il futuro

Perché il Signore sembra tacere? Perché l'Onnipotente non si manifesta con lo sfolgorio della Sua onnipotenza? Perché quella Sua apparente indifferenza davanti alla tragedia della nostra vita? E' proprio vero che Gli stiamo a cuore? Che siamo importanti per Lui? (Libera lettura di alcune parole di Carlo Maria Martini - Messaggio per l’anno 1996-1997).

Non c'è da stupirsi che gente di fede si faccia queste domande in tempi di tragedia come questo: stanno nel cuore e inquietano, rendono pensosi e in ricerca. Eppure Dio sta dalla nostra parte e partecipa al dolore per il male che devasta la terra. Egli non è spettatore disinteressato o giudice freddo e lontano.

Dio soffre per noi e con noi, per le nostre solitudini, la nostra incapacità di amare e di risolvere i problemi. La sofferenza divina non è incompatibile con Dio: è la sofferenza dell'amore che si fa carico, la compassione attiva e libera, frutto di una gratuità senza limiti. Nel cammino della vita, alla luce del Vangelo, il Dio di Gesù Cristo ci appare come il Dio capace di tenerezza e di pietà fino al punto da soffrire con il mondo e per i peccati del mondo.

Un Dio che non rinnega mai i suoi figli. Un Dio umile, che manifesta la Sua onnipotenza e la Sua libertà proprio nella Sua apparente debolezza di fronte al male. Un Dio che per amore accetta di subire il peso del peccato, e del dolore che il peccato introduce nel mondo. Nella morte di Gesù sulla croce, Dio ci dice quanto bene può nascere dal male, quanta vita dalla morte.

La contraddizione non sta in Dio, ma nel nostro continuo voler essere gratificati da tutti e da tutto, a cominciare da Dio. Forse ci tocca capire che il mistero di un Dio morto e risorto è il centro del Vangelo e della nostra fede, e la chiave dell'esistenza umana! Continua a leggere

UNA BELLA NOTIZIA

In un forum di "Le Monde", un gruppo di scrittrici e accademiche europee, tra cui Annie Ernaux, Elena Ferrante, Julia Kristeva e Cristina Comencini, ha chiesto ai governi a mostrare solidarietà e rispetto per i valori comuni del continente durante il ricostruzione che seguirà necessariamente la pandemia di Covid-19.

Il Collettivo di scrittrici e accademiche, 10 aprile 2020, Le Monde

Ecco l'appello: "Esigiamo che si lascino da parte gli egoismi nazionali"

Dalle case in cui siamo confinati, da queste case che sono state i nostri spazi di vita e di attenzione per secoli, da queste case alle quali torniamo ogni giorno dopo il lavoro per prenderci cura delle nostre famiglie, da queste case noi scriviamo ai governi e ai governanti dell'Europa.

Non stiamo chiedendo, di fronte alla tragedia di questa pandemia del Covid-19 che ci colpisce tutti, stiamo esigendo che si lascino da parte gli egoismi nazionali, che l'Europa sia unita, solidalea e responsabile. Le donne abbiamo sempre mostrato grande forza nel reagire e nel tenere insieme le famiglie, nutrendole e prendendocene cura. Lo abbiamo dimostrato durante l'ultima guerra mondiale, lo mostriamo oggi, insieme agli uomini, nell'affrontare la pandemia: siamo presenti in massa nelle attività attualmente autorizzate.

A differenza dell'era postbellica, questa volta noi donne ci siamo. Ci siamo su un piano di parità, e vogliamo che la ricostruzione sia fatta secondo i requisiti e i valori inscritti nella nostra storia, nelle nostre esperienze che sono state per troppo tempo trascurate. L'epidemia ha rimesso al centro della nostra vita il corpo umano, la famiglia, le relazioni, la solitudine, la salute, le relazioni tra generazioni, tra l'economia e le persone. Se l'Europa riuscirà a far fronte a questo shock, sarà perché questi valori, che sono stati finora rinchiusi nella sfera "privata", stanno in diventando valori pubblici. Stanno combattendo la diffusione della malattia, stanno - speriamo - vincendo.

L'Europa deve ricostruirsi su questi valori, sulla forza e sulle capacità delle donne, deve dare vita a un grande progetto comune che tenga conto di queste priorità. Separate l'una dall'altra nelle nostre case, noi donne, siamo unite in questa volontà comune.

Firmatarie:

Signataires : Ursula Apitzsch, politologue et sociologue, université de Francfort, Cornelia Goethe Centrum ; Bojana Bratic, traductrice, Serbie ; Cristina Comencini, écrivaine et réalisatrice, Italie ; Marcella Diemoz, physicienne, Institut national de physique nucléaire, Italie ; Dubravka Duric, poétesse et chercheuse, Serbie ; Annie Ernaux, écrivaine, France ; Elena Ferrante, écrivaine, Italie ; Ute Gerhard, sociologue, université de Francfort ; Lena Inowlocki, sociologue, université de Francfort ; Julia Kristeva, linguiste, psychanalyste, philosophe et écrivaine, France ; Dacia Maraini, écrivaine, Italie ; Gertrude Moser-Wagner, artiste, Autriche ; Laura Pugno, écrivaine, Italie ; Annalisa Rosselli, économiste, Académie des Lyncéens, Italie.

Vedi anche, Gli “euroburocrati” e gli accademici invocano l’Europa della solidarietà contro quella degli egoismi sovranistici e anche Coronavirus, Yunus: "Non torniamo al mondo di prima"

UNA BRUTTA NOTIZIA

Vivere per strada non è quarantena

La ONG presso l'ONU, Working Group to end Homelesness (WGEH nella sigla inglese Gruppo, ringrazia l'ONU, e in particolare la Commissione per lo Sviluppo del Consiglio Economico e Sociale (ECOSOC) per il recente impegno a terminare con la carenza di alloggi in tutto il mondo, ed estende la sua gratitudine a tutti gli Stati che già hanno incluso i senzatetto nei loro piani di aiuti per il COVID-19. In questa opportunità, chiedono che sia data "Una risposta forte e ponderata alle interazioni dell'essere senza un alloggio con il COVID-19" per garantire che 'nessuno sia lasciato da parte' mentre si applica l'Agenda-2030 dell'ONU per gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili.

La ONG presso l'ONU GLTS-WGEH è consapevole che le persone che vivono senza fissa dimora sono particolarmente vulnerabili alla pandemia del COVID-19. Il coronavirus ha conseguenze potenzialmente devastanti per coloro che vivono senza una casa o in centri di accoglienza affollati, dove non possono mettersi in quarantena, lavarsi le mani o proteggersi come è stato chiesto a tutti di fare.

Leilani Farha, relatrice speciale dell'ONU sul diritto ad una Abitazione Adeguata, fa notare giustamente che “L'abitazione è diventata oggi la prima linea di difesa contro il coronavirus. La casa è mai come oggi una questione di vita o di morte”. Come si può mantenere la distanza, lavarsi le mani, indossare maschere o guanti, isolarsi o mettersi in quarantena, quando non si hanno né una casa né le risorse necessarie per vivere? Eppure, dobbiamo riconoscere che coloro che dormono per strada fanno parte delle nostre comunità e che non saremo mai al sicuro e in piena salute se non lo sono anche i nostri simili più vulnerabili. Continua a leggere

CELEBRIAMO!

Per conservare il ricordo

Il giorno dei defunti si celebra in generale durante il mese di novembre, ma durante il tempo  di questa pandemia è una realtà di tutti i giorni. Il video El día de los muertos che ricorda quel giorno, muto e corto, intreccia il gesto tipico abbastanza universale in ricordo dei defunti dei fiori sulla tomba con l'esposizione di teschi e scheletri, con i giochi infantili e i dolci speciali, le danze e le musiche esoteriche che sono usanza dei paesi dell'América Latina. E perfino con la certezza delle culture africane e di chi crede che i morti continuano presenti nella vita dei vivi: basta saperne cogliere i segni. E' triste il ricordo di tanti cari che il Covid 19 strappa dalla nostra vita, insieme a tante altre malattie che in questo periodo di emergenza fanno pagare il prezzo di essere trascurate. Ma è bello e fonte di conforto pensare che i defunti sono invisibli ma non assenti dalla nostra storia, hanno lasciato la terra ma la non la vita e forse sono nella pace più dei vivi. Il sorriso della bimba alla conclusione del video richiama alla memoria le parole che sant'Agostino mette sulle labra della madre Monica, appena morta: Se mi vuoi bene non piangere. Per vedere il video El dia de los muertos  

AGIAMO!

Prima di tutto, salviamo vite!

Il Comitato Civil Society Action del COVID-19 ha rilasciato, il 7 aprile 2020, una Dichiarazione alla società civile mondiale (Global Civil Society Statement) in difesa dei migranti e i rifugiati manifestando le sue preoccupazioni su come si sta trattando i migranti e i rifugiati durante la pandemia.

La pandemia di COVID-19 sta incidendo gravemente sulle risorse economiche e riducendo drasticamente la qualità della vita di tutti nel mondo. Tuttavia, i migranti e i rifugiati vivevano in precarietà già prima dell'inizio di questa pandemia che sta solo peggiorato la loro situazione. La comunità globale dovrebbe stringersi solidale intorno a loro e sostenere la causa della loro protezione.

Il Comitato Civil Society Action vuole, con questa dichiarazione, delineare i principi che dovrebbero essere presi in considerazione quando si affrontano le problematiche dei migranti e dei rifugiati e offrire suggerimenti e consigli specifici su come ridurre la diffusione del virus tra le loro comunità.

Troppi dimenticano che i migranti e i rifugiati sono attivamente presenti nella forza lavoro, anche se storicamente è stato spesso negato loro il diritto ad una attenzione e a misure di sicurezza adeguate.

Durante questo periodo, si chiede ai datori di lavoro di assicurare ai propri dipendenti misure precauzionali di sicurezza come disinfettanti per le mani e altri mezzi che aiutino a prevenire la diffusione del virus, come guanti e maschere. Questi mezzi devono essere forniti anche ai migranti e ai rifugiati perché continuare a trascurarli, specialmente durante questo periodo difficile, mettendo in pericolo direttamente la loro salute e il loro benessere? Continuare la lettura

CONOSCERE GLI OBIETTIVI SS

Obiettivo 15: La vita sulla terra

Proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi terrestri, gestire in

modo sostenibile le foreste, contrastare la desertificazione, arrestare e invertire il degrado dei

suoli e fermare la perdita di biodiversità.

La biodiversità è un presupposto per lo sviluppo dell’uomo e degli altri esseri viventi nonché degli ecosistemi. Le statistiche mostrano tuttavia una costante riduzione della biodiversità e una perdita delle superfici boschive. La perdita delle foreste minaccia il benessere umano in quanto tocca soprattutto la popolazione povera delle campagne, tra cui comunità indigene e locali. La biodiversità e le foreste contribuiscono alla riduzione della povertà, per esempio garantendo la salute e la sicurezza alimentare, mettendo a disposizione acqua e aria pulite, immagazzinando le emissioni di CO2 e fornendo una base allo sviluppo ecologico.

L’obiettivo 15 mira a proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile degli ecosistemi. Entro il 2020 il disboscamento dovrà essere fermato e le foreste danneggiate dovranno essere ripristinate. Il rimboschimento dovrà essere incrementato in modo significativo a livello mondiale. Inoltre entro il 2030 dovrà essere combattuta la desertificazione e le superfici colpite da tale fenomeno, oltre che da siccità e inondazioni, dovranno essere risanate. Per quanto concerne la protezione della diversità delle specie, l’obiettivo 15 richiede misure urgenti volte a fermare il bracconaggio e il commercio di specie animali e vegetali protette.

Fatti e cifre

Foreste

• Circa 1,6 miliardi di persone, tra cui circa 70 milioni di popoli indigeni, dipendono dalle foreste per il proprio sostentamento.

• Le foreste ospitano oltre l'80% delle specie animali, vegetali e di insetti del pianeta.

• Tra il 2010 e il 2015, il mondo ha perso 3,3 milioni di ettari di aree forestali. Le donne dello zone rurali vivono in condizioni di povertà, dipendono essenzialmente dalle risorse collettive e sono in modo speciale colpite da questa perdita.

Desertificazione

• 2,6 miliardi di persone dipendono direttamente dall'agricoltura, ma il 52% della terra utilizzata per l'agricoltura è parzialmente o gravemente colpita dal degrado del suolo.

• La perdita di terre agricole è oggi da 30 a 35 volte più veloce del tasso storico.

• A causa della siccità e della desertificazione, ogni anno si perdono 12 milioni di ettari (23 ettari al minuto) di terre coltivabili, che avrebbero potuto produrre 20 milioni di tonnellate di grano.

• Il 74% dei poveri del mondo è direttamente interessato dal degrado del suolo.

Biodiversità

• Il bracconaggio illegale e il traffico di animali selvatici continuano nonostante gli sforzi per eliminarli e sono quasi 7000 le specie di animali e piante trafficate in 120 paesi.

• Delle 8.300 razze animali conosciute in tutto il mondo, l'8% è scomparso e il 22% è minacciato di estinzione.

• Delle oltre 80.000 specie esistenti, meno dell'1% è stato studiato ai fini del loro uso.

• Il pesce fornisce il 20% dell'apporto proteico a circa 3 miliardi di persone. Dieci specie costituiscono circa il 30% delle catture effettuate dalla pesca marittima e 10 specie rappresentano circa il 50% della produzione acquicola.

• Oltre l'80% del cibo umano è fornito dalle piante. Tre colture di cereali - riso, mais e grano - rappresentano il 60% dell'apporto calorico globale.

• Quasi l'80% delle persone delle aree rurali nei paesi in via di sviluppo usa medicine vegetali tradizionali per le cure di base.

• I microrganismi e gli invertebrati svolgono un ruolo essenziale in termini di servizi eco sistemici, ma i loro contributi sono ancora poco compresi e riconosciuti.

Mete dell'obiettivo 15

1: Entro il 2020, garantire la conservazione, il ripristino e l’utilizzo sostenibile degli ecosistemi di acqua dolce terrestri e dell’entroterra nonché dei loro servizi, in modo particolare delle foreste, delle paludi, delle montagne e delle zone aride, in linea con gli obblighi derivanti dagli accordi internazionali

2: Entro il 2020, promuovere una gestione sostenibile di tutti i tipi di foreste, arrestare la deforestazione, ripristinare le foreste degradate e aumentare ovunque, in modo significativo, la riforestazione e il rimboschimento

3: Entro il 2030, combattere la desertificazione, ripristinare le terre degradate, comprese quelle colpite da desertificazione, siccità e inondazioni, e battersi per ottenere un mondo privo di degrado del suolo

4: Entro il 2030, garantire la conservazione degli ecosistemi montuosi, incluse le loro biodiversità, al fine di migliorarne la capacità di produrre benefici essenziali per uno sviluppo sostenibile

5: Intraprendere azioni efficaci ed immediate per ridurre il degrado degli ambienti naturali, arrestare la distruzione della biodiversità e, entro il 2020, proteggere le specie a rischio di estinzione

6: Promuovere una distribuzione equa e giusta dei benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche e promuovere un equo accesso a tali risorse, come concordato a livello internazionale

7: Agire per porre fine al bracconaggio e al traffico delle specie protette di flora e fauna e combattere il commercio illegale di specie selvatiche

8: Entro il 2020, introdurre misure per prevenire l’introduzione di specie diverse ed invasive nonché ridurre in maniera sostanziale il loro impatto sugli ecosistemi terrestri e acquatici e controllare o debellare le specie prioritarie

9: Entro il 2020, integrare i principi di ecosistema e biodiversità nei progetti nazionali e locali, nei processi di sviluppo e nelle strategie e nei resoconti per la riduzione della povertà

a: Mobilitare e incrementare in maniera significativa le risorse economiche da ogni fonte per preservare e usare in maniera sostenibile la biodiversità e gli ecosistemi

b: Mobilitare risorse significative da ogni fonte e a tutti i livelli per finanziare la gestione sostenibile delle foreste e fornire incentivi adeguati ai paesi in via di sviluppo perché possano migliorare tale gestione e per la conservazione e la riforestazione

c: Rafforzare il sostegno globale per combattere il bracconaggio e il traffico illegale delle specie protette, anche incrementando la capacità delle comunità locali ad utilizzare mezzi di sussistenza sostenibili

Visitare la pagina web Obiettivo 14, dove si trovano anche video interessanti sull’argomento.

CONTINUARE A SPERARE

Era l’11 marzo del 2020

Era l’11 marzo del 2020, le strade erano vuote, i negozi chiusi, la gente non usciva più.
Ma la primavera non sapeva nulla. Ed i fiori continuavano a sbocciare. Ed il sole a splendere.
E tornavano le rondini. E il cielo si colorava di rosa e di blu.
La mattina si impastava il pane e si infornavano i ciambelloni. Diventava buio sempre più tardi e la mattina le luci entravano presto dalle finestre socchiuse.
Era l’11 marzo del 2020.

I ragazzi studiavano connessi a internet. E nel pomeriggio immancabile l’appuntamento a tressette dei più vecchi. Fu l’anno in cui si poteva uscire solo per fare la spesa. Dopo poco chiusero tutto. Anche gli uffici. L’esercito iniziava a presidiare le uscite e i confini.
Perché non c’era più spazio per tutti negli ospedali. E la gente continuava ad ammalarsi.

Ma la primavera non lo sapeva e le gemme continuavano ad uscire.
Era l’11 marzo del 2020.

Tutti furono messi in quarantena obbligatoria. I nonni le famiglie e anche i giovani. Allora la paura diventò reale. E le giornate sembravano tutte uguali.
Ma la primavera non lo sapeva e le rose tornarono a fiorire. Si riscoprì il piacere di mangiare tutti insieme. Di scrivere lasciando libera l’immaginazione. Di leggere volando con la fantasia.
Ci fu chi imparò una nuova lingua. Chi si mise a studiare e chi riprese l’ultimo esame che mancava alla tesi. Chi capì di amare davvero separato dalla vita.
Chi smise di scendere a patti con l’ignoranza. Chi chiuse l’ufficio e aprì un’osteria con solo otto coperti. Ci fu chi diventò dottore per aiutare chiunque un domani ne avesse bisogno.
Fu l’anno in cui si capì l’importanza della salute e degli affetti veri. L’anno in cui il mondo sembrò fermarsi. E l’economia andare a picco.
Ma la primavera non lo sapeva e i fiori lasciarono il posto ai frutti. E poi arrivò il giorno della liberazione. Eravamo alla tv e il primo ministro disse a reti unificate che l’emergenza era finita.
E che il virus aveva perso. Che gli italiani tutto insieme avevano vinto. E allora uscimmo per strada. Con le lacrime agli occhi. Senza mascherine e guanti. Abbracciando il nostro vicino come fosse nostro fratello.
E fu allora che arrivò l’estate. Perché la primavera non lo sapeva. Ed aveva continuato ad esserci.
Nonostante tutto. Nonostante il virus. Nonostante la paura. Nonostante la morte.
Perché la primavera non lo sapeva. Ed insegnò a tutti la forza della vita (Irene Vella). Vedi anche il video con musica e il video con lettura

 La primavera dell’anima arriva quando vuole, non segue una stagione, ma dà i suoi frutti quando un cuore si risveglia allo sbocciare di una nuova emozione (S. Shan)

DA RIFLETTERE

Risposte globali agli impatti socio-economici del Covid-19

Con l'aumento del numero di casi del coronavirus, aumentano anche le preoccupazioni per gli effetti a breve e lungo termine sui gruppi più vulnerabili come le donne, i giovani, i lavoratori immigrati e le tante persone con lavori precari in tutto il mondo. Un rapporto delle Nazioni Unite (ONU): “Shared Responsibility, Global Solidarity: Responding to the socio-economic impacts of COVID-19 (Risponsabilità Condivisa, Solidarietà Globale, Risposta agli Impatti Socio-economici del COVID-19)”.

Questo rapporto, publicato nell'aprile di quest'anno, descrive in dettaglio come alcuni gruppi di persone saranno colpiti in modo sproporzionato dalla pandemia e dalla quarantena. Al loro centro, c'è il gruppo demografico che rischia di essere maggiormente colpito, quello delle donne. "Il fatto che le donne sono più del 70% degli operatori sanitari, le espone a maggiori rischi di infezione”, dice il rapporto. “L'attuale crisi mette a rischio la lotta per la parità di genere e aggrava la femminilizzazione della povertà, la vulnerabilità alla violenza e la disuguale partecipazione delle donne alla forza lavoro”.

Un peso sulle donne

Le donne rappresentano i tre quarti degli operatori sanitari a livello mondiale, ma ciò non significa che ricevano il rispetto che meritano. Un rapporto dell' Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) - marzo 2019-, sostiene che le donne nonostante svolgano un ruolo cruciale nel campo della salute, continuano a soffrire vari tipi di abusi e dimenticanze da parte della società; basta citare - ma non solo- lo status inferiore che si assegna loro nei posti di lavoro retribuiti, e non retribuiti, il loro essere soggetto di pregiudizi e molestie di genere. Allo stesso tempo, la necessità di prendersi cura dei figli può limitare la loro capacità lavorativa durante una pandemia. Secondo il Centre for American Progress, migliaia di professioniste della salute hanno in questo momento almeno un figlio di età inferiore ai 14 anni, e si trovano quindi in difficoltà per trovare il tempo di lavorare e prendersi cura della famiglia.  Continua la lettura

RISORSE

Lo specchio della pandemia

Il corona virus ha messo il mondo su una croce. La chiusura di scuole e negozi, il drammatico picco di disoccupazione, la precipitosa caduta del mercato azionario e le discussioni sulla recessione hanno creato un clima globale di panico, ansia, paura e depressione. Non è improbabile che il tasso di suicidio aumenti, mentre aumenta la disperazione.

Mentre i post su Facebook di amicizia, poesie e i messaggi tipo " in questo siamo tutti insieme" sono utili e ci rassicurano per un momento dicendoci che non siamo soli, il fatto è che i sentimenti di solitudine esistenziale e isolamento continuano oppressivi. Gli studenti universitari completano ora i loro corsi online, a casa loro e sentono ansia, solitudine, il sentimento di essere disconnessi dagli amici e dalle relazioni sociali, che è quanto rende memorabile la vita della scuola. Potrebbe essere questa la prima volta nella storia che si ottengono lauree è online. La vita è diventata distrofica e non siamo sicuri se la tecnologia è nostra amica o nemica.

È difficile guardare in faccia le minacce esistenziali e discutere razionalmente su come andrà a finire. La verità è che il futuro ci è sconosciuto, è imprevedibile; le cose possono peggiorare molto prima di migliorare, oppure possono migliorare temporaneamente o semplicemente rimanere nel flusso e riflusso dell'incertezza. E' ancora più preoccupante che si stia aspettando che la crisi "passi" per tornare alla "normalità" di prima. Supponiamo che la vita ricomincerà "come al solito", una volta trovato il vaccino per debellare COVID19. Va bene, ma cos'è "il normale?"

Ed ecco forse la vera e grande realtà che ci guarda negli occhi; non abbiamo strumenti sociali, psicologici, spirituali / religiosi, politici o economici per affrontare il crollo, il caos e lo squilibrio che segnano la nostra era attuale. Siamo diventati così totalmente condizionati dalla moderna struttura dell'individualismo e dei sistemi meccanicistici, i cosiddetti sistemi oggettivi, controllabili, gestibili e redditizi, che qualsiasi disordine sembra un'imperfezione superflua da rimediare rapidamente. Continua la lettura

TESTIMONIANZA

La advocacy della pandemia Covid-19

L'Advocacy re-attiva è quella che ci "costringe" ad intervenire perché il problema o i problemi sono già presenti. Usiamo quindi l'advocacy per rispondervi, cercando di affrontare o ridurre il loro impatto. Le migliori advocacy re-attive sono quelle richieste dalla realtà perché "ci costringono" ad agire tutti insieme, perché nessuno può evitar il problema, perché il problema va più in là del potere dell'individuo singolo, di un'organizzazione e persino di uno stato. La pandemia di Covid-19 è sicuramente una di queste realtà.

Ogni advocacy deve avere i poveri ed emarginati al suo centro e deve essere portata avanti per e con essi. Possiamo quindi vedere come un "dono" che nasce dalla sofferenza umana le risposte d'advocacy re-attiva che fioriscono ovunque in favore delle categorie trascurate e perfino scartate della nostra società globale.

Il 23 marzo, il segretario generale delle Nazioni Unite (ONU) Antonio Guterres ha fatto appello per un cessate il fuoco globale. Ha esortato tutte le parti in conflitto a deporre le armi per consentire ai paesi dilaniati dalla guerra di combattere il nemico comune, la pandemia del corona virus. Ha rinnovato il suo appello il 2 aprile perché "Il peggio deve ancora arrivare. La tempesta Covid-19 sta arrivando in tutti questi teatri di conflitto" e "la furia del virus illustra la follia della guerra".

Facendo eco alle sue parole, Papa Francesco ha inviato un messaggio in diretta streaming da Roma a un mondo in quarantena (Vedi qui il video) dicendo: "Mi unisco a tutti quelli che hanno ascoltato questo appello e invito tutti a seguirlo, mettendo fine a tutte le forme di ostilità bellicosa, promuovendo la creazione di corridoi umanitari, l'apertura alla diplomazia e l'attenzione a coloro che si trovano in una situazione di massima vulnerabilità". Continua a leggere

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