Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Kalulu ed il grande Spirito della Foresta

Newsletter Missionari Comboniani 03.08.2023 Equipe dei Missionari Comboniani Tradotto da: Jpic-jp.org

Vusi era un uomo onesto ed un gran lavoratore. Aveva disboscato un grande pezzo di brughiera e lo aveva trasformato in un bellissimo campo fertile. Si era sposato con Duduzile e ne era nata una bella bambina, alla quale avevano dato il nome di Thembelihle. Storia popolare del popolo Zulu, Sudafrica, che racconta come un amore costante ottiene sempre una risposta.

Per alcuni anni Vusi e Duduzile vissero felici. Desideravano avere un figlio che li aiutasse nei lavori agricoli; ma la sua assenza era compensata dall'operosità della figlia che, crescendo, si rendeva sempre più utile nei lavori domestici mentre i genitori coltivavano i campi.

Un giorno, però, la sfortuna si abbatté sulla felice famigliola: Thembelihle fu colpita da un incantesimo nefasto, pronunciato da una strega ubriaca. Una notte, mentre l'anziana donna tornava a casa barcollando da un villaggio vicino dove aveva bevuto troppa birra e ballato freneticamente per tutto il tempo, inciampò nella zappa di Vusi. Cadendo a terra tra le stoppie, maledisse il proprietario della zappa urlando con la sua voce arrugginita: "Che il primo e l'ultimo dei tuoi figli rimangano muti come una giraffa finché un'azione stupida come quella che mi è accaduta stasera non le ridoni la parola".

Thembelihle era, ovviamente, il primo e l'ultimo rampollo. All'età di sei anni, improvvisamente, smise di parlare, ridere, piangere e cantare. Vusi e Duduzile erano desolati e non avevano idea di come fosse potuta accadere una disgrazia così grande. Per quanto si sforzassero non riuscivano a strapparle una parola.

Gli anni passarono e la bimba divenne una bella ragazza così brava e laboriosa che molti giovani cominciarono a farle la corte. Venivano a trovarla con i vestiti più sgargianti, ballavano le danze più allegre e cantavano le canzoni più tristi... Ma Thembelihle non parlava, non cantava, non rideva e non piangeva. I giovani si sentivano desolati e scoraggiati. "Cosa potremo ricavarci", si dicevano, "da una moglie che non è in grado di rallegrarci quando torniamo stanchi dal lavoro e che non ha canzoni per i nostri figli?". Uno dopo l'altro, tutti si dimenticarono di Thembelihle tranne Mandla, un giovane che provava profonda compassione per la ragazza ed i suoi genitori.

Il giovane decise di fare qualcosa ed una notte andò nella foresta per chiedere aiuto allo Spirito della Foresta. Pregò con voce forte ed accorata, ma nessuno rispose. Era inverno. Tutte le piante erano inerti e senza foglie ed anche lo Spirito della Foresta era immerso in un sonno profondo. Non ricevendo risposta, la preghiera del giovane si trasformò in grida disperate.

A un certo punto gli sembrò di sentire qualcosa.

"Perché disturbi il mio sonno?", chiedeva una voce arrabbiata. Mandla tremò di paura. Si voltò verso la pianta d’euforbia da cui sembrava provenire la voce: guardò con attenzione, ma non riuscì a vedere nessuno. Ai piedi della pianta c'era una buca, la tana di Kalulu, la lepre, ma Mandla non pensò affatto che la voce potesse essere quella dell'astuto animale.

Pensando che lo Spirito della Foresta avesse finalmente risposto alle sue preghiere, si gettò in ginocchio: "Spirito potente, ascoltami, ti prego e Parlami!", implorò Mandla. "Il grande spirito ti ascolta", rispose la lepre con voce rauca, rimanendo nascosta nella sua tana e trattenendo a stento una risata.  

Mandla raccontò la storia della sfortunata Thembelihle e pregò lo spirito di aiutarlo a restituire alla ragazza la facoltà di parlare. "Se ogni giorno offrirai agli spiriti verdura e frutta fresca, soprattutto papaie, vicino a questa pianta d’euforbia, farò tutto il possibile per aiutarti", rispose la voce. “Ora lasciami alle mie meditazioni!".

Mandla tornò a casa ancora tremante di paura, ma con il cuore pieno di gioia per la promessa d’aiuto del grande Spirito della Foresta. Nel frattempo Kalulu, la lepre, scoppiava in una fragorosa risata per essere riuscito a diventare lo spirito della foresta.

Ma non riusciva a riaddormentarsi. Si mise invece a pensare e ricordò che una notte, quando era molto giovane, un piccolo scarabeo gli aveva raccontato d’aver sentito un'anziana donna pronunciare una maledizione contro il proprietario d’una zappa: "Che il primo e l'ultimo dei tuoi figli siano muti finché una stupida azione ridoni loro il potere di parlare".

All'epoca, il leprotto non aveva dato importanza a ciò che gli aveva detto l'amico, anche perché sua madre gli aveva insinuato che il piccolo scarabeo era ormai rimbambito e buono solo per la cena di una gallina d'India. Ora pensò a lungo a quella storia.

Appena spuntò l'alba, chiuse la porta della sua tana e si diresse verso la casa di Vusi. Lo trovò a zappare nei campi con la moglie. "Vedo che avete molto lavoro", disse ai due contadini. "Penso che avete bisogno d’una mano. Sto cercando lavoro e mi accontenterei di poco, quanto basta per vivere. Mi permettete di aiutarvi?". "Sei troppo giovane per il lavoro dei campi, non credi?", rispose Vusi, e poi, "come posso fidarmi che tu non mangerai i miei cavoli non appena io giro la testa? Ho già conosciuto altri della tua tribù e tutti sono finiti dalla parte sbagliata del coltello".

"La mia condotta è irreprensibile", rispose la lepre fingendo una punta di risentimento, "e sono molto più forte di quanto sembri. Datemi una zappa e vedrete!". E cominciò a zappare, facendo volare la terra. "Bene!", disse Vusi, "sembri abbastanza forte. Ti assumo per una settimana, poi vedremo".

Ogni giorno Kalulu andava a lavorare nei campi, a mungere le mucche ed a dare da mangiare ai maiali. Quando erano presenti Vusi e sua moglie, nessuno avrebbe potuto desiderare un lavoratore più diligente. Quando c'era Thembelihle, invece, sembrava fare di tutto per creare problemi: rovesciava il secchio del latte fresco, camminava con i piedi infangati sul bucato steso al sole, lasciava che i maiali andassero a rovistare nell'orto, strappando i fagiolini nuovi e calpestando le zucche ancora in fiore.

Molte volte la ragazza aprì la bocca per rimproverarlo, ma non una parola usciva dalla sua bocca e Thembelihle si allontanava sconsolata. Kalulu era anche lui sempre più dispiaciuto, perché ogni giorno trovava nuove offerte ai piedi dell'euforbia e non poteva dare nulla in cambio.

Nel frattempo, Mandla, nascosto dietro un enorme baobab, continuava a spiare la ragazza, per vedere se lo Spirito della Foresta rispondeva alla sua preghiera. Ma anche lui ormai era di giorno in giorno sempre più triste e sconsolato.  

Un giorno Vusi e la moglie decisero di andare al villaggio a vendere verdure e uova fresche. Prima di partire dissero alla figlia di piantare cavoli. La lepre l’avrebbe aiutata.

Mentre lavorava Kalulu si scervellava: "Che posso fare? Mi sento davvero in debito con quel giovane". Preso da questi pensieri, piantò un cavolo a testa in giù, con le radici in aria e le foglie sepolte nella terra.

"Che cosa stupida ho fatto!", pensò la lepre non appena se ne rese conto: la sua mente si illuminò come colpita da un fulmine. Da quel momento, con molta attenzione prese a piantare tutti i cavoli a testa in giù. Thembelihle intanto continuava il suo lavoro senza guardarsi intorno finché non raggiunse la fine del solco. Raddrizzò allora la schiena dolorante e contemplò le file di cavoli che avevano appena piantato.

Sul suo volto apparve di colpo tutta la disperazione del mondo. "Cosa stai facendo, stupido animale?", gridò con rabbia, "Che ti salta in mente di piantare i cavoli a testa in giù?".

Non appena si rese conto di ciò che le era successo, si coprì la bocca con le mani. Le era tornata la parola.

Come un fulmine, Mandla sbucò da dietro il baobab, gridando e ridendo, ebbro di felicità.

Poi, mano nella mano, la giovane coppia corse a cercare i genitori per dare loro la buona notizia. La lepre rimase là in piedi, zappa in mano, ad ammirare i cavoli piantati a gambe all'aria. "Ma guarda com’è la gente!" borbottò Kalulu, ridendo soddisfatto. "Ecco il grande Spirito della Foresta in persona e non gli dicono nemmeno grazie! Speriamo almeno di trovare ancora qualche bella papaia sotto l'euforbia".

Vedi, Kalulu and the Great Spirit of the Forest

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