Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Ci siamo, il punto di non ritorno è in atto

Butembo 04.11.2024 A cura di Jpic-jp.org Tradotto da: Jpic-jp.org

Per decenni gli scienziati hanno previsto i cambiamenti climatici e gli effetti della distruzione su larga scala di habitat e specie viventi da parte delle attività umane. Per decenni gli scienziati hanno previsto la catastrofe imminente. Tutto ciò che dovevamo fare era credere nella scienza. Credere nella nostra capacità di prevedere il futuro estrapolando le tendenze.

Ma non abbiamo creduto. Non abbiamo ascoltato. Non abbiamo agito, o abbiamo agito solo marginalmente, e siamo entrati in una fase grave, inimmaginabile ed irreversibile della nostra presenza umana sul pianeta.

Filosofi come Jean-Pierre Dupuy ci hanno esortato a credere prima che sia troppo tardi, prima che la devastazione diventi visibile, perché altrimenti sarebbe stato impossibile mantenere il mondo naturale com'era.

Nel settembre 2023, il Segretario Generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha dichiarato che la nostra dipendenza dai combustibili fossili ha “aperto le porte dell'inferno”. Eccoci qui. La catastrofe è ormai visibile.

Il ciclo di distruzione della natura, del clima e delle persone è iniziato. Quattro milioni di morti sono già attribuibili al cambiamento climatico. Il 2023 è stato l'anno in cui sono stati battuti tutti i record: temperatura globale, temperatura degli oceani, perdita della copertura di ghiaccio. Mentre un settimo limite planetario, l'acidificazione degli oceani, sta per essere superato e il 2023 ha visto il collasso dei pozzi di carbonio terrestri, i ricercatori che hanno lanciato l'allarme per diversi decenni hanno adesso pubblicato un rapporto sul cambiamento climatico intitolato “Tempi pericolosi per il pianeta Terra”. Si tratta dell'ultima valutazione dell'impatto degli sconvolgimenti climatici e biologici sul pianeta e sugli esseri umani.

Ogni giorno si verifica più di un disastro climatico. I ricercatori hanno stilato un elenco non esaustivo delle principali catastrofi attribuite dalla scienza ai cambiamenti climatici solo tra la fine del 2023 e l'agosto del 2024. Da allora ce ne sono stati tantissimi. Eppure, abbiamo notato che i media tradizionali non parlano quasi più di eventi estremi, a meno che non si verifichino nel nostro proprio Paese. I media non parlano quasi mai delle inondazioni nell'Europa dell'Est o delle tempeste extratropicali che hanno inghiottito il Sahara nello Yemen o in Marocco per la prima volta in oltre 50 anni.

Il ciclo dell'acqua è stato alterato in tutto il mondo. È diventato più irregolare ed imprevedibile, causando crescenti problemi di carenza o eccedenza idrica. L'alternarsi di siccità ed inondazioni sta aumentando la percentuale di aree inabitabili. Il livello dei mari si sta innalzando più rapidamente del previsto, sommergendo gradualmente gran parte delle coste mondiali e minacciando di far sfollare centinaia di milioni di persone prima della fine del secolo. Le specie viventi si stanno estinguendo. In soli 50 anni (1970-2020), la dimensione media della popolazione delle specie selvatiche è diminuita catastroficamente del 73%. Nel Mare del Nord, i pesci di grandi dimensioni sono diminuiti di oltre il 99% in poco più di un secolo.

Il mondo come lo conosciamo sta scomparendo. Mai prima d'ora l'umanità si è trovata di fronte a uno shock di tale portata. Nessuna esperienza passata può indicare la strada da seguire. Il cambiamento climatico e la distruzione della biosfera si abbattono su di noi, ma continuiamo a voltarci dall'altra parte e a premere l'acceleratore del disastro. 

Lutto e coraggio

Come non disperare della logica in atto? Come non arrendersi di fronte al potere distruttivo dell'umanità? Accettando che dobbiamo piangere e che la nostra missione sta cambiando. All'inizio, quasi 20 anni fa, lottavamo per preservare il mondo vivente così come esisteva. Ciò che ci faceva andare avanti era l'idea di poter prevenire le perdite, di poter proteggere le specie e gli habitat dalla scomparsa. L'accelerazione del cambiamento climatico e la distruzione metodica del nostro ambiente ci costringono a piangere la perdita del mondo come lo conoscevamo. Dobbiamo riconoscere che non siamo riusciti ad avere la meglio su un sistema capitalistico finanziarizzato che trae profitto dalla distruzione della natura e dalla schiavitù degli esseri umani, che non abbiamo potuto evitare la sconcertante devastazione che condividiamo e che leader politici irresponsabili non hanno il coraggio di anticipare.

È stato doloroso, continua ad esserlo ed è accompagnato da una profonda tristezza. Ma è il nostro destino comune. Siamo costretti ad accettarlo. Poiché non saremo in grado di evitare tutte le perdite, ora dobbiamo agire per evitarne alcune e per evitare il peggio. Un mondo con un riscaldamento globale di +3,5°C non sarà affatto come un mondo con +2°C.

Ogni pezzo di terra o di mare protetto dalle attività distruttive offrirà un pozzo di carbonio essenziale per limitare i danni climatici e anche un rifugio per la biodiversità, per rigenerarsi e resistere al collasso del mondo vivente. L’urgenza senza precedenti a cui siamo confrontati come specie ci impone di raddoppiare coraggio e volontà per non abbandonare gli esseri umani e non umani al rullo compressore autolesionista delle logiche finanziarie dominanti.

La situazione può suscitare in alcuni una rabbia immensa, ma ricordiamoci: la speranza è sette volte più stimolante per l’azione contro il cambiamento climatico rispetto alla rabbia

E preparare il futuro.

La rabbia è più forte tra i giovani, poiché il loro futuro è condannato dall’inazione collettiva. I bambini nati nel 2020 dovranno affrontare fino a sette volte più eventi estremi, in particolare ondate di calore, rispetto a chi è nato nel 1960. Questa è l’ingiustizia intergenerazionale. Ed è per questa gioventù che dobbiamo moltiplicare la nostra energia e combattività; è su questa gioventù e sulla sua creatività che dobbiamo fondare la nostra speranza per aumentare e rinnovare la nostra lotta.

L’unico rischio che affrontiamo come corpo sociale è di non fare tutto il possibile per limitare le perdite e sbloccare il futuro. Il nostro ruolo è osare progettare un’organizzazione diversa della società, proporre piani che rompano con il condannato e condannante scenario del “business as usual”.

Osiamo dire a voce alta che non c’è spazio nell’avvenire per la pesca industriale. Osare dire a voce alta che le pesche climaticide come il dragaggio dei fondali, che raschia i fondali marini, le specie e le finanze pubbliche tramite le sovvenzioni che riceve, devono sparire e spariranno. Ribadiamo che questa scomparsa deve essere programmata e accompagnata affinché i pescatori non siano i soli a pagare le conseguenze delle scelte di una società che ha puntato su attività estrattive eco-cidarie e sostenute dalle energie fossili.

Crediamo nella rigenerazione degli ecosistemi e nella straordinaria capacità di resilienza della natura. Puntiamo sulla più grande creatività umana: l’innovazione sociale. Sappiamo di essere entrati in un tunnel e che l’orizzonte è oscuro, ma sappiamo anche che noi, insieme ai giovani, non abbiamo intenzione di “camminare come sonnambuli verso l’estinzione”. La lotta è appena iniziata: dobbiamo ampliare i nostri sforzi, rafforzare i nostri legami, far sentire le nostre voci e aiutare la gioventù a resistere nella battaglia. Dobbiamo sostenere gli attivisti per impedire la distruzione del principale regolatore climatico mondiale: l’oceano.

Vedi, Claire Nouvian : « Ça y est, la bascule est en cours »

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I commenti dai nostri lettori (1)

Bernard Farine 29.11.2024 Voilà un texte fort et engagé. J'en partage à la fois la dureté et l'espoir.