Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Cosa si nasconde in Pandora

Mundo Negro 04.11.2021 Gonzalo Gómez Tradotto da: Jpic-jp.org

Una fuga di notizie e un'inchiesta giornalistica rivelano investimenti dubbi nei rifugi fiscali. Li chiamano Pandora Papers, ma in realtà sono 12 milioni i file informatici trapelati da vari studi legali che, grazie a un'inchiesta giornalistica battezzata con questo nome, stanno esponendo possedimenti, società e accordi nascosti in rifugi fiscali di quasi 30.000 beneficiari.

Con questo numero di dati, non sorprende che lo scandalo colpisca ricchi di tutto il mondo, compresi alcuni africani. Nello specifico, i nomi di Uhuru Kenyatta, Denis Sassou-Nguesso e Ali Bongo - presidenti in carica rispettivamente di Kenya, Repubblica del Congo e Gabon - tra gli altri che sono stati resi pubblici, fino ad ora, poiché la pubblicazione dei risultati è ancora in corso.

Uhuru Kenyatta, secondo le indagini, insieme a sua madre e ai suoi fratelli, gestisce 13 aziende di rifugio fiscale per un valore di oltre 30 milioni di dollari. La costruzione di queste società opache, da parte di un presidente, solitamente indica attività illecite, nonostante avesse recentemente dichiarato di voler lasciare come sua eredità politica la lotta contro la corruzione e per la trasparenza. Invece, è ben noto che Kenyatta e la sua famiglia mantengono attività legate, tra gli altri settori, ai trasporti, alle assicurazioni, agli hotel e ai media.

Il presidente keniota ha avuto in ottobre il primo incontro bilaterale alla Casa Bianca con l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti, Biden, dove forse ha dovuto mandare giù un boccone amaro, poiché gli organizzatori avevano incluso i Pandora Papers nell'agenda da discutere. L'incontro già aveva incorporato questioni regionali come il conflitto nel Tigray o la disponibilità di vaccini in Africa. L'introduzione della divulgazione giornalistica fu giustificata dalla "necessità di portare maggiore trasparenza e responsabilità ai sistemi finanziari nazionali e internazionali". Dopo la pubblicazione, Kenyatta ha espresso il suo sostegno all'indagine, dicendo che avrebbe aiutato a migliorare "la trasparenza finanziaria e l'apertura che vogliamo per il Kenya e per il mondo intero", ma senza entrare nei dettagli relativi al proprio coinvolgimento.
Non solo Kenyatta

Il congolese Denis Sassou-Nguesso ha tenuto nascosta una sua società mineraria di diamanti nelle Isole Vergini britanniche. Come afferma The African Report del gruppo francese Jeune Afrique, la maggior parte delle rivelazioni non sono sorprendenti. Molti dei politici citati erano già sospettati di nascondere le loro fortune all'estero, e il caso di Sassou-Nguesso, che governa il suo paese ininterrottamente dal 1997, non fa certo eccezione. Un altro sospettato sui Papers è il presidente del Gabon, Ali Bongo, che è succeduto a suo padre in carica; la sua famiglia controlla il paese da mezzo secolo ed era già stata indagata per corruzione.

Sebbene avere conti o beni all'estero non sia di per sé illegale, la loro esistenza in paesi noti come paradisi fiscali a causa dei loro bassi livelli  di prelievi fiscali e della segretezza suggeriscono motivazioni illecite: evasione fiscale o riciclaggio di denaro che alla fonte hanno attività dubbie. Alcune delle personalità più ricche di alcuni paesi africani vogliono evitare la loro pubblica responsabilità, motivo per cui, secondo The African Report, gioca molto l'interesse per la segretezza e la protezione contro indagini penali.  Qualcosa da apprezzare di queste fughe di notizie è che il periodo analizzato copre diversi decenni di evasioni deliberate e d’omissioni di informazioni.

Alcuni rilevanti politici africani menzionati nell'inchiesta giornalistica sono Patrick Achi, Primo Ministro della Costa d'Avorio; Jim Muhwzi, Capo del Ministero della Sicurezza ugandese; e Aires Ali, ex primo ministro del Mozambico. La maggior parte di loro ha optato per il silenzio, anche se Achi ha negato qualsiasi illecito e ha promesso di rispondere dettagliatamente alle accuse. È un alleato di Ouattara, che alcuni vedono come un possibile successore, e aveva portato avanti iniziative per punire le frodi ai fondi pubblici.

Curioso è anche come i ricchi africani nascondano i loro soldi all'estero, ma pochissimi ricchi di altri paesi lo facciano nei paradisi africani, con alcune eccezioni come le Seychelles o Mauritius. Forse gli stati africani non offrono l'affidabilità dei banchieri di Panama, delle Isole Vergini britanniche o delle Bahamas, anche se, come dimostrano le fughe di notizie, è difficile che un segreto duri per sempre.

Oltre agli africani, un totale di 35 governanti o ex governanti sono stati implicati nei giornali: 14 dell'America Latina. Tra le figure citate rilevanti a livello mondiale ci sono l'ex primo ministro britannico, Toni Blair; il Re Abudllah II di Giordania; il primo ministro ceco, Andrej Babis; il presidente dell'Azerbaigian, Ilham Aliyev, e diversi personaggi pubblici non legati alla politica, come la cantante colombiana Shakira.

Nel luglio di quest'anno, 130 paesi in tutto il mondo hanno firmato un accordo per creare una tassa minima globale per le multinazionali, che è stata fissata a un minimo del 15%, come un modo per riscuotere le tasse da società nei paesi dove realizzano profitti, non solo nel paese dove si trova la loro sede fiscale. Tra i firmatari, ci sono una ventina di paesi africani, ma alcuni molto importanti come il Kenya o la Nigeria non hanno firmato. Altri paesi che si sono rifiutati di firmarlo sono, appunto, quelli considerati paradisi fiscali per la loro bassa aliquota fiscale.

Vedere Lo que Pandora esconde

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