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Sud Sudan. Nuova maxi truffa sulla pelle dei cittadini

Rivista Nigrizia - Nairobi 11.10.2022 Bruna Sironi Tradotto da: Jpic-jp.org

Il rapporto ‘Cash Grab’ (The Sentry) documenta uno scandalo finanziario per un miliardo di dollari che per tre anni ha privato la sofferente popolazione di carburate, cibo e medicine, arricchendo i conti esteri della leadership politica e militare. Un debito con le banche che ora sarà lo stato a dover ripagare

Continuano le ricerche del centro studi americano The Sentry (La sentinella) tra gli affari e gli interessi finanziari dei paesi più instabili dell’Africa, con lo scopo di capire, e smascherare, chi guadagna dalle e nelle situazioni critiche e conflittuali. Al di là e oltre i venditori di armi che se ne avvantaggiano “per mestiere”.

Uno dei paesi più indagati è il Sud Sudan, di cui The Sentry ha già denunciato diverse volte la leadership politica e militare per il modo di gestire le risorse nazionali, dimostrando come, usando strategie e modalità diverse, sia riuscita ad intascarsi i proventi, ad esempio, del petrolio e di altri minerali preziosi, e come abbia con successo messo in piedi attività che hanno lucrato in quasi tutti i campi dell’economia, in combutta con diversi complici stranieri, anche grazie ai quali ha potuto trasferire all’estero il maltolto.

Per approfondire, si consiglia di leggere The Taking of South Sudan (La presa del Sud Sudan) una serie di rapporti che si è arricchita della quinta puntata nei giorni scorsi.

Il nuovo documento, Cash Grab (Arraffare denaro) racconta uno scandalo finanziario per una somma astronomica che ha privato il paese di beni essenziali in un momento particolarmente critico per la popolazione che, letteralmente, era sull’orlo della morte per fame. Il sottotitolo è inequivocabile: How a Billion-Dollar Credit Scam Robbed South Sudan of Fuel, Food, and Medicine (Come la truffa su un credito di un miliardo di dollari ha derubato il Sud Sudan di carburate, cibo e medicine). 

I fatti si riferiscono ad una linea di credito aperta tra il 2012 e 2015 da una banca qatariota, la Qatar National Bank (Qnb), e dalla Stanbic Bank che fa parte di una holding che fornisce servizi finanziari in Kenya e in Sud Sudan.

Il prestito doveva essere usato per fornire lettere di credito a commercianti che, usandole come garanzia, avrebbero potuto cambiare in dollari la valuta sudsudanese – la sterlina sud sudanese (Ssp) il cui cambio ufficiale era allora pari a 3,16 – e pagare i beni importati una volta arrivati a destinazione.

Il paese era allora in una situazione finanziaria decisamente critica. A causa di una controversia per i diritti di passaggio del suo greggio nelle strutture petrolifere sudanesi, ne aveva bloccato l’estrazione, privandosi praticamente dell’unico bene esportato e fonte di valuta spendibile sul mercato internazionale.

Le lettere di credito avrebbero dovuto far fronte alla mancanza di dollari nel paese, permettendo così l’importazione di beni essenziali.

Nel 2012, al momento dell’apertura della linea di credito, il 37% della popolazione era sull’orlo della fame. Le cose peggiorarono drammaticamente con lo scoppio della guerra civile, nel dicembre del 2013. Nel giugno del 2015, secondo il Global Hunger Index – strumento multi-statistico che misura il livello di fame in oltre cento paesi al mondo – la maggior parte delle aree del paese erano in una situazione critica e diverse erano già da considerarsi in emergenza carestia.

Situazione molto simile nella sanità, con 4 milioni di persone che avrebbero avuto bisogno di un intervento immediato e il 20% delle strutture sanitarie impossibilitate ad intervenire per mancanza di carburante per i macchinari necessari a diagnosi e cure, e perfino dei farmaci di base.

Oggi, secondo stime delle agenzie dell’Onu competenti, sarebbero circa 7 milioni, il 60% della popolazione, i sudsudanesi sull’orlo della carestia.

Se la linea di credito avesse funzionato come programmato, la crisi finanziaria avrebbe potuto essere tamponata e si sarebbe evitato il drammatico peggioramento delle condizioni di vita della popolazione. Ma le cose andarono molto diversamente.

I ricercatori di The Sentry hanno trovato che fin dall’inizio del programma furono assegnati contratti multimilionari a compagnie straniere di facciata e a commercianti all’ingrosso senza esperienza internazionale. Molti dei beneficiari potevano essere ricondotti a esponenti della leadership, compresi familiari del presidente Salva Kiir, l’allora governatore della banca centrale, Kornelio Koriom, e diversi alti ufficiali dell’esercito.

In numerosi casi mancavano i contratti di compravendita debitamente firmati, mentre la banca centrale non aveva effettuato i dovuti controlli e il monitoraggio della realizzazione del programma. Inoltre, i documenti ufficiali visti dai ricercatori provano che ingentissime somme sono state trasferite in banche keniane e ugandesi senza le necessarie prove che fossero pagamenti di beni effettivamente ricevuti.

In sostanza, il paese era stato derubato di milioni di dollari di cibo, carburante e medicinali di base mentre la popolazione moriva, letteralmente, di fame e di malattia.

La situazione era già chiaramente descritta nel rapporto presentato al presidente e al parlamento dall’auditor generale dello stato (equivalente della nostra Corte dei conti) alla fine del 2015. Vi si descriveva la confusione procedurale che aveva facilitato la truffa ma non si nominavano i truffatori.

A seguito del rapporto non ci furono indagini e dunque nessuno ha pagato per il furto dei denari destinati al paese. Non ci sono state azioni legali, o provvedimenti politici, neppure dopo che, nell’agosto del 2021, il rapporto dell’auditor generale è stato fatto circolare sui social media.

Non a caso, nel 2021 il Sud Sudan è all’ultimo posto nell’indice della corruzione stilato annualmente da Transparency International.

Il governo sud-sudanese naturalmente non ha mai pagato il debito contratto. La Banca nazionale del Qatar ha iniziato un’azione legale presso il Centro internazionale per la risoluzione di dispute finanziarie (International Center for Settlement of Investment Disputes) e il ripianamento del debito è stato ricalendarizzato. Sarà, ovviamente, ripagato con il bilancio dello stato.

Uno stato le cui casse sono state lungamente e pesantemente saccheggiate, come denunciato un anno fa dalla Commissione per i diritti umani, secondo la quale i leader politici, militari e uomini d’affari in Sud Sudan hanno dirottato illecitamente decine di milioni di dollari.

Dunque, i sud-sudanesi sono stati derubati due volte: la prima delle risorse necessarie a rifornirli di beni essenziali, la seconda di quelle impiegate per coprire il furto perpetrato dai propri governanti. Risorse che avrebbero potuto alleviare la profonda crisi del paese e le sofferenze della sua popolazione.

Sud Sudan. Nuova maxi truffa sulla pelle dei cittadini

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