Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità<br /> del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato

Stile di lavoro per la Giustizia e la Pace.

Newark 25.12.2018 Gian Paolo Pezzi, mccj Tradotto da: Jpic-jp.org

Nella nostra società qual'è lo stile di lavoro che conviene a chi si impegna per la Giustizia, la Pace , l'integrità del Creato? (GPIC)

Il nostro fondatore Daniele Comboni, nel suo fiorito linguaggio ottocentesco diceva (Scritti N° 2701) che "Il Missionario della Nigrizia dee sovente riflettere e meditare, che egli lavora in un'opera di altissimo merito sì, ma sommamente ardua e laboriosa per essere una pietra nascosta  sotterra, che forse non verrà mai alla luce". E spiega che l'affetto e la stima che un sacerdote riceve in certi ambienti, il missionario non deve aspettarseli mai.

Le sue parole rimangono valide e profetiche ma i tempi sono cambiati e hanno risonanze differenti. Vivere tra i poveri, essere accolto a braccia aperte a chi fai del bene anche "arrivando sporco e affaticato", condividere in fraternità un pasto frugale, cantare libero da schemi con la gioia nel cuore, in terre che sembrano lontane ma che ti sono entrate nel cuore, sono segni di stima e affetto, sono valori umani, sono "ricompense". 

Visto da lontano, quando uno non vi si è mai sporcato le mani, lavorare in certi nuovi areopaghi, come le Nazioni Unite o gli organismi internazionali, può far pensare a prestigio, comodità e lustro: il missionario al servizio del Vangelo, della Chiesa, dei poveri non vi incontra, che corridoi freddi, vuoti di fede e spesso d'umanità, dove è solo un numero e la sua parola e presenza contano nulla. Essere presenza del Vangelo fra burocrati, gente che si crede importante, chiede capacità di silenzio ed umiltà. Capita, come l'altro giorno, che durante un'assemblea, la telecamera interna inquadri la ragazzina simpatica e fotogenica, ultima arrivata a cui l'oratore di turno da la parola incurante del tema e dell'esperienza, interessato solo all'immagine. Un insieme d'esperienze di vita ti invitano a tornare ad essere o ad esserlo per la prima volta una pietra nascosta  e sotterra per vivere con pace e certezza il servizio al Regno anche se affiorano ricordi pieni di nostalgia.

La visibilità è un'esigenza del Vangelo nella società d'oggi, ma è pure una tentazione a porre segni plateali che magari vanno in prima pagina o a rilasciare interviste provocatorie. Certo, c'è l'esigenza di denuncia, ma sbandierare slogan e proclami è facile. Più duro essere pietre nascoste, tenere un profilo basso per far breccia prima nelle coscienze e solo dopo nell'opinione pubblica.

Natale - dice un Messaggio ai comboniani -, è un mistero da avere sempre presente nella nostra vita come fonte di ispirazione. Come Gesù, i missionari devono passare "attraverso un processo di incarnazione che implica il farsi piccolo", e farlo oggi e qui, perché noi viviamo nel tempo e nello spazio. Oggi e qui è dove e quando Dio si fa presente: fra questo popolo e questa cultura, in questa situazione concreta, dove viviamo i nostri "momenti di gioia e di tristezza, di speranza e di delusione, di pace e di guerra", resistendo alla tentazione di cercare altrove "il posto di Dio". La nascita è più gioiosa che la morte, eppure, scrive Comboni sempre nel suo linguaggio ottocentesco, nella grotta di Betlemme "restai più commosso che sul Calvario, nel pensare alla degnazione di un Dio che si esinanì fino a nascere in quella stalla” (S 111).

Il 2019, che viene pieno di speranza come tutte le cose nuove, invita a farsi "pietre nascoste sottoterra", per essere la presenza del Dio nascosto che dal seno della storia sta costruendo il Nuovo Mondo, il suo Regno.

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