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Africa: Migrazioni. Il ritorno a casa

Newsletter Comboni Missionaires 24.10.2018 Comboni Missionaries Tradotto da: Jpic-jp.org

Di ritorno alla loro patria dalla detenzione libica, i giovani gambiani cercano di cambiare la mentalità dell'esodo migratorio. Mustapha Sallah sa tutto sulla "retrovia", espressione gambiana per la migrazione verso l’Europa, un viaggio che per molti cittadini si ferma brutalmente in un carcere libico.

Dopo aver sperimentato la detenzione, Sallah, 26 anni, ha fondato, Youths Against Irregular Migration, (YAIM-Giovani contro la migrazione irregolare) usando la radio nel suo paese d'origine, oltre a social media e al teatro di strada, per cercare di dissuadere gli altri dal seguire i suoi passi.

"La conversazione telefonica era sulle conseguenze della migrazione: è buona o cattiva?", ha commentato Sallah dopo il suo recente segmento settimanale di mezz'ora in radio Capital FM. "Un tizio ha chiamato e ha detto che l'Italia è già piena. Ci sono molte cose che puoi fare qui [in Gambia]".

Secondo la Banca Mondiale, i Gambiani costituiscono la seconda diaspora europea in proporzione alla popolazione nazionale (che è di 1,9 milioni). "Il Gambia non ha mai avuto un gruppo di rimpatriati che cercassero di scoraggiare i giovani dal viaggiare irregolarmente", ha continuato Sallah. "Siamo arrivati lì [in Libia] e abbiamo visto e sperimentato tutto, quindi quando parliamo usiamo le nostre storie. E le persone che ci incontrano, dicono che questo è ciò di cui avevamo bisogno, state davvero aiutando la nostra società".

Il Gambia sta emergendo come il banco di prova per gli sforzi internazionali volti a invertire la rotta della migrazione irregolare attraverso il Mediterraneo. Sallah era tra i 2.674 Gambiani riportati a casa dalla Libia dall'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) delle Nazioni Unite tra gennaio 2017 e giugno 2018. Queste operazioni sono diventate realizzabili, per il Gambia, solo con la caduta del regime dittatoriale del presidente Yahya Jammeh, che ha dato spazio a un governo di coalizione democratica nel gennaio 2017.

Rimangono preoccupazioni sulla capacità di assistere un gran numero di rimpatriati, ma la strategia sembra funzionare: recenti dati dell'OIM mostrano che il Gambia, per la prima volta dall'inizio della crisi mediterranea nel 2014-2015, ha abbandonato la top list di 10 delle nazionalità di migranti che arrivano in Italia. Detto per inciso, vi è un certo consenso sul fatto che a partire sembrano meno anche se non ci sono dati concreti in appoggio a questa ipotesi.

Oltre a evidenziare i pericoli della migrazione, YAIM cerca di attirare l'attenzione sui potenziali benefici del restare in Gambia. Un membro YAIM, Saihou Tunkara, un ventiduenne tornato dalla Libia con Sallah, raccomandava agli ascoltatori di Capital FM di iscriversi al corso di parrucchiere sponsorizzato dalla campagna anti-traffico "I'm Not for Sale" (Non sono in vendita). "Se avessi avuto questo aiuto in precedenza, non sarei partito per la ‘retrovia’ - ha detto dopo il programma radiofonico-. Il Gambia è un posto dove le persone non ti appoggiano per iniziare. Se sei in viaggio [verso l’Europa] allora sì ti aiutano, ti mandano denaro, ma questa non è la soluzione giusta".

La convinzione che si possa avere futuro solo in Europa è così radicata nella maggior parte dei Gambiani che molte famiglie preferiscono ancora scommettere la loro ultima dalasi (moneta locale) sulla speranza che i loro giovani riescano nel pericoloso viaggio verso l’Europa, invece di appoggiarli perché riescano a casa loro.

"Cambiare la mentalità degli sponsor [parenti e amici] di questa migrazione irregolare è la cosa più difficile. Non hanno fiducia nei giovani né nel loro paese", ricorda Sallah. Seduti nel suo affollato recinto familiare con l'amico e co-fondatore Jacob Ndow, ci spiega la genesi dell'organizzazione e il motivo per cui sperano che il loro messaggio arrivi davvero a quelli di casa.

"Il YAIM è stato pensato dai migranti nella prigione [libica]. Eravamo lì l'uno per l'altro contro le difficoltà. Tutti dicevamo che non si augurava nemmeno al peggior nemico di intraprendere questo viaggio", ha detto Sallah, che ha trascorso quattro mesi in detenzione. "Siamo stati trattati come schiavi; non abbiamo fatto il bagno per mesi, abbiamo cercato di scappare, ripresi ci hanno picchiato a sangue", ha aggiunto Ndow. "È stato allora che ho incontrato Mustapha. Anche lui era sotto castigo e non lo sopportava. In quel momento abbiamo deciso che dovevamo far sì che la gente fosse consapevole del fatto che la ‘retrovia’ è una gran brutta strada".

YAIM ha appena completato la seconda delle sue "carovane giovanili", con finanziamenti dell'Ambasciata tedesca a Banjul. Hanno viaggiato attraverso le comunità di due regioni particolarmente colpite dalla migrazione irregolare, condividendo le loro esperienze nelle piazze del mercato e nei luoghi di incontro. Una giovane donna membro di YAIM, che ha chiesto di rimanere anonima, ha raccontato durante i tour la sua esperienza di essere stata rapita e venduta. ‘La retrovia’ è un viaggio pericoloso, soprattutto per le donne. “Si deve far fronte a troppi maltrattamenti”, ha concluso.

Questi racconti sono rallegrati da esibizioni. Ndow è uno degli attori principali, cantando la canzone che ha scritto da prigioniero. Al suo ritorno ha registrato il suo singolo, “The back way isn’t an easy road” (La retrovia non è un viaggio facile), che è in costante trasmissione. "Anche i bambini e gli anziani la cantano, e questo alla fine cambierà il loro concetto sulla migrazione perché sapranno che non è una strada facile", ha concluso.

Anche tornare a casa, però, non è un'opzione facile; un altro gruppo di rimpatriati sta cercando di stabilire un proprio progetto di reintegrazione per superare lo stigma di essere un cosiddetto "migrante fallito" e così dare l'esempio. "La Libia è stata un insieme di brutte esperienze: schiavitù, torture. È stato un inferno vivente. Ma il modo in cui è considerato un rimpatriato è davvero pesante", afferma Pa Modou Jatta, un membro di Returnees From The Backway (RFTB-Ritornati dalla retrovia), anch'esso fondato in un centro di detenzione libico. "Senti di aver tradito te stesso e la tua famiglia perché avevi l'obiettivo di diventare una persona eccezionale".

RFTB ha ricevuto terreni agricoli nell'area del governo locale di Kerewan da anziani del villaggio ispirati dalla loro causa. Il grande piano è quello di creare una cooperativa agricola con altri rimpatriati e diventare un modello di riferimento per i giovani locali, e quindi diffondere l’iniziativa in altre regioni. Nessuno dei membri di RFTB è agricoltore, hanno quindi persuaso l'OIM a finanziare la propria formazione agricola. "Bisogna cogliere le opportunità per riuscire nella vita quando si danno", ha dichiarato la presidente del gruppo, Alhagie Camara.

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