Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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In Brasile, la schiavitù moderna si adatta e continua in vita

Rio de Janeiro (IPS) 27.03.2020 Mario Osava Tradotto da: Jpic-jp.org

“Il lavoro da schiavi non sta diminuendo; ha assunto nuove forme e sta crescendo; ed è penetrato in nuovi settori dove prima non esisteva", afferma Ivanete da Silva Sousa, un attivista nella lotta contro la schiavitù moderna nel nord del Brasile. Questo flagello si è esteso dall'allevamento di bestiame e dalla produzione di carbone e zucchero, e altre attività rurali, alle aree urbane: l'edilizia e l'industria tessile, i settori più colpiti.

Essendo uno dei fondatori del Centro per la difesa della vita e dei diritti umani (CDVDH), creato nel 1996, Sousa ha monitorato l'evoluzione della schiavitù moderna, caratterizzata dal lavoro forzato, ore di lavoro eccessive, condizioni degradanti e restrizioni alla libertà di movimento, che sono delitti tipificati nel codice penale brasiliano.

Il CDVDH è nato ad Açailandia, nella zona occidentale dello stato di Maranhão, perché era in questo comune di 112.000 abitanti dove prosperava il lavoro da schiavi nella produzione del carbone per l'industria siderurgica locale, che esportava ghisa, un prodotto della fusione minerale di ferro utilizzato nella produzione dell'acciaio.

Açailandia era anche il centro di smistamento di lavoratori ridotti a schiavi, poiché si trova vicino alle frontiere del Maranhão, il più grande mercato per il lavoro degradante e illegale di manodopera schiavizzata, insieme al Pará, lo stato della giungla amazzonica dove questa schiavitù moderna è una realtà abituale.

Per questa realtà, Carmen Bascarán, una laica missionaria cattolica di origine spagnola, aveva scelto Açailandia come quartier generale del CDVDH, nel suo impegno di fare qualcosa per aiutare i poveri. Era l'anima e la leader del CDVDH, che ha aggiunto il suo nome a quello del Centro quando, nel 2011, Carmen è tornata nel suo paese d'origine.

I venditori ambulanti che smerciano amache fatte nel Ceará, un stato confinante ad est, sono l'esempio più recente di questi lavoratori in condizioni di schiavitù identificati nel Maranhão, afferma Sousa parlando da Açailandia con Inter Press Service. I negozianti stanno approfittando delle norme stabilite per la "banca delle ore", adottata nella riforma del 2017 nelle leggi sul lavoro, per costringere i propri dipendenti a lavorare un gran numero di ore extra e rinunciare al loro giorno libero settimanale, senza l'obbligo di compensazione. "Le ore in più lavorate si accumulano, ma la compensazione in ore libere nei giorni successivi, come previsto dalla legge, non arriva mai", dice l'attivista che da sei anni è anche segretaria amministrativa del CDVDH. La riforma del 2017, promossa per adattare i rapporti di lavoro alle attuali condizioni dell'economia, ha offerto un'opportunità d'oro per la modernizzazione del lavoro da schiavi: "È diventato per tutti più difficile rilevare dove esiste questa schiavitù lavorativa", sostiene Sousa. Le statistiche raccolte dai diversi enti governativi impegnati nella lotta contro la schiavitù nel lavoro indicano infatti un quadro complesso che si va evolvendo nel tempo.

La Commissione per la Pastorale della Terra (CPT) della Chiesa Cattolica ha elaborato i dati raccolti dal 1995 - quando il Brasile ha riconosciuto l'esistenza del problema e ha iniziato a combatterlo sistematicamente - fino al 2019. In questi 25 anni, un totale di 54.778 lavoratori sono stati riscattati dalle autorità da questa moderna schiavitù o da condizioni degradanti di lavoro, in particolare dalla Equipe de Inspeção Móvel, che coordina personale del ministero del lavoro, della procura e della polizia. La repressione di questa schiavitù moderna si è intensificata nel periodo che va dal 2003 al 2010: ogni anno più di 3.000 lavoratori sono stati liberati, con un record di 6.001 nel 2007. Da allora il loro numero è diminuito costantemente fino ai 1.050 dello scorso anno.

In questo processo, le operazioni di riscatto che erano concentrate sulle frontiere degli stati agricoli della giungla amazzonica - Pará, Mato Grosso e Maranhão - si diffusero in tutto il paese, raggiungendo le regioni meridionali e sud-orientali più ricche e industrializzate. Dal 2006 il fenomeno, infatti, si sta espandendo verso le aree urbane, in particolare nell'industria edile e tessile.

"La scoperta del lavoro da schiavi in ​​nuove parti del Brasile e in nuovi settori d'attività hanno fatto conoscere situazioni che probabilmente esistevano già, ma che fino ad ora nessuno aveva denunciato o che non erano state sufficientemente o adeguatamente investigate", pensa Xavier Plassat, che coordina la campagna del CPT contro la schiavitù contemporanea. "Queste statistiche devono essere analizzate attentamente, poiché possono portare a conclusioni fuorvianti", avverte in un'intervista Plassat, che è un religioso domenicano.

Il gran numero di lavoratori soccorsi nel primo decennio di questo secolo, ad esempio, era dovuto alle ispezioni fatte nel settore dei zuccherifici, che identificarono di colpo centinaia di lavoratori sottoposti a condizioni abusive durante il taglio delle canne da zucchero, ha sottolineato. Questa situazione è cambiata rapidamente con la meccanizzazione del taglio della canna, imposta dai governi locali per diminuire l'inquinamento atmosferico nelle città vicine che era provocato dalla pratica di dar fuoco al fogliame delle canna da zucchero prima di iniziarne la raccolta.

Nei settori dell'allevamento di bestiame e dell'agricoltura, dove si sono trovati casi di abusivo da parte di alcuni datori lavoro, c'è stato un simile tentativo di ridurre la manodopera con la meccanizzazione e di diminuire anche l'uso di prodotti chimici nelle coltivazioni, affermato Plassat, che è francese di origine e ha vissuto in Brasile per 31 anni.

Nel settore del carbone, questa schiavitù contemporanea è stata ridotta da uno stretto controllo e dalle ispezioni innescate da molteplici denunce, nonché dalla perdita di gran parte del mercato a causa della crisi nel settore della ghisa. Infine, ha aggiunto Plassat, la recessione economica in Brasile, iniziata nel 2015, ha portato ad un'elevata disoccupazione, che ha reso meno propensi i lavoratori a denunciare gli abusi per paura di perdere il proprio ingresso anche se guadagnato in condizioni terribili di lavoro con una paga miserabile.

Le denunce, e quindi le ispezioni e le operazioni di salvataggio, sono diminuite probabilmente anche perché i datori di lavoro fanno ricorso a diverse strategie per eludere il giro di vite su questa forma di tratta di persone. "Hanno iniziato a utilizzare piccoli gruppi di lavoratori, impiegandoli a breve termine, per evitare il rischio di essere scoperti", afferma il religioso. E aggiunge che i padroni delle aziende, per sfuggire a rilevamenti aerei hanno anche abbandonato la pratica di trasportare lavoratori in grandi gruppi su lunghe distanze. In Amazzonia, per esempio, "c'è una deforestazione chirurgica, praticata su scala ridotta e in aree protette, dove le immagini satellitari non possono rilevano alcunché". Di conseguenza, si scoprono meno lavoratori in condizioni di schiavitù, anche se le operazioni di ispezione non sono state ridotte. Gli sforzi per combattere il fenomeno richiedono ora "maggiore intelligenza nelle ispezioni, ad esempio esaminando i libri delle società", suggerisce il religioso.

Anche se il governo federale ha ridotto il budget per le agenzie che combattono il lavoro da schiavi, le operazioni di riscatto continuano perché le autorità locali di alcuni Stati stanno facendo un grande sforzo, pur con risorse limitate, per risolvere il problema. Minas Gerais, Bahia, San Paolo e Goiás sono gli stati che hanno ottenuto i migliori risultati negli ultimi anni, afferma Plassat in comunicazione da Araguaina, dove vive, una città di 180.000 abitanti dello stato centrale di Tocantins, confinante con il Maranhão e il Pará, dove sono state condotte la maggior parte delle operazioni di riscatto nel primo decennio del nostro secolo.

Il CPT e il CDVDH, che fanno parte della Rete di azione integrata per combattere la schiavitù (Raice) che promuove iniziative volte a "spezzare il ciclo del lavoro da schiavi" negli stati fortemente colpiti di Maranhão, Pará, Tocantins e Piauí, sottolineano la necessità di favorire la prevenzione piuttosto che la sola repressione.

Gli sforzi adeguati per sradicare efficacemente questo nuovo tipo di schiavitù devono essere volti a risolvere i problemi di vulnerabilità e la mancanza di alternative di lavoro locali che spingono la gente alla migrazione e ad accettare impieghi da schivi e, inoltre, educare adeguatamente le vittime riscattate per evitare che ricadano in un circolo vizioso.

Vedi questo articolo Slavery Modernizes, Adapts to Stay Alive in Brazil  in IPS con i suoi riquadri sul Global Sustainability Network (GSN) e uno studio sulla schiavitù moderna condotto dall'iniziativa Walk Free della Minderoo Foundation con sede in Australia, secondo la quale ci sono 40,3 milioni di vittime di questa moderna schiavitù in tutto il mondo, di cui 369.000 in Brasile

Foto. I lavoratori producono carbone ad Andrequice, una città nello stato del Minas Gerais nel sud-est del Brasile. © João Zinclar / CPT

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I commenti dai nostri lettori (1)

Eugenio e Carla Grisanti 12.07.2021 Sempre siamo grati al Signore per i costanti, continui aggiornamenti sulle più disparate e disperate situazioni dell’”altra metà del mondo”: delle sofferenze dei CdT invisibili, dei poveri e dei disperati ,delle ipocrisie dei cd potenti cui voi missionari date voce nei vostri reports È, la vostra attività, prova ulteriore che Dio esiste per tutti e per gli inermi, in particolare, il suo amore giunge anche attraverso i mezzi di comunicazione non allineati, come il vostro reporting schierato contro le mille ingiustizie a fianco dei deboli senza odio per i potenti che, in definitiva, tali non sono e che a Dio, come del resto ognuno di noi, dovrà render conto! Grazie, veramente.