Giustizia, Pace, Integrità del Creato
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Monsignor Romero e la speranza cristiana

UCA 12.11.2025 Carlos Ayala Ramírez Tradotto da: Jpic-jp.org

I segni della disperazione sono ovunque: crisi economica, crisi alimentare, crisi ecologica, crisi energetica, crisi dei valori, crisi della famiglia; persino una crisi della speranza (ricordiamo i “profeti” della fine delle utopie). Tutte queste crisi hanno qualcosa in comune: minacciano, impoveriscono o spezzano vite.

 

La necessità della speranza

Erich Fromm, nel suo libro La rivoluzione della speranza, afferma che la speranza è paradossale: “non è né un’attesa passiva né una forzatura violenta estranea alla realtà delle circostanze che non si presenteranno. Né il riformismo stanco né l’avventurismo falsamente radicale sono espressioni della speranza. Avere speranza significa, invece, essere pronti in ogni momento a ciò che ancora non è, senza tuttavia cadere nella disperazione, se la nascita non avviene nel tempo della nostra vita”.

Secondo Fromm, le persone la cui speranza è forte vedono e favoriscono tutti i segni di una vita nuova e sono sempre pronte ad aiutare l’avvento di ciò che è in condizione di nascere. Secondo l’autore, questa è la visione messianica dei veri profeti. Essi non predicono il futuro, ma vedono la realtà presente libera dalle miopie dell’opinione pubblica e dell’autorità. Non desiderano essere profeti, ma si sentono costretti a dar voce alla loro coscienza, a dire quali possibilità intravedono e a mostrare alla gente le alternative che esistono. Monsignor Romero fu senza dubbio una di queste persone: coltivatore dei segni della vita nuova.

Una caratteristica essenziale della spiritualità di Monsignor Romero (cfr. Martin Maier, Monsignor Romero, maestro di spiritualità, pp. 148-149) è che non perse mai la speranza, nemmeno in situazioni apparentemente senza soluzione. Il suo atteggiamento non fu quello dell’accomodamento, secondo il motto: “prima o poi tutto si sistemerà”. Con Paolo, praticò la “speranza contro ogni speranza”. Collocò la sua speranza nella tradizione dei profeti di Israele. Essi non avevano annunciato una speranza a buon mercato. La speranza dei profeti si fondava sulla fiducia che Dio avrebbe guidato la storia del suo popolo verso la salvezza, attraverso tutte le rovine, tutte le infedeltà e tutte le catastrofi.

La speranza nella visione profetica di Monsignor Romero

Per Monsignor Romero, la speranza cristiana è, nello stesso tempo, promessa, impegno e attesa (cfr. Omelia del 18 novembre 1979).

Promessa: “Il popolo cristiano cammina animato da una speranza verso il Regno di Dio” (utopia).
Impegno: “La speranza risveglia il desiderio di collaborare con Dio, con la certezza che se io faccio la mia parte, Dio farà la sua e salveremo il paese” (prassi).
Attesa: “Bisogna anche rispettare le ore di Dio, bisogna saper attendere quando il Signore passa per collaborare con lui” (fiducia nella forza di Dio).

Due realtà di carattere strutturale configuravano la situazione salvadoregna durante il ministero di Monsignor Romero: l’ingiustizia sociale (affrontata nella sua 4ª Lettera pastorale, 1979) e la violenza repressiva dello Stato (affrontata nella sua 3ª Lettera pastorale, 1978). Le principali vittime di entrambe le realtà erano i poveri.

Di fronte a questa situazione che definì un “disordine spaventoso”, Monsignor Romero difese le vittime e lo fece generando speranza.

Generò speranza denunciando il peccato storico: “Quando la Chiesa ascolta il grido degli oppressi, non può fare a meno di denunciare le strutture sociali che causano e perpetuano la miseria da cui nasce quel grido” (2ª Lettera pastorale, agosto 1977).

Generò speranza reagendo con misericordia alla sofferenza: “La politica non mi interessa. Ciò che mi importa è che il Pastore deve essere dove c’è la sofferenza; e qui sono venuto, come sono andato in tutti i luoghi dove ci sono dolore e morte, a portare una parola di consolazione a coloro che soffrono” (Omelia del 30/10/1977).

Generò speranza difendendo i poveri e facendo luce sui processi di liberazione: “La Chiesa tradirebbe il suo stesso amore per Dio e la sua fedeltà al Vangelo se cessasse di essere voce di chi non ha voce, difensora dei diritti dei poveri, animatrice di ogni giusta aspirazione alla liberazione, orientatrice, promotrice e umanizzatrice di ogni lotta legittima per raggiungere una società più giusta” (4ª Lettera pastorale, agosto 1979, n. 56).

Una vita ispirata dalla speranza

Il contenuto della speranza riguarda anche un modo di vivere. Una vita animata dall’amore e dalla giustizia è fonte di speranza.

Ogni atto di amore, di coscienza e di compassione è fonte di speranza. Ogni atto di indifferenza, di menzogna e di egoismo genera disperazione: “Non cerchiamo soluzioni immediate, non vogliamo organizzare in un solo colpo una società così ingiustamente organizzata da tanto tempo; organizziamo piuttosto la conversione dei cuori. Che gli uni e gli altri sappiano vivere l’austerità del deserto, sappiano gustare la forte redenzione della croce; che non c’è gioia più grande che guadagnarsi il pane con il sudore della fronte e che non c’è nemmeno peccato più diabolico che togliere il pane a chi ha fame” (Omelia del 24/02/1980).

Un esempio di vita animata dall’amore e dalla giustizia è quello dei martiri salvadoregni. Per questo Monsignor Romero li considerò semi di speranza: “È sangue e dolore che irrigheranno e feconderanno nuovi e sempre più numerosi semi di salvadoregni che prenderanno coscienza della responsabilità che hanno di costruire una società più giusta e più umana, e che daranno frutto nella realizzazione delle riforme strutturali audaci, urgenti e radicali di cui la nostra patria ha bisogno” (Omelia del 27/01/1980).

Vedere, Monseñor Romero y la Esperanza Cristiana

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