Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità<br /> del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato
Giustizia, Pace, Integrità del Creato

Come mettere fine alla diplomazia del portafoglio all'ONU

IPS 20.12.2018 Thalif Deen Tradotto da: Jpic-jp.org

I grandi finanziatori dell'ONU, con gli Stati Uniti in testa, sono stati messi in discussione per la loro influenza e l'utilizzo abusivo del loro potere economico, non solo per mantenere le loro influenti posizioni in questo foro mondiale, ma anche per l'utilizzo della copertura di fondi come minaccia per promuovere i loro interessi nazionali.

Il governo di Donald Tramp prevede di ridurre il suo contributo al Budget ordinario dell'ONU, contributo obbligatorio, che porterebbe ad una nuova riforma del sistema di finanziamento, già suggerita nel 1989 dal primo ministro svedese Olaf Palme. Questa proposta non abbandonava la formula basata 'sulla capacità di pagamento', ma suggeriva un contributo massimo del 10% da parte di ogni paese, al fine di evitare una dipendenza eccessiva da qualche donatore.

Attualmente gli Stati Uniti contribuiscono con il 22% , il Giappone con il 9,7%, la Cina con il 7,9%, la Germania con il 6,4%, la Francia con il 4,9%, la GranBretagna con il 4,5%, l'Italia con il 3,7 %, la Russia con il 3,1%. I paesi più poveri apportano lo 0,001% ed i paesi in via di sviluppo lo 0,01% ciascuno.

Kul Gautam, ex segretario generale aggiunto e direttore esecutivo dell'UNICEF, è un grande difensore di questa proposta di cambiamento. Come prova ricorda che l'ex-segretario generale Ban Ki Moon (2007-2016) dovette modificare un rapporto che metteva in causa l'Arabia Saudita per aver attaccato dei civili nello Yemen, perchè l'Arabia Saudita minacciava di sospendere il suo contributo al finanziamento dell'ONU. Ugualmente, nel 2005, Kofi Annan (1997-2006) dovette cedere alla domanda di George W. Bush (2001-2009) , di nominare un nord-americano come direttore esecutivo dell'Unicef, nell'arco di 72 ore, senza una inchiesta appropriata. "Esempi chiari di traffico di influenza e di diplomazia dei contributi", segnala Gautam, autore del libbro recentemente publicato dal titolo “Global Citizen from Gulmi: My Journey from the Hills of Nepal to the Halls of the United Nations” (Un cittadino del mondo da Gulmi: il mio viaggio dalle montagne del Nepal agli saloni delle Nazoni Unite).

"Una migliore ripartizione dei contributi rifletterebbe meglio il fatto che l'ONU è uno strumento di tutte le nazioni", era l'argomento di Olaf Palme. Quando ci fu questa discussione, l'ONU attraversava una grande crisi a causa del ritardo degli Stati Uniti nel pagare la loro quota, da lì la proposta di una soluzione suggerita da Palme. Molti paesi avevano accettato ed il governo tedesco aveva dichiarato che Washington doveva pagare il dovuto o accettere una riduzione del suo contributo. Il segretario dello stato nord-americano George Schultz aveva allora rigettato la proposta, come ricorda James Paul nel suo libro “Of foxes and Chickens; Oligarky e Global Power in the US Security Council" (Volpi e Polli; Oligarchia e Potere mondiale al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite) e aggiunge che “Washington voleva mantenere il suo controllo e, deplorevolmente, gli altri paesi hanno preferito non aumentare la loro quota”.

Nel 2001 gli US hanno cambiato idea ed hanno accettato di pagare la maggior parte del loro debito se il loro contributo da 25% veniva ridotto al 22% e quindi mantenere il loro controllo su l'ONU. Sarà possibile modificare le quote per il futuro?

James Paul conclude che il processo, che ha condotto al cambiamento del 2001 dimostra che, se si danno le condizioni giuste, gli altri Stati membri possono essere persuasi a dare un contributo maggiore. Martin Edwards, Professore aggiunto e direttore del programma di studi dell'ONU alla Seton Hall University, afferma: "La Casa Bianca ci riporta al momento del default, con il desiderio di ridurre il suo contributo; è un buon momento per proporlo". La sfida è vendere l'idea perché l'ONU ha interesse a diversificare il proprio finanziamento e ridurre l'influenza dei suoi donatori. "Abbiamo una nuova ambasciatrice americana abbastanza inesperta come Heather Nauert che dovrà confrontarsi con controparti molto più sperimentate. Sarebbe opportuno fare la proposta, e magari lei abbocca per offrire una rapida vittoria al suo capo", commenta Edwards.

Anwarul Chowdhury, ex vice segretario generale, ricorda: "Devo dire con orgoglio che in qualità di deputato permanente e rappresentante del Bangladesh presso le Nazioni Unite, nel 1985 ho dichiarato pubblicamente e successivamente che nessuno Stato membro dovrebbe pagare più del 10% del bilancio ordinario dell'ONU. Il deficit derivante dalla riduzione del contributo degli Stati Uniti potrebbe essere compensato dai paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) e dall'elevato numero di economie emergenti a reddito medio, senza sovraccaricare i paesi con redditi deboli. "Ricordiamoci per piacere che, nel contesto di un'economia globale di $ 77 trilioni e un bilancio militare globale di $ 1,7 trilioni di dollari l'anno, il bilancio dell'ONU e la spesa per gli aiuti umanitari, la cooperazione allo sviluppo e le operazioni di pace, l'assistenza tecnica e altre importanti funzioni normali dell'ONU assommano solo a $ 48 miliardi all'anno", afferma. Il costo annuale dell'ONU, quindi, è inferiore al budget della difesa dell'India o della Francia e inferiore alla spesa mensile degli Stati Uniti. Inoltre, la base di risorse per lo sviluppo di molte attività dell'ONU si sta modificando rapidamente con il coinvolgimento del settore privato e delle fondazioni filantropiche. Molte ONG fanno sempre più affidamento sui finanziamenti comunitari e diverse forme di partenariato pubblico-privato. Queste possibilità devono essere esplorate per liberare l'ONU dalle minacce perpetue di tagli arbitrari da parte dei suoi principali finanziatori attuali. "Il primo ministro svedese si stava orientando verso un sistema fiscale che richiedesse la partecipazione progressiva dei paesi più ricchi", afferma Paul. La sua voce era ascoltata perché cercava un equilibrio tra i principi che considerava importanti, come la vitalità delle Nazioni Unite e la sua protezione dalla pressione dei principali contributori. L'idea di Palme può essere realizzata nella situazione attuale?

Vale la pena provare, suggerisce James Paul. Anche perché è urgente rivedere gli accordi che seguirono la fine della seconda guerra mondiale (1939-1945) e il conseguente ordine globale. Altri stati dovranno accettare una maggiore partecipazione per coprire il calo dei contgributi di Washington. "Sarà più fattibile se il cambiamento avviene su un periodo lungo di tempo, diciamo 10 anni. Una partecipazione più equa nelle posizioni di comando e una maggiore democratizzazione del processo decisionale potrebbero essere incentivi per gli altri paesi", aggiunge.

La scusa che i bilanci nazionali sono già troppo oberati non può essere presa sul serio perché le quote ONU ne sono solo una piccola parte, sia per i paesi poveri che per i paesi ricchi. L'accessibilità non è il problema principale. Washington potrebbe, invece, opporsi a mantenere intatta la sua influenza economica, ma è ora che il mondo adotti i cambiamenti necessari per un'istituzione che ne ha bisogno, se lo desidera. Dal 1945, il mondo è cambiato e gli Stati Uniti non possono più pretendere di esserne il 'leader'. La proposta di Palme può essere il primo passo verso i cambiamenti necessari per rafforzare l'ONU e renderlo più efficace nei prossimi anni.

Lascia un commento