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L'assenza dell'Africa come membro permanente è una "flagrante ingiustizia"

Rapporto dell'Ufficio ONU IPS 09.02.2024 Thalif Deen

Mentre l'ONU continua la sua interminabile saga sulla riforma del Consiglio di Sicurezza (UNSC), una delle anomalie politiche che continua a emergere è l'assenza dell'Africa tra i cinque membri permanenti (P5), un privilegio concesso solo a Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Cina e Federazione Russa. Il continente africano, che ne è escluso, conta 55 Stati con una popolazione totale di oltre 1,4 miliardi di persone.

Fornendo un elenco delle sue "priorità per il 2024", il Segretario Generale Antonio Guterres ha sottolineato la riforma del Consiglio di Sicurezza - un problema persistente in un'istituzione che ha quasi 79 anni - quando ha detto ai delegati, il 7 febbraio, "è totalmente inaccettabile che il continente africano stia ancora aspettando un seggio permanente". Ed ha aggiunto: "Il nostro mondo ha un gran bisogno: della riforma del Consiglio di sicurezza; della riforma del sistema finanziario internazionale; d’un impegno significativo dei giovani nel processo decisionale; d’un Global Digital Compact per massimizzare i benefici delle nuove tecnologie e minimizzare i rischi e una piattaforma di emergenza per migliorare la risposta internazionale agli shock globali complessi". Ma, rispondendo a una domanda nel corso di una conferenza stampa durante il Vertice del Sud in Uganda, Guterres ha anche criticato quella che ha definito "un'evidente ingiustizia, una palese ingiustizia, il fatto che non ci sia un solo membro permanente africano nel Consiglio di Sicurezza".

Una delle ragioni, ha detto, è che la maggior parte dei Paesi africani non era indipendente quando sono state create le istituzioni delle Nazioni Unite. "Ma nelle recenti dichiarazioni pubbliche, ho visto che i membri permanenti sono favorevoli ad almeno un membro permanente africano. Lo hanno detto gli Stati Uniti, lo ha detto la Federazione Russa, lo ha detto pure la Cina e anche il Regno Unito e la Francia".

"Quindi, per la prima volta, spero che almeno una parziale riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite possa essere possibile per correggere questa palese ingiustizia e per far sì che l'Africa abbia almeno un membro permanente nel Consiglio di Sicurezza". Ma non è garantito, ha ammonito, perché nulla dipende dal Segretario generale. "Dipende esclusivamente dagli Stati membri, dall'Assemblea generale, ma per la prima volta penso che ci siano ragioni per essere fiduciosi".

Nel frattempo, anche la regione dell'America Latina e dei Caraibi (LAC), che conta più di 670 milioni di persone, con 12 Paesi latinoamericani e 21 territori autogestiti, per lo più nei Caraibi, manca all'appello dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Martin S. Edwards, decano associato per gli affari accademici e studenteschi della Scuola di Diplomazia e Relazioni Internazionali della Seton Hall University del New Jersey, ha dichiarato: "Penso che dovremmo parlare seriamente di questioni di rappresentanza nel Consiglio di Sicurezza, ma la sfida è come passare dalla retorica a una proposta seria".

Ci sono diversi modi per inquadrare la questione, ha sottolineato. "Il G20 ha aggiunto l'Unione Africana (UA) come membro e, naturalmente, potremmo anche pensare a seggi regionali come nel caso del Consiglio per i Diritti Umani. Ma detto questo, la questione chiave è quale sia la richiesta concreta".

La posizione degli Stati Uniti è stata quella di aumentare la rappresentanza regionale senza porre il veto. "Mi rendo conto che questo potrebbe non andare così lontano come vorrebbero i sostenitori, ma dal momento che c'è già un movimento significativo in corso per delegittimare il veto, insistere sul veto metterebbe questi sforzi in contrasto".

La sfida più grande e non affrontata per tutte le proposte di riforma è che non rispettano le realtà della politica interna degli Stati Uniti. Il Senato degli Stati Uniti dovrebbe approvare qualsiasi proposta di modifica della Carta, e la finestra per qualsiasi proposta di riforma è ora in gran parte chiusa a causa della realtà del calendario elettorale statunitense, ha dichiarato Edwards.

Rispondendo a una domanda durante un briefing informativo, il portavoce delle Nazioni Unite Stephane Dujarric ha affermato che l'opinione del Segretario generale riflette l'opinione di molte persone. "C'è un intero continente in cui si svolge gran parte del lavoro di pace e sicurezza delle Nazioni Unite. E nessuno Stato membro di quel continente siede nell'organismo che discute e decide le politiche relative alla pace e alla sicurezza".

E ha parlato dell'ingiustizia verso quei Paesi ex colonie che sono stati penalizzati due volte: la prima per essere stati colonizzati e la seconda per non essere nemmeno al tavolo quando si è discussa l'architettura del sistema multilaterale. "Il modo in cui gli Stati membri decideranno di riformare il Consiglio di Sicurezza e il suo aspetto dipenderà da loro".

Purnima Mane, ex Presidente e Direttore Esecutivo di Pathfinder International ed ex Assistente del Segretario Generale e Vice Direttore Esecutivo dell'UNFPA, ha affermato che il rammarico del Segretario Generale per l'ingiustizia dell'assenza anche di un solo membro permanente africano del Consiglio di Sicurezza apre un dibattito di vecchia data sulla pertinenza del quadro originario utilizzato per la nomina dei membri permanenti del Consiglio di Sicurezza.

Ha quindi affermato che la discussione sulla rilevanza dell'attuale appartenenza permanente al Consiglio di Sicurezza non è nuova, ma non è andata da nessuna parte. La questione della rilevanza, nel mondo moderno, di una membership permanente basata su ragioni storiche è stata in qualche modo aggirata stabilendo la possibilità di una membership non permanente.

"Nei suoi commenti, il Segretario generale ha affermato che ciascuno degli attuali cinque membri permanenti ha espresso la propria apertura a questo cambiamento, ma quando la macchina si mette in strada, giungere a chiare regole di attuazione non sarà facile”.

Ha posto quindi diverse domande pertinenti: "Le attuali regole di presenza nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite saranno completamente modificate? Quante posizioni permanenti saranno create? E questa membership sarà limitata a un Paese specifico, come quella attuale, o basata su una ripartizione regionale, come l'Africa, come suggerisce il SG? E quale sarà il processo per determinare quale Paese otterrà questo privilegio e sarà a tempo indeterminato o a rotazione come per i membri non permanenti?".

Secondo lei, saranno molti gli interrogativi che emergeranno, tra cui la volontà dei cinque membri permanenti di agire su quella che il Segretario generale definisce la loro apertura all'ingresso di un Paese africano nel novero dei membri permanenti, e la risposta di altre regioni che attualmente non sono rappresentate tra i membri permanenti.

"Sapendo quanto possano essere complessi i processi all'interno delle Nazioni Unite, qualsiasi processo di cambiamento nel modello di membership è destinato ad essere lungo, complesso e contrastato da alcuni Paesi. Se si solleva la questione della giustizia e dell'equità, i Paesi membri dell'ONU potrebbero mettere in dubbio la pertinenza, nel mondo di oggi, della necessità di mantenere le ragioni storiche che hanno portato all'istituzione della membership permanente del Consiglio di Sicurezza".

Questo apre certamente la porta a una definizione più ampia di appartenenza al Consiglio di Sicurezza, mettendo in discussione la gerarchia dei privilegi che potrebbe essere considerata ingiusta nel mondo di oggi.

L'ONU potrebbe certamente trarre beneficio da una discussione di questo tipo. Anche se questa discussione comporterà processi lunghi e complessi per giungere a una risoluzione, vale sicuramente la pena di impegnarsi per garantire che l'appartenenza all'ONU sia vista come uguale, in sostanza, agli occhi di tutti i suoi membri.

Vedi, Africa’s Absence as Permanent Member a “Flagrant Injustice”

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