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Perché le missioni ONU falliscono in Africa

Deutsche Welle Website 03.01.2021 Isaac Mugabi Tradotto da: Jpic-jp.org

In Africa, gli interventi militari stranieri sono sotto i riflettori perché non riescono a porre fine ai conflitti nei punti caldi del continente. I fattori che contribuiscono a questo fiasco sono gli interessi politici interni ed esterni.

Gli interventi militari sotto la bandiera delle Nazioni Unite sono dispiegati nel continente per affrontare i conflitti armati. Tuttavia, nonostante dispongano di armi superiori rispetto ai gruppi armati sparsi in tutta l'Africa, queste missioni Onu hanno fallito e continuano a fallire clamorosamente il loro mandato.

In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo (RDC), South Sudan, Mali, e Repubblica Centrafricana le forze di pace si trovano a dover gestire situazioni politiche e culturali diverse che spesso non comprendono. Ci sono anche interessi acquisiti che spesso lavorano contro il mandato dell’ONU.

Ad esempio, nel 1999, quando è stata creata la Missione di stabilizzazione dell’ONU nella Repubblica Democratica del Congo (MONUSCO), il suo compito era quello di neutralizzare i gruppi armati, ridurre la minaccia posta all'autorità statale e creare uno spazio di sicurezza civile per le attività di stabilizzazione.

Ma ad oggi, le regioni del Sud e del Nord Kivu rimangono senza legge, con decine di milizie predone che continuano a uccidere, stuprare donne e ragazze, mutilare e terrorizzare civili innocenti.  "La MONUSCO impara lentamente e le Nazioni Unite hanno impiegato molto tempo per capire come mantenere la pace in Congo", ha dichiarato a Deutsche Welle (DW) Phil Clark dell'Università SOAS di Londra.

"Ha faticato a mantenere relazioni cordiali con il governo di Kinshasa e si è invece cautamente allineata con l'esercito congolese, anche quando quest'ultimo ha commesso atrocità contro i civili".

Questi rapporti tra le forze di pace ed il governo congolese hanno creato malumori tra la gente del posto che non vedono la MONUSCO come un attore neutrale in una situazione alquanto instabile.

Centinaia di giovani hanno protestato per diversi giorni nelle città di Beni e Goma, chiedendo la partenza della MONUSCO per non essere riuscita a fermare lo spargimento di sangue nella regione.

"Le missioni di pace in Africa affrontano ogni giorno nuove sfide che non avevano previsto, ad esempio l'aumento dei rischi di conflitto a causa dei cambiamenti climatici", ha dichiarato Henrik Maihack, a capo del dipartimento Africa della Friedrich Ebert Stiftung. "E a causa del loro mandato o della volontà politica dei Paesi contributori”.

Le forze di mantenimento della pace: un male necessario?

Clark, che ha condotto ricerche sulla RDC negli ultimi vent'anni, afferma che nel Congo orientale c'è la percezione generale che sia meglio avere lì la MONUSCO, anche se non ha fatto molto, per paura di ciò che potrebbe accadere nel caso se ne andasse.

"La MONUSCO può essere stata in grado di minimizzare alcune delle violenze contro i civili, ma è stata lenta a reagire quando ci sono stati massacri e attacchi a comunità particolari come i Banyamulenge [nome che descrive una comunità tutsi nella parte meridionale del Kivu]".

A questa opinione fa eco David Zounmenou, ricercatore senior presso l'Institute of Security Studies di Pretoria, in Sudafrica. "La missione dell’ONU ha il compito di collaborare con il popolo congolese e le autorità per garantire la sicurezza nel Paese", ha dichiarato alla DW. "Tuttavia, la sfida è che la maggior parte dell'élite politica della RDC è sorta dai gruppi ribelli e, in una certa misura, mantiene ancora con loro stretti rapporti per usarli come arma di pressione politica", ha aggiunto Zounmenou. Qualche élite politica congolese beneficia anche delle attività di questi gruppi armati in termini di sfruttamento delle risorse naturali per mantenere il suo status politico.

Ogni volta che c'è un conflitto in corso in Congo, la MONUSCO è sempre l'ultima a saperlo, i suoi interventi tendono a essere molto lenti e spesso relativamente inefficaci. Con un arsenale di armi moderne, la missione dell'ONU non è riuscita a contrastare il gruppo di miliziani più noto della provincia del Nord Kivu, le Forze Democratiche Alleate (ADF). I combattenti delle ADF sono solo uno dei 122 gruppi armati censiti nell'est del Paese dall'autorevole monitor Kivu Security Tracker, ma sono di gran lunga i più sanguinari. A marzo, Washington li ha inseriti nell'elenco dei gruppi terroristici.

Un capitolo oscuro, gli abusi sessuali

"Ci sono state accuse contro le forze di pace del Bangladesh e del Sudafrica nel Nord e nel Sud Kivu, che hanno destato grandi preoccupazioni tra la popolazione locale", ha detto Clark. Secondo un recente rapporto dell’ONU sulle misure speciali per la protezione dallo sfruttamento e dall'abuso sessuale, il numero totale di tali accuse a carico delle Nazioni Unite nel 2020 è stato di 387.

"Non c'è chi assuma la responsabilità", ha dichiarato Paula Donovan a DW che dirige la campagna Codice Azzurro per porre fine all'impunità per lo sfruttamento e gli abusi sessuali da parte delle forze di pace dell’ONU. "Mettiamo che gli autori di reati sessuali tra le forze di pace dell’ONU non siano né indagati né portati in giudizio. Si starebbe inviando a loro ed a tutti coloro che sono coinvolti nelle operazioni il messaggio che si tratta di reati accettabili". In realtà, l'ONU è più preoccupata della sua reputazione come forza di pace che non delle vittime, ha aggiunto.

Interessi stranieri in gioco

Diverse multinazionali minerarie in Congo vogliono che l’ONU rinnovi il mandato della MONUSCO, e ci sono segnali che così sarà. Idealmente, le basi sparse della MONUSCO hanno lo scopo di proteggere i civili, ma sono lì in parte per proteggere gli interessi stranieri. Secondo Clark, "queste missioni creano anche lucrosi affari per le truppe di Paesi come la Tanzania e il Sudafrica".

Potrebbe quindi trattarsi di un conflitto di interessi o di interessi in un conflitto?

Anche nella Repubblica Centrafricana (RCA) sono in gioco interessi stranieri. La Missione integrata multidimensionale di stabilizzazione dell’ONU (MINUSCA) è stata dispiegata per proteggere il governo della capitale Bangui dall'invasione dei ribelli. Dal 2018, la Russia ha sostenuto apertamente il governo dell'attuale presidente Faustin-Archange Touadera, che controlla solo un terzo di questo Paese impoverito e martoriato da lotte di parte e tribali. In cambio, le aziende russe hanno ottenuto l'accesso alle miniere sotto il controllo del governo.

In base a un accordo bilaterale sulla difesa, i paramilitari russi del Gruppo Wagner, un'oscura compagnia militare privata, operano nella RCA. Il loro ruolo ufficiale è quello di addestrare l'esercito del Paese. Lo scorso dicembre sono stati raggiunti da centinaia di altri paramilitari russi, insieme a truppe ruandesi, che hanno svolto un ruolo chiave nello sventare l'avanzata dei ribelli sulla capitale Bangui in vista delle elezioni presidenziali. Tuttavia, a marzo, gli esperti delle Nazioni Unite avevano lanciato l'allarme sulle accuse di "gravi violazioni dei diritti" da parte delle forze russe inviate per sostenere le assediate forze armate della RCA. Allo stesso tempo, Ange Maxime Kazagui, portavoce del governo, ha rilasciato una dichiarazione che descrive in dettaglio questi abusi. Le accuse includono esecuzioni arbitrarie ed extragiudiziali, torture, violenze sessuali, trattamenti crudeli, disumani e degradanti (e) arresti arbitrari.

"Succede che una missione di pace deve operare a fianco di truppe francesi e russe che hanno i loro interessi nella RCA", ha detto Clark.

Dove va la MINUSMA dopo l'ultimo colpo di stato in Mali?

Nonostante la presenza di truppe straniere sul terreno, la situazione politica nel nord del Mali, dove sono attivi gruppi islamisti, rimane drammatica. La Francia ha (aveva, ndr) circa 5.000 truppe dispiegate nell'arida regione africana del Sahel - Operazione Barkhane - come parte della sua forza anti-jihadista, mentre contingenti tedeschi più piccoli partecipano alla missione di mantenimento della pace MINUSMA (ONU) ed a una missione dell'UE per addestrare i soldati maliani.

Parigi è intervenuta per la prima volta in Mali nel 2013, su richiesta del governo, per contribuire a sedare la ribellione jihadista scoppiata l'anno precedente. Tuttavia, la brutale insurrezione sta ancora imperversando in questo vasto paese di 19 milioni di persone e si è estesa ai vicini Burkina Faso e Niger.

In un'intervista rilasciata al quotidiano Journal du Dimanche, il presidente Macron ha dichiarato che Parigi "non può restare al fianco di un Paese in cui non c'è più legittimità democratica o una transizione". Il leader golpista del Mali, Assimi Goita, ha dimesso a fine maggio il presidente ed il primo ministro di un regime di transizione. Macron ha anche avvertito che la Francia ritirerà le sue truppe dal Mali se il Paese dovesse scivolare verso l'islamismo radicale sotto la guida di Goita.

Choguel Maiga, un leader dell'opposizione che si candida a diventare il nuovo primo ministro, ha stretti legami con l'influente imam Mahmoud Dicko. Entrambi gli uomini e la maggior parte dell'élite politica del Mali sono favorevoli al dialogo con i jihadisti per arginare lo spargimento di sangue nel Paese, una politica a lungo osteggiata da Parigi. In definitiva, l'obiettivo di Francia, Germania e Regno Unito per dispiegare truppe nella regione del Sahel è quello di impedire agli islamisti di sconfinare in Europa.

La preoccupazione maggiore per il mantenimento della pace in Africa è che non si è visto nessun miglioramento negli ultimi 25 anni. Le missioni sembrano essere legate ad interessi economici piuttosto che alla protezione delle popolazioni locali. Finché l'intero sistema di mantenimento della pace non sarà rivisto per servire gli interessi della popolazione ed operare rigorosamente secondo i termini del mandato, le popolazioni locali nelle zone calde dell'Africa rimarranno alla mercé di gruppi di miliziani e di altre fazioni in guerra.

Vedi, Why UN missions are failing in Africa with several photos

Foto. Nonostante la presenza di un numero sufficiente di mezzi logistici sul campo, le forze di pace dell'ONU nella RDC devono ancora affrontare sfide per proteggere le comunità. © Reuters/File Photo/O. Oleksands

 

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