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Dopo Cancún, a che punto siamo con i cambiamenti climatici?

New York 05.07.2014 John Paul Pezzi

Possiamo credere nella purezza della battaglia attuale sui cambiamenti climatici? Troppi interessi sono in gioco da una parte e dall´altra.

Gli studi scientifici si contraddicono e le ultime ondate di freddo ci dicono che una vera comprensione del fenomeno va fatta su un periodo così lungo di secoli che é impossibile averne oggi tutti i dati scientifici, per la semplice ragione che nel passato non esistevano i mezzi che abbiamo oggi per studiare il fenomeno.

Non solo ma mi pare che troppa gente usa il tema dei cambiamenti climatici per buttare, sul mercato, prodotti e idee economicamente fruttiferi, condizionando una ricerca libera e indipendente, sia sulle cause sia sugli effetti: ci si limita spesso all’affermazione del “surriscaldamento del pianeta”.

La conferenza informativa che abbiamo avuto nella Sala N° 1 del North Lawn Building delle Nazioni Unite aveva per titolo: Dopo Cancún, a che punto siamo con i cambiamenti climatici? E mi ha permesso capire un paio di cose.

Di là dalle cause, i cambiamenti climatici esistono e, quel che più importa, hanno un influsso su tutte le realtà economiche e sociali del nostro sistema: sviluppo, salute, educazione, comunicazione. E´ qualcosa che già si sapeva a livello di singole e piccole realtà. In Ecuador la scuola nella costa comincia a marzo e finisce a gennaio, nella sierra –cioè nella zona montagnosa- da ottobre a luglio per la sola ragione delle... piogge. Il clima ha un influsso enorme perfino nella cultura: condiziona le attività economiche, i ritmi di vita, la mentalità. Ricordo la sorpresa di mia sorella quando mi fece visita a Esmeraldas (Ecuador) e scoprì che le finestre non avevano vetri, perché non necessari. Il clima é al centro della vita dei popoli, dunque i cambiamenti climatici lo sono pure.

Le ultime alluvioni, le tormente di neve, i disastri ecologici devono, inoltre, farci aprire gli occhi. Senza dubbio nella storia del pianeta, i ritmi naturali fra periodi freddi e periodi caldi sono sempre esistiti. E se il sole produce calore per la sua struttura interna che lo comprime, un giorno comincerà a spegnersi, anche se non si sa quando. E´comunque anche certo che il modo con cui gestiamo il nostro pianeta ci conduce al disastro e, quel che é peggiore, anche in questo campo gli uni decidono e ne approfittano, gli altri subiscono e ne pagano le conseguenze. L’esempio delle emissioni é tipico: i paesi poveri sono quelli che più soffrono per siccità e disastri ambientali, ma sono quelli che non hanno mezzi per produrre grandi emissioni.

C’é qualcosa di ancor più grave. I paesi riuniti a Cancún in Messico dal 29 Novembre al 10 dicembre 2010 per discutere il tema dei cambiamenti climatici e disegnare la nuova Cancún Adaptation Framework erano 193. Però, quanti sono gli Stati che hanno firmato l´accordo? Meno di 50. Quanti hanno dato passi per assumerne le decisioni nell´ordinamento giuridico del proprio Paese? Meno di dieci. Senza assumere le proprie responsabilità, é impossibile capire i problemi e cercarne soluzioni.

Solo per ridurre le emissioni di gas che senza dubbio sono una delle cause dell´attuale frastorno atmosferico, sono necessari cambiamenti tecnologici di 100 mila milioni di dollari annuali. E naturalmente nessuno vuole essere il primo a dare il passo. La politica si distrae fra i festini dei politici, con leggi in difesa di valori discutibili e in lotte senza dubbio valide in favore di minoranze, mentre la casa di tutti brucia e l´unica nave su cui tutti siamo imbarcati va a fondo. Il segno più chiaro é che dopo aver gridato contro il consumismo oggi la grande preoccupazione é la ripresa economica e non il cambio nel nostro sistema economico, causa ed origine di tanti mali.

Gian Paolo

New York, 28.01.2011

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