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La falsa promessa della decrescita

Ethic 27.12.2025 Manuel Alejandro Hidalgo Tradotto da: Jpic-jp.org

La decrescita, pur nascendo da legittime preoccupazioni ambientali, si rivela una proposta carica di rischi economici e sociali e di gravi minacce alla stabilità democratica, poiché istituzionalizza la scarsità e crea condizioni favorevoli al conflitto e all’autoritarismo. Esiste tuttavia un’altra alternativa molto più promettente.

La crescita economica non è un’astrazione statistica; è la leva più potente che l’umanità abbia mai conosciuto per il miglioramento concreto del benessere. Negli ultimi decenni il suo impatto è stato trasformativo: secondo i dati della Banca Mondiale, la percentuale della popolazione mondiale che viveva in condizioni di estrema povertà è crollata da oltre il 35% nel 1990 a circa l’8,5% prima della pandemia, il che significa che più di un miliardo di persone è riuscito a sottrarsi alle peggiori forme di miseria.

Questa fase di espansione ha portato con sé anche progressi straordinari in altri indicatori fondamentali: l’aspettativa di vita globale è aumentata in modo significativo, la mortalità infantile si è drasticamente ridotta e i tassi di alfabetizzazione e di accesso all’istruzione hanno raggiunto livelli senza precedenti. Ignorare questo percorso di progresso verificabile significherebbe chiudere gli occhi di fronte allo strumento più efficace che abbiamo avuto per combattere la sofferenza e ampliare le opportunità umane.

Al di là della prospettiva storica, la necessità della crescita resta un imperativo urgente, soprattutto per i Paesi in via di sviluppo. Per miliardi di persone in Asia, Africa e America Latina, la crescita economica non è un dibattito sul consumismo, ma l’unica via realistica per garantire un’alimentazione adeguata, l’accesso all’acqua potabile, un alloggio dignitoso, l’assistenza sanitaria e un’istruzione che consenta di costruire un futuro migliore.

Da questa prospettiva globale, le proposte di decrescita provenienti dalle nazioni opulente corrono il grave rischio di perpetuare le disuguaglianze esistenti, negando ai Paesi a basso reddito la possibilità di raggiungere i livelli di sviluppo di cui l’Occidente già gode. Imporre loro una “austerità ecologica” non sarebbe solo profondamente ingiusto, ma potrebbe anche essere interpretato come una nuova forma di colonialismo che ostacola il loro legittimo diritto allo sviluppo.

In sostanza, la decrescita è una corrente di pensiero che, mossa da una sincera preoccupazione per i limiti ecologici del pianeta, propone una riduzione pianificata ed equa della produzione e dei consumi nelle economie considerate ricche. I suoi sostenitori sostengono che solo riducendo la scala materiale dell’economia sia possibile mitigare crisi come il cambiamento climatico o la perdita di biodiversità. Tuttavia, al di là delle intenzioni, un’analisi rigorosa mostra che la decrescita, come strategia attiva, comporta rischi economici, sociali e pratici di enorme portata, che potrebbero rivelarsi controproducenti.

La chimera della «contrazione pianificata»

Il primo pericolo risiede nei rischi economici diretti. Una politica deliberata di contrazione economica assomiglia pericolosamente a una recessione prolungata, fenomeno storicamente associato a un grave deterioramento del benessere. La conseguenza più probabile sarebbe un forte aumento della disoccupazione, la riduzione dei redditi familiari, il calo degli investimenti delle imprese e una significativa diminuzione delle entrate fiscali, indebolendo la capacità dello Stato di finanziare i servizi pubblici essenziali. L’idea di una «distribuzione equa» della scarsità ignora le tensioni sociali e i conflitti che inevitabilmente sorgerebbero nel dividere una torta economica sempre più piccola.

L’inattuabilità di una «contrazione pianificata» nelle società democratiche rappresenta un ostacolo formidabile. Gestire in modo centralizzato la riduzione coordinata di molteplici settori economici richiederebbe un livello di intervento statale prossimo all’autoritarismo, erodendo le libertà fondamentali. In alternativa, una contrazione non pianificata scatenerebbe instabilità e il possibile collasso delle catene del valore, senza alcuna garanzia di raggiungere gli obiettivi ecologici in modo ordinato. La storia della pianificazione economica centralizzata della crescita è costellata di fallimenti; tentarla in uno scenario di contrazione deliberata è una chimera ancora più grande.

Oltre ai rischi economici, la decrescita presenta pericoli fondamentali per la coesione sociale e la stabilità democratica. La storia insegna che i periodi di contrazione economica prolungata erodono i consensi democratici e polarizzano le società. In uno scenario di decrescita deliberata, in cui le risorse diventano progressivamente più scarse, la competizione per l’accesso al lavoro, ai servizi e alle opportunità si intensificherebbe drasticamente, generando tensioni tra i diversi gruppi sociali e alimentando il risentimento reciproco.

Questa scarsità artificiale potrebbe alimentare movimenti populisti estremi che promettono soluzioni semplici a problemi complessi. L’esperienza delle crisi del XX secolo dimostra che, quando le società si trovano di fronte alla prospettiva di un impoverimento collettivo, tendono a cercare capri espiatori e leader autoritari. La decrescita, istituzionalizzando l’austerità come norma permanente, rischierebbe di creare una società in perenne stato di crisi, in cui i meccanismi democratici verrebbero costantemente messi in discussione.

Inoltre, l’«equità nella distribuzione della scarsità» è estremamente difficile da garantire senza ricorrere a meccanismi coercitivi. Chi deciderebbe cosa è «sufficiente» per ogni famiglia? I regimi di razionamento sistematico tendono a generare mercati neri, corruzione e disuguaglianze di accesso, erodendo la fiducia nelle istituzioni. La decrescita minaccerebbe di creare una società divisa tra «regolatori» e «regolati», in cui un’élite pianificatrice stabilirebbe i limiti per il resto della popolazione, generando risentimento verso le istituzioni.

Infine, la decrescita rischierebbe di minare il motore stesso delle soluzioni: l’innovazione. Il progresso tecnologico, in particolare l’innovazione verde, dipende in modo cruciale da investimenti continui in R&S (ricerca e sviluppo). Uno scenario di decrescita, caratterizzato da mercati contratti e prospettive cupe, scoraggerebbe fortemente gli investimenti in R&S necessari per accelerare la transizione ecologica. Frenando l’innovazione, la decrescita ci lascerebbe con meno strumenti per affrontare le sfide ambientali.

Il «disaccoppiamento assoluto»

Di fronte a questo scenario cupo, emerge un’alternativa molto più promettente: la ricerca di una crescita economica compatibile con la sostenibilità ambientale e capace di promuoverla attivamente. Questa visione si fonda sulla capacità umana di innovare e sulle crescenti evidenze che è possibile disaccoppiare lo sviluppo economico dall’uso delle risorse e dall’impatto ambientale.

L’obiettivo è raggiungere un «disaccoppiamento assoluto», in cui l’economia continua a crescere mentre il consumo di risorse e le emissioni inquinanti diminuiscono. Esistono già esempi incoraggianti: numerosi Paesi sviluppati sono riusciti a ridurre le proprie emissioni di CO₂ mentre le loro economie continuavano a espandersi, grazie a miglioramenti nell’efficienza energetica e alla transizione verso fonti di energia pulita.

Questo disaccoppiamento è trainato da progressi tecnologici chiave. Nel settore energetico, la rivoluzione delle energie rinnovabili è emblematica. I costi dell’energia solare ed eolica sono diminuiti di oltre l’80–90%, diventando le fonti più economiche in molte parti del mondo. Questa transizione non solo decarbonizza le nostre economie, ma genera anche nuove industrie e nuovi posti di lavoro.

Parallelamente, l’innovazione agricola offre soluzioni sostenibili: l’agricoltura di precisione, la biotecnologia e le proteine alternative hanno il potenziale di ridurre drasticamente la pressione su terra, acqua e biodiversità.

Un altro pilastro fondamentale è la transizione verso un’economia circolare. In contrasto con il modello lineare di «estrarre, produrre, usare e gettare», l’economia circolare mira a riprogettare i sistemi produttivi per eliminare i rifiuti alla fonte, mantenere prodotti e materiali in uso il più a lungo possibile e rigenerare i sistemi naturali. Ciò implica innovare nella progettazione di prodotti durevoli e riciclabili, sviluppare modelli di business basati sulla condivisione dei servizi e creare mercati efficienti per i materiali secondari.

Tuttavia, questo potenziale innovativo non si realizzerà spontaneamente alla velocità necessaria. Il ruolo di politiche pubbliche intelligenti è cruciale per accelerare questa trasformazione: strumenti come la fissazione di un prezzo al carbonio, il sostegno pubblico alla R&S nelle tecnologie verdi, l’eliminazione dei sussidi alle attività inquinanti e quadri normativi stabili che favoriscano gli investimenti privati in soluzioni sostenibili. Questa sinergia tra innovazione tecnologica e politiche lungimiranti è fondamentale per un futuro in cui prosperità economica e salute del pianeta avanzino insieme.

Come sostenuto, il percorso verso un futuro che coniughi prosperità umana e salute del pianeta non passa attraverso la rinuncia alla crescita, ma attraverso la sua profonda trasformazione. La decrescita, pur motivata da legittime preoccupazioni ambientali, si rivela una proposta carica di rischi economici e sociali e di gravi minacce alla stabilità democratica, poiché istituzionalizza la scarsità e crea le condizioni per il conflitto e l’autoritarismo. Al contrario, le evidenze e il potenziale dei progressi attuali ci offrono una strada ricca di speranza: una crescita intelligente, inclusiva e autenticamente sostenibile.

Gli strumenti per disaccoppiare il benessere dall’impatto ambientale sono a nostra disposizione. La chiave risiede nel coltivare un ottimismo pragmatico e nell’attuare con urgenza le politiche che accelerino questa transizione. La sfida è complessa, ma l’ingegno umano, guidato da un impegno globale per una crescita davvero verde ed equa, ci permetterà di costruire un futuro in cui sia l’umanità sia la natura possano prosperare.

Vedi, La falsa promesa del decrecimiento

Illustrazione: Óscar Gutiérrez

 

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